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domenica 10 giugno 2012

Lo Sapevate Che: Voglio Farti Un Regalo


Quando nasce un bambino, ogni coppia si chiede qual è il regalo più bello che potrà offrirgli, perché la sua esistenza si svolga felicemente. E per tutti gli anni in cui quel frugoletto crescerà e lotterà per diventare uomo o donna, i suoi genitori continueranno a interrogarsi sulla consistenza del patrimonio ideale che gli consegneranno come eredità durevole e resistente ad ogni tentativo di sottrazione o dissipazione.

Lo scorrere del tempo, sicuramente rivelerà a quel padre e a quella madre che il regalo più grande che essi possono giorno per giorno mettere a disposizione dei propri figli è la vita stessa e il suo in commisurabile valore, che resiste all’usura dell’impazienza e della delusione, al dolore della malattia e degli amori traditi.
Si tratta di confermare un modo di essere, di pensare e di fare che oggi sta sfuggendo di mano alla cultura sociale e che, spesso, disorienta soprattutto i più giovani: non è più scontato accettare e condividere l’idea che la vita è un bene prezioso, che non può essere ridotto alla dimensione dell’individualità e del privato, trascurato o addirittura rifiutato a partire da una malintesa fame di felicità.
Peraltro anche molti adulti fanno fatica ad assumere fino in fondo la responsabilità di custodire, promuovere e amare la vita, senza se e senza ma. E così talvolta risulta molto carente la testimonianza della famiglia nell’accogliere una vita nascente non programmata (è ancora così difficile misurarsi con l’esperienza di ragazza-madre della propria figlia!); nel portare avanti con senso di solidarietà parentale una gravidanza che rischia di far nascere un disabile grave; nell’affrontare il declino doloroso degli anziani del proprio
nucleo domestico.
Sono proprio queste, invece, le occasioni più importanti in cui il valore della vita può essere, attraverso le storie familiari, proposto, riconosciuto e valorizzato dall’intera comunità sociale e trasmesso responsabilmente di generazione in generazione.
E si dimentica anche che, senza questa consapevolezza, tutto diventa più complicato nella relazione educativa che lega genitori e figli: la partecipazione degli adulti alla costruzione dell’identità giovanile rischia di dimostrarsi inefficace ; ogni esperienza diventa effimera e finalizzata alla mera affermazione dell’individuo; la quotidianità si fa povera di senso e viene inquinata dalla smania del successo, il futuro viene condizionato da paure e pretese che non aiutano ad affrontare con gioia, coraggio e amore la fatica di vivere.
L’accoglienza della vita, in tutte le sue manifestazioni, ha bisogno di uomini  e donne disponibili a mettersi in gioco nello sperimentarsi sul crinale della gratuità e della generosità e pronte a rifiutare l’indifferenza. L’amore per la vita è il raggio di sole posto al confine fra la fine dell’inverno e i primi germogli della primavera; l’impronta di Dio nel tempo umano; il gusto dell’eternità nella trama impalpabile che tiene insieme persone che si sforzano giorno per giorno di diventare famiglia.
Marianna Pacucci – Bollettino Salesiano – giugno 2012



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