Secondo Nomisma 2,7 milioni di italiani coltivano un orto sul balcone: una buona pratica. Ma l’inquinamento da polveri sottili è davvero preferibile ai pesticidi?
Sì
Gianluca Brivio Sforza, presidente Orticola Lombardia, promotore di Orticoltura urbana e MiColtivo.
“I risvolti positivi dell’orticultura nelle città sono numerosi: dare vita a polmoni verdi in metropoli industrializzate, recuperare aree degradate, abbandonate e inutilizzate, educare i cittadini alla coltivazione e alla corretta alimentazione. Inoltre, l’orto cittadino incrementa le occasioni di incontro tra le persone e garantisce piccole autosufficienze produttive. E’ possibile recuperare piante tradizionalmente prodotte sul nostro territorio e incentivare la vita all’aria aperta”. Ma coltivare verdure in città non comporta rischi per la salute?
“Le preoccupazioni si avvertono in merito alla ricaduta degli agenti inquinanti dovuti al traffico, ma hanno senso solo se l’orto è posizionato a pochi metri da una strada trafficata. Se si trova invece in aree sopraelevate, interne, o in zone distanti da intenso traffico, si può stare tranquilli. Dalle analisi svolte su orti situati in zone non a rischio è emerso che gli agenti inquinanti sono ben al di sotto dei parametri legali. Certo, bisogna sempre lavare accuratamente i nostri ortaggi per togliere le polveri sottili. Visti gli indubbi aspetti positivi dell’orto in città, Orticola di Lombardia ha promosso Orticola Urbana, movimento per sensibilizzare l’opinione pubblica alla cultura dell’orto che prevede la realizzazione di progetti che coinvolgono cittadini e scuole da qui al 2015, col sostegno di partner interessati al tema dell’Expo: Feeding the planet, Energy for life”. A livello nazionale, l’Italia Nostra (associazione salvaguardia e conservazione ambiente e territorio), con l’Associazione dei comuni di Italia, sostiene la creazioni di orti urbani privati, scolastici, per anziani e in case circondariali, oltre a programmi di ortoterapia per diversamente abili.
No
Corrado Giannone, tecnologo alimentare, direttore Conal – Società di analisi e progettazione alimentare, agricolo e ambientale, lavora (anche) per Legambiente.
“Bisogna prima di tutto distinguere tra orti in piena terra, cioè quelli sui campi cittadini, spesso assegnati agli anziani, e coltivazioni su terrazzi e balconi. Nel primo caso bisogna conoscere la provenienza dell’acqua usata per annaffiare: se proveniente da rete fognaria va evitata perché ricca di batteri patogeni molto dannosi per la salute. Poi, verificare che nella zona prescelta non ci siano aziende chimiche che producono sostanze inquinanti, né discariche. Per chi coltiva verdure in vaso sul balcone o in terrazzo il rischio di inquinamento si riduce perché il terreno è più controllato e l’acqua di irrigazione proviene in genere dall’acquedotto, ma resta il problema dello smog e delle polveri sottili. Un altro pericolo è il fai-da-te nell’utilizzo di sostanze chimiche di cui non si conoscono effetti precisi o dosaggi: letame e terriccio sono meglio dei pesticidi che vengono inevitabilmente assorbiti da frutta e ortaggi”. Tesi rafforzata da Chiara Gallo Stampino, nutrizionista all’Istituto Clinico S:Ambrogio di Milano: “Non improvvisandovi agronomi usando concimi chimici e diserbanti. E per difendervi dalle polveri sottili lavate gli ortaggi con molta acqua (un volume 4 volte superiore a quello dei cibi da lavare) e bicarbonato, prestate attenzione alle verdure a foglia larga come spinaci e rucola, e sbucciate sempre la frutta (come anche i prodotti acquistati al supermercato, ndr). Per ovviare al problema delle piogge acide, che possono determinare un’alta concentrazione di nitrati, si può usare una serra. I cibi dell’orto sul balcone possono essere ottimi e salutari, ma senza le dovute attenzioni un rischio per la salute c’è”.
Paola Scaccabarozzi – Venerdì di Repubblica 9-6-12
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