L’andamento dell’umore potrebbe essere
legato alla stagione in cui siamo nati: è il curioso risultato di uno studio
americano condotto sui topi che potrebbe spiegare perché alcune persone si
deprimono con la bella stagione.
Estate, sole, giornate più
lunghe, vacanze... Dovrebbe essere fantastico! Eppure per molti la bella
stagione è sinonimo di umore nero, scarsa voglia di fare, debolezza fisica e
psichica. Si chiama SAD, seasonal
affective disorder: ed è una forma stagionale di disturbo
dell'umore che colpisce per lo più in inverno ma che non scompare durante i
mesi più caldi.
SE IL BEL TEMPO FA MALE. I sintomi della SAD estiva
sono spesso complementari a quelli della versione invernale: mentre nel periodo
freddo si tende a dormire molto, ci si sente pigri e si tende a ingrassare, nei
mesi caldi si dimagrisce, si mangia meno, si dorme poco. E vedere che tutti gli
altri si divertono e pensano alle vacanze non aiuta.
Che cosa scateni la SAD nella
bella stagione rimane un mistero: secondo alcuni ricercatori potrebbe essere
l’eccessiva esposizione al sole e al caldo, secondo altri sarebbe una
conseguenza indiretta delle allergie stagionali o della diversa lunghezza, rispetto
all’inverno, dei cicli giorno-notte. Della SAD estiva si sa dunque ancora poco
e la scienza sembra avere le armi spuntate: non esistono infatti terapie
consolidate, come l’esposizione alla luce, comunemente utilizzata per trattare
la variante invernale.
DI CHE STAGIONE SEI? Ma che cosa provoca la
SAD? Secondo gli studi più recenti potrebbe esserci una correlazione tra la
stagione in cui si è nati e i livelli di serotonina - il neurotrasmettitore
responsabile dell’umore – nel cervello.
I ricercatori della Vanderbilt
University (Tennessee) hanno condotto dei test su varie generazioni di topi
allevati in laboratorio secondo cicli di luce-buio differenti, per simulare le
stagioni. I topi cresciuti durante “l’estate” artificiale, che cioè avevano
avuto una maggior esposizione alla luce subito dopo la nascita, avevano livelli
di serotonina più alti rispetto a quelli degli esemplari cresciuti in
“inverno”.
SI SALVI CHI PUÒ. Questa differenza si è
manifestata in modo evidente anche nel comportamento degli animali. I
ricercatori li hanno sottoposti a una prova di nuoto forzato, li hanno cioè
messi in una vasca di acqua e hanno misurato per quanto tempo i topi nuotavano
per raggiungere il bordo e salvarsi prima di abbandonarsi a un galleggiamento
passivo, anticamera dell’annegamento.
Sebbene i topi sappiano nuotare
senza alcun problema, gli individui invernali hanno si sono lasciati andare
senza ulteriori sforzi molto prima rispetto a quelli estivi. E l’atteggiamento
attivo o depresso si è conservato nei topi anche con il passare del tempo.
PIÙ ESTIVI, PIÙ SANI. Prima di poter affermare che la stagione di
nascita incide in maniera significativa sul comportamento umano serviranno
ulteriori studi, ma qualche evidenza di tipo statistico c’è già. Oltre allo
studio sulla correlazione tra patologie e mese di nascita su 1,7 milioni di
persone, citato più sopra, sempre dalla Columbia University è arrivato -
all’inizio di giugno - uno studio su 1688 pazienti trattati per diversi
problemi dal Presbyterian Hospital di New York tra il 1985 e il 2013: molti
casi di disordine affettivo stagionale sono stati diagnosticati in soggetti
nati nei mesi invernali.
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