che per secoli è stata tristemente nota come “Torre della Fame”.
allevate durante il periodo di muta del piumaggio)
La presenza e la tragica fine del prigioniero
tramutarono il nome dell’edificio in Torre della Fame: il conte e i suoi eredi
vi morirono di inedia, condannati senza cibo né acqua. E qui si intreccia la
realtà con la leggenda (o forse no?): si narra che morti di fame i figli e i
nipoti, il conte Ugolino si cibò delle loro carni. Anche l’interpretazione che
in molti dettero ai versi danteschi sembrava indicare per questo epilogo,
tuttavia non vi sono prove certe. Fatto sta che aggiungere del macabro ad una
storia già truce è una specialità del passaparola popolare, e da allora e sino
ai giorni nostri questa vicenda ha fortemente impressionato l’immaginario
collettivo. Diversi artisti, illustratori, scultori (Rodin, Carpeaux, Doré) ritrassero il Conte
Ugolino e i suoi sventurati eredi, oppure il suo dantesco epilogo: quando Dante
lo incontra nell’Inferno, egli è condannato a stare immerso in acque gelate a
mordere.
Tenacemente il cranio del suo nemico arcivescovo.
Tenacemente il cranio del suo nemico arcivescovo.
Una tragedia storica che si intreccia con la fantasia del grande poeta, arricchendosi di narrazione popolare fino ai giorni nostri. Oggi la Torre del Conte Ugolino è inglobata dal Palazzo dell’Orologio, edificio del 1357 rinnovato nel 1600 secondo un progetto del grande architetto Giorgio Vasari. La facciata affrescata, il grande arco, le figure allegoriche che lo adornano rendono il palazzo un’ interessantissima testimonianza della storia pisana. Oggi proprietà della Normale di Pisa, che qui ha collocato la biblioteca, la torre è visitabile e ospita pregevoli edizioni di illustrazioni ed antiche edizioni della Divina Commedia ed altre opere letterarie dedicate alla leggenda del conte.
Nessun commento:
Posta un commento