A Silvio Piace Il
Codice Avatar
Per evitare che la
legge faccia il suo corso, il Pdl e i suoi organi di informazione ne inventano
di tutti i colori. Ma il bello è che anche alcuni alleati del Pd offrono il
loro contributo. A cominciare da Luciano Violante
Nella realtà parallela plasmata dai media berlusconiani dopo
la condanna del padrone a 4 anni per frode fiscale, prendono forma e vita
parole, istituti e argomenti totalmente estranei ai fatti, alla logica, alle
leggi e alla Costituzione. Un Codice Avatar che, applicato a un qualunque
cittadino, farebbe scompisciare anche quanti lo sostengono per il Cavaliere.
1) “ La condanna è ingiusta perché il
presidente Antonio Esposito ne ha anticipato le motivazioni in un’intervista al
Mattino”. Falso. Esposito ha semplicemente spiegato che non si può condannare
nessuno perché “ non poteva non sapere”: bisogna sempre dimostrare che sapeva.
E ha fatto un esempio di scuola: quando il capo viene informato di un certo
reato dai sottoposti e, pur potendo, non li dissuade. Ma non è il caso di
Berlusconi. Infatti la sentenza firmata da tutti e cinque i giudici del
collegio, afferma che il Cavaliere non solo sapeva, ma faceva in quanto
“ideatore, organizzatore e beneficiario” del sistema criminale per gonfiare i costi
dei film acquistati negli Usa e ricavarne plusvalenze in nero su conti esteri a
lui stesso riferibili.
2) “La sentenza non è definitiva: Berlusconi l’ha
impugnata alla Corte europea e ha annunciato un’istanza di revisione a Brescia
e un ricorso straordinario in Cassazione”. Falso: la sentenza può essere
ribaltata solo da un processo di revisione, possibile solo se emergessero prove
nuove dopo il verdetto di Cassazione (cioè dal 1° agosto): e non se ne vede
l’ombra. Quanto al ricorso in Europa, non è un quarto grado di giudizio, ma
solo una valutazione di eventuali danni subiti dai diritti umani di Berlusconi
: Strasburgo non è la piscina miracolosa di Lourdes, dove il condannato
s’immerge ed esce assolto. E il ricorso in Cassazione sarebbe accoglibile solo
se questa avesse commesso decisivi errori materiali o trascurato qualche motivo
d’appello; ma basta leggere le motivazioni per trovarvi la demolizione di tutti
i punti contestati degli avvocati di Berlusconi e degli altri tre imputati.
3) “La Severino non si applica
retroattivamente a Berlusconi perché il reato fu commesso prima della sua
entrata in vigore”. Ma la legge fu approvata in tutta fretta il 31 dicembre
2012 proprio per fare in tempo a escludere i condannati dalle liste per le
elezioni del 2013. Se il Parlamento avesse voluto limitarla ai reati futuri, se
la sarebbe presa comoda. O voleva escludere dalle liste solo chi delinquesse e
venisse beccato, processato e condannato nei tre gradi di giudizio nelle cinque
settimane comprese fra il 31 dicembre 2012 e il 24 febbraio 2013.
4) “La Severino, se si applica ai
condannati per reati commessi prima, è incostituzionale”. Ma il Parlamento,
come per ogni norma prima del voto in aula, ha già stabilito la legittimità
della Severino respingendo le pregiudiziali di incostituzionalità in
commissione Affari costituzionali: un plebiscito Pd-Pdl-Udc-Fli. Come potrebbe
l’attuale maggioranza, identica alla precedente, sostenere alla Consulta di
aver votato una legge incostituzionale?
5) “Berlusconi, alla giunta per le elezioni,
deve avere il tempo di esercitare il suo diritto alla difesa”. La tesi
Violante, subito copiata dai giureconsulti arcoriani, finge di ignorare che il
diritto di difesa vale durante il processo, non dopo la condanna definitiva.
Che va solo eseguita, con tutte le conseguenze.
6) “Il Pd non deve eliminare
l’avversario per via giudiziaria”. A parte che da novembre 2011 Berlusconi non
è più avversario, ma alleato del Pd, di che “via giudiziaria” si va cianciando?
Se decàde da senatore in base a una legge, fra l’altro votata anche dal Pdl, è
per via politica, non giudiziaria.
7) “Berlusconi ha diritto all’agibilità
politica”. L’agibilità politica non dipende dalla presenza o meno del politico
in Parlamento, come insegna Grillo. E poi Berlusconi (che in Parlamento non avrebbe
mai dovuto entrare in base alla legge 361/1957), vanta in Senato un tasso di
assenteismo del 99,4 per cento. Possibile che gli sia venuta la fregola di
andarci proprio quando non può più?
Marco Travaglio – L’Espresso –
19-9-2013
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