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sabato 28 settembre 2013

Lo Sapevate Che: L'Antitaliano...


Strage di Bambini nella Terra dei fuochi

Da un lato le tante vittime di tumore.
Dall’altro le tante inchieste sullo smaltimento di rifiuti tossici. Due elenchi terribili dietro i quali c’è  una tragedia che pare riguardare solo il Sud. Ma in realtà riguarda tutto il Paese.

A volte basta raccogliere poche informazioni, basta mettere insieme poche parole. A volte basta un semplice elenco per capire che si è raggiunto un punto di non ritorno.
Riccardo morto di tumore a 22 mesi. Alessia morta a 9 anni. Francesco a 14 anni. Mesia a 3 anni. Antonio a 9 anni. E’ la strage della “ Terra dei fuochi”. Tutti bambini di Giugliano, Afragola, Succivo, Caivano, Marcianise, divorati dal cancro, in una terra avvelenata. Una terra che non fa sconti nemmeno a chi non ha avuto il tempo di macchiarsi di alcuna colpa. Una terra che ancora ama descriversi come amichevole e solare, ma che invece è dura e inclemente.
E poi Adelphi (1993), Econox (2002), Murgia Violata (2002), Greenland (2002), Re Mida (2003), Cassiopea (2003), Eldorado (2003), Mosca (2004), Terra Madre (3006), Dirty Pack (2007). E’ l’elenco delle inchieste che riguardano lo smaltimento di rifiuti tossici in Italia, reati commessi per la parte maggiore in Campania.
Tra Questi due terribili elenchi c’è più o meno quanto segue: persone da sensibilizzare a una tragedia che pare riguardare solo una parte del Paese, il Sud, ma che in realtà lo riguarda tutto. Persone che lavorano per sensibilizzarne altre. Persone che lavorano ogni giorno per risolvere un problema che ha creato danni irreversibili. Persone che irresponsabilmente se ne disinteressano. Organizzazioni criminali che non hanno scrupoli e che, come raccontano i collaboratori di giustizia, hanno posizioni simili a questa: “ Che ce ne fraga se si inquina la falda acquifera, noi beviamo acqua minerale”. Organizzazioni criminali che hanno costruito fortune sullo smaltimento illecito di rifiuti e che si stanno riciclando nel settore delle bonifiche. Politici conniventi. Politici che non comprendono, che ignorano, che minimizzano, che offendono. Come dimenticare l’infelice dichiarazione di Beatrice Lorenzio, ministro della Salute, secondo cui la percentuale di tumori, più alta in Campania rispetto al resto d’Italia, sarebbe dovuta a stili di vita scorretti. Istituzioni talvolta prepotenti, irrispettose e prevaricatrici. Come dimenticare l’aggressione verbale che don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano in prima linea nella lotta ai reati ambientali, subì dall’ex prefetto di Napoli Andrea De Martino un anno fa. Persone che denunciano, persone che querelano chi denuncia. Persone che sono infastidite quando altri denunciano. Gruppi che ritengono che questa battaglia debba restare prerogativa di alcune e selezionate persone, che debba essere combattuta solo a livello locale, e che parlarne sui media nazionali possa – non è ben chiaro in che modo e per quale motivo – creare danno.
Dietro questi due elenchi ci sono tutte le contraddizioni di un Paese che è sempre sull’orlo di una crisi di governo. Un Paese in cui i politici non abbracciano più le cause giuste nemmeno per opportunismo elettorale. Dietro questi due elenchi c’è un Paese che mente. Che mente su tutto. Sul benessere dei propri cittadini. Sullo stato della crisi. Dietro questi due elenchi ci sono i sacrifici e il sangue di persone che non hanno scelta. Dietro questi due elenchi c’è opportunismo, il cinismo e l’incapacità di gestione di altre persone.
Sono Anni che a denti stretti e con tanta rabbia in corpo parliamo della “Terra dei fuochi”. Ora sono in tanti a sapere e a raccontare, ma non basta. Non basta perché si cono zone dove vivere è impossibile. Impossibile per il tanfo che si sente nell’aria, tanfo di rifiuti incendiati, tanfo di morte. Dietro questi due elenchi c’è chi ogni giorno si sveglia, vive, ama e muore in quella terra avvelenata che dobbiamo smettere di chiamare maledetta. E per farlo non basta che della “Terra dei Fuochi” ne parlino i giornali locali, i comitati di quartiere, gli attivisti che da anni urlano inascoltati. Per spegnere il fuoco c’è bisogno dell’empatia di tutto il Paese, di un Paese che in queste battaglie può dimostrare di non essere morto.
Roberto Saviano – L’Espresso – 3 Ottobre 2013


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