Alimenta la resistenza
ai farmaci e l’obiettivo dell’Onu di vedere dimezzati i casi entro il 2015 è lontano (ma Non Per
L’Italia)
Uno degli Obiettivi del Millennio che si era data nel 2000
per il 2015 era il dimezzamento nel numero di casi di tubercolosi, una delle
malattie più micidiali e antiche. La Tbc, come ha rivelato una recente analisi
del Dna di 259 ceppi del Mycobacterium
tuberculosis condotta da ricercatori
svizzeri, ci perseguita addirittura da 70 mila anni, ben prima che gli esseri
umani cominciassero ad allevare bovini, gli animali da cui, finora, si pensava
arrivasse il batterio. E, purtroppo, questa malattia, che colpisce nel mondo
ogni anno quasi nove milioni di persone, provocando 1,4 milioni di morti, si
sta rivelando un osso tanto duro che neanche la ricca Europa riuscirà a
dimezzarne la presenza. Lo conferma il rapporto 2013 dell’Oms sulla Tbc nel
nostro continente.
Nel 2000, in Europa, si contavano circa 400 mila casi di Tbs,
nel 2011 sono scesi a 380 mila (72.334 nella Ue, 19 mila casi dei quali in
Romania), con ancora 44 mila morti l’anno: quasi impossibile arrivare ai 200
mila dell’Obiettivo entro il 2015. Tanto più che alcuni dati fanno temere
all’Oms che la tendenza al ribasso in Europa stia rallentando, se non
invertendosi. La curva di discesa, probabilmente per via degli immigrati che,
vivendo spesso in condizioni disagiate, sono più soggetti ad ammalarsi, si è
arrestata in Norvegia, Danimarca, Svezia, Polonia, Gran Bretagna, mentre in
Belgio si è addirittura deciso di riaprire un sanatorio, a dieci anni dalla
chiusura dell’ultimo, da dedicare ai casi di Tbc resistente ai farmaci.
L’arrivo di queste forme resistenti (quasi seimila casi in
Europa nel 2011), oltre a destare preoccupazione, fa crescere il costo
economico della malattia, che tocca i sei miliardi nella Ue: un ciclo di cure
contro un ceppo di Tbc normale costa 7900 euro, per una multiresistente si
arriva fino a 170 mila euro. L’Italia, per una volta, è però fra i primi della
classe. Da noi la Tbc è ancora in regressione: 8,4 casi ogni 100 mila abitanti
nel 2000, 7,7 nel 2006, 5,8 nel 2011. Siamo fra i pochi con qualche chance di
dimezzare i casi entro il 2015.
Alex Saragosa – Venerdì di Repubblica – 20 – Settembre 2013
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