Troppo Tolleranti Con
Il Berlusconismo
Le élite dei
modernizzatori non hanno saputo contrastare l’ex cavaliere. E gli intellettuali
non sono riusciti a fare di meglio. Non è certo una novità: basti pensare a
Longanesi o a Prezzolini. Era un secolo fa
Di solito non leggo i libri che hanno come oggetto il
personaggio di Silvio Berlusconi e il berlusconismo. Non li leggo per un
peccato di superbia del quale sono consapevole: presumo cioè di sapere già
abbastanza sul tema in questione, ho conosciuto il personaggio e l’ho
frequentato quando eravamo concorrenti e poi durante la lunga lite della
Mondadori. Da quando nel ’94 entrò in politica i nostri rapporti personali sono
cessati, ma ne sapevo già molto e quel che è accaduto nei successivi vent’anni
me l’ha confermato. Il libro da poco uscito di Giovanni Orsina, dal titolo “Il
berlusconismo nella storia d’Italia” l’ho invece letto. L’autore è ancora
giovane, insegna alla Luiss, scrive sul “Foglio” e qualche suo articolo mi ha
incuriosito.
La tesi di Orsina prende le mosse da due citazioni
molto ben scelte: una di Vincenzo Cuoco tratta dalla sua classica opera sulla
rivoluzione giacobina della Napoli del 1799 e l’altra di Carlo Levi tratta dal
suo libro “Cristo si è fermato ad Eboli”. Cuomo sosteneva che “la smania di
voler tutto riformare porta seco la controrivoluzione” e che il popolo (in
tutto il mondo) segue gli usurpatori perché essi si impadroniscono della
“volontà generale” ma lasciano agli individui ampia libertà di risolvere a loro
modo i loro interessi particolari. Levi partiva invece da un altro punto di
vista che non si oppone alla tesi di Cuomo ma la completa aggiungendovi
l’elemento della disuguaglianza che divide profondamente i ceti sociali tra
ricchi e poveri, colti e analfabeti, inclusi ed esclusi dal progresso sociale e
dai suoi benefici: “Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come
tremila anni prima di Cristo; nessun messaggio umano o divino si è mai rivolto
a questa povertà refrattaria”.
Orsina parte da queste due visioni di Cuomo e di Levi, risale
(nientemeno) alla “Repubblica” di Platone guidata dai filosofi e definisce il
berlusconismo come l’esito sociale e politico di questi fattori combinati
insieme. Esiste una terapia per curare un male così esteso e così ricorrente?
Secondo Orsina in teoria esiste ma in pratica non ha funzionato. Lui la chiama
terapia ortopedica che, attraverso opportune protesi sociali dovrebbe
combattere le disuguaglianze segnalate da Levi e modernizzare le società arretrate
instaurando finalmente una piena democrazia di eguaglianza e libertà. Il
compito non può essere affidato a una “élite” di modernizzatori, ma ci vuole
tempo per ottenere qualche risultato, sicché l’élite finisce per trasformarsi
in una vera e propria “casta” che penserà solo a mantenere il suo potere
anziché proseguire nei suoi sforzi di modernizzazione. La democrazia ci sarà,
ma solo per l’élite; tutti gli altri ne sono fuori e quindi contro.
La tesi non scopre nulla che non sia già stato detto o
scritto, salvo una visione giustificare il berlusconismo e di mettere sul suo
stesso livello l’élite modernizzatrice trasformatasi in casta. La conseguenza è
che il cosiddetto populismo risulta essere il prodotto inevitabile di una
situazione immobile e di una storia sostanzialmente ripetitiva. E’ così?
In Parte E’ Così, in parte no. Anzitutto perché
spesso i ceti esclusi, deboli, poveri, incolti, prendono coscienza delle cause
della loro condizione e generano degli anticorpi che rendono possibile
un’evoluzione positiva; in parte perché non sempre le élite modernizzatrici si
trasformano in altrettante caste. La democrazia funziona nell’ambito delle
élite, il contrasto tra le diverse concezioni del bene comune evita talvolta la
formazione di caste, con i benefici che ciò comporta. Ovviamente sono processi
lunghi che dipendono dalle sorprese che la storia ci riserva. Pendono dalla
differenza tra il senso comune e il buonsenso, dalla collocazione
internazionale del paese di cui si discute, dalla geopolitica che determina i
punti di partenza. Il berlusconismo è stato un elemento negativo che ha trovato
élite modernizzatrici assai deboli che non hanno saputo contrastarlo con
efficacia e gruppi intellettuali che non sono riusciti né a tonificare le élite
né a evitare una sorta di favoreggiamento del senso comune contro il buonsenso.
Questo favoreggiamento viene da molto lontano ma nella fase a noi più prossima
ha come precursori Longanesi, Prezzolini e i loro numerosi successori.
Eugenio Scalfari – L’Espresso – 19-9-13
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