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lunedì 8 luglio 2019

Lo Sapevate Che: Cultura: I senso del meraviglioso in un mucchio d'ossa...



Non solo del maiale non si butta via niente: ci si regola allo stesso modo con i dinosauri. Facciamo qualsiasi cosa con loro. Sarà per via delle dimensioni, per cui sono in grado di stivare ogni bendidio nelle loro viscere: il terrore, lo stupore, la seduzione, la fantasia, finanche la malinconia. C’è quanto basta per nutrire bene (in certe stagioni rimpinzare) il nostro immaginario e non passa giorno senza che se ne avvisti uno, ritrovandone lo scheletro in qualche ex foresta d’altri tempi, o tutto intero in carne e ossa (si fa per dire) in un videogame. Poco importa: i dinosauri giocano sporco, perché lo fanno su due tavoli in contemporanea, marcandoci stretti in quella vasta area che parte dalla paleontologia e finisce nella fictionpura.
Addirittura giocano a nascondino, essendosi evoluti sotto le insospettabili (ai più) spoglie degli uccelli, lasciando credere alla maggior parte delle persone di essersi estinti del tutto.
Quando però proviamo noi a stringerli d’assedio per osservarli e interpretarli, ci sfuggono sistematicamente. Nel suo brillante Dinomania, di recente pubblicato in 
Italia da Odoya, Boria Sax ammette la scacco matto:
“Nessuna definizione di «dinosauro» sarà
 mai soddisfacente per ogni contesto, ma dobbiamo considerare modi di comprenderli non solo in termini biologici ma anche ecologici, della tradizione e della nostra immaginazione collettiva”.
In altre parole, ai dinosauri non si addice la sola paleontologia, ma finanche il marketing: il vasto repertorio posto a presidio del nostro immaginario parla chiaro e investe ogni fascia d’età, al punto che potremmo definire i dinosauri una manifestazione della sindrome di Peter Pan di proporzioni gigantesche.
Il monumentale e spettacolare Zigong Dinosaur Museum (Cina).
Sax prova a fare il punto su questa in/sana passione dovuta a un singolarissimo concorso di cause e che colpisce gli umani in tenera età. Impossibile tenere il conto della letteratura in materia dedicata ai più piccoli, che vanta innumerevoli varianti di prodotti in genere concepiti per introdurre i piccoli della razza umana alle meraviglie di questi cari estinti. Cifre alla mano Sax afferma che “oltre il 90 percento dei libri scritti su di essi è destinato a loro”.
Un 
mucchio selvaggio che include anche paccottiglia d’ogni sorta. Ai dinosauri ci lega una sorta di cordone ombelicale, iper ancestrale, che non si recide mai, permanendo vitale in età adulta, come provano le più disparate merci culturali novecentesche, toccando il suo zenit con Jurassic Park, ormai assurta a rango di saga e che il nuovo millennio ha ereditato. Rispuntano in casa, come nello spot Vodafone Giga Network 5G, tuttora in circolazione, nella app di Apple Monster Park – Dino World, sconfinano nel porno, come mostrano i romanzi del sotto genere dinosaur erotica e l’elenco potrebbe continuare. Addirittura la musica in tempi recenti è stata nuovamente rapita e sedotta dai grandi signori del Giurassico e in generale dai viaggi nel tempo nelle ere più lontane.


Non molto distante (si fa per dire, ma qui usiamo misure da giganti) da quella miniera di dinosauriantichissimi, costituita dal Parco provinciale Ischigualasto, nella zona nordorientale della provincia argentina di San Juan, il collettivo cileno Nonlocal Research capitanato da Nicolas Carcavilla ha immaginato suoni e voci di animali di ere lontane nel disco Hydrorion Renmants, a iniziare dal rettile marino del titolo, l’idrorione, appartenente ai plesiosauri e vissuto all’incirca 185 milioni di anni fa (Giurassico inferiore). Nuovamente, perché già ai tempi del progressive rock apparve uno strano essere, imparentato ai dinosauri né più e né meno di Godzilla: Tarkus, di cui Emerson, Lake Palmer narrarono le gesta su un lato dell’album a lui intestato.
Al tempo stesso “in qualche angolo del 
mondo, dai deserti dell’Argentina alle gelide terre desolate dell’Alaska, ogni settimana si scopre in media una nuova specie di dinosauro” (cfr. Brusatte, 2018), ovvero una a settimana. Spuntano dappertutto, lo si è detto, non allentando la morsa, mantenendo inalterata la loro capacità di sedurre.
Nella sua ricognizione, sempre in bilico senza perdere l’equilibrio, tra la 
storia del ritorno tra noi dei dinosauri, informazione scientifica e le narrazioni che si sono succedute, dal mito e la fiaba alla science fiction, Sax azzarda qualche risposta valida alle domande poste nel sottotitolo del libro: Perché amiamo, temiamo e siamo incantati dai dinosauri. Compito periglioso e la quest è destinata anche in questo caso a essere parzialmente frustrata, come già negli studi che lo hanno preceduto. Il motivo probabilmente è da ricercarsi nell’origine stessa dei dinosauri, ovvero nel loro essere un’invenzione umana sin dai tempi più remoti (degli umani).
A Sax non sfugge la vera natura degli 
ex dominatori del pianeta:
“I dinosauri ci ispirano a immaginare nuovi mondi e a esplorare nuove possibilità […] sono una parte essenziale del modo in cui costruiamo la nostra identità come esseri umani. Fra tutti gli animali prodotti dall’evoluzione, essi sono i soli che forse forniscono il parallelo più vicino alla razza umana. Potremmo perfino dire che «l’umanità è un dinosauro», con tutte le paure, le doti e le ambiguità che questo comporta […] Senza di essi potremmo non essere completamente umani, ma senza di noi loro sarebbero ancora dinosauri?”.
Il volume ripercorre agilmente la storia del nostro rapporto con i Grandi Antichi, per dirla abusivamente con Howard P. Lovecraft, da quando si chiamavano draghi a Occidente come in Oriente, fino al loro ingresso nel novero delle scoperte scientifiche a partire dalla fine del XVIII secolo, passando per il primo battesimo ufficiale, la denominazione di Megalosaurus, data da William Buckland nel 1824 a un predatore imparentato con il Tyrannosaurus Rex e al suo primo rivale, come apparve nelle raffigurazioni dell’epoca: l’Iguanodon, il gigantesco erbivoro così denominato da Gideon Mantell due anni dopo.


Un feroce carnivoro e un formidabile, nonché enorme erbivoro: così presero forma i dinosauri all’inizio del XIX secolo, tra trasfigurazioni romantiche e ritrovamenti con tanto di guerra delle ossa. Proverbiale fu quella che vide sfidarsi senza esclusione di colpi Othniel Charles Marsh ed Edward Drinker Cope, una singolar tenzone diventata materia per il racconto The Last Thunder Horse West of the Mississippi di Sharon N. Farber incluso nel numero di novembre 1988 dell’Isaac Asimov’s Science Fiction Magazine (nel 1993 uscito nel monografico italiano: Dinosauromania!). I tempi erano maturi e fu nel 1842 che uno scienziato dell’epoca, Richard Owen, coniò il termine dinosauro.
Soprattutto a marcare il rientro in scena fu la messa in mostra delle 
sculture di dinosauri all’esposizione universale tenutasi nel 1854 al Crystal Palace nel centro di Londra. Una volta chiusa la fiera, tutto venne traslocato, ricostruendo il parco espositivo nel sobborgo di Sydenham, a sud di Londra. C’è più di un nesso profondo in questo atto fondativo del dinosauro dell’età moderna, mescolabile ma da non confondere con quello del Giurassico.
Innanzitutto, il Crystal Palace diede forma alla manifesta potenza imperiale inglese che le imponenti strutture in vetro e acciaio e le 
sculture dei dinosauri esprimevano alla perfezione; in secondo luogo, cementò il nesso tra logiche espositive della merce, commercio, meraviglia e dinosauri; inoltre agganciò il concetto di mostra e di parco a tema a quello di dinosauro; infine, edificò la metafora della rovina moderna con la chiusura della prima struttura e il lungo inesorabile decadimento con chiusura finale del secondo, dopo il successo iniziale. Strano destino quello di un progetto architettonico che per la prima volta al mondo espose le rovine per antonomasia del pianeta, i dinosauri, per poi trasformarsi in rovina esso stesso, la prima della modernità.


Fatto sta, che il posto di comando del mondo si andava spostando negli USA e anche i dominatori del passato si trovarono più a proprio agio da quelle parti. “Nel 1868 la Commissione amministrativa di NewYork invitò Waterhouse Hawkins a costruire un nuovo museo di paleontologia nel Central Park, dedicato agli animali preistorici americani. Doveva essere costruito in vetro, come il Crystal Palace, ma con i modelli degli animali preistorici esposti all’interno piuttosto che nei giardini”.
Un passaggio di stato fondamentale perché li collocava nell’ordine della 
storia naturale, del museo, senza perdere il carattere spettacolare dell’esposizione.  Nel mezzo, a saldare spettacolo e letteratura, arrivò nel 1864 la prima edizione del Viaggio al centro della Terra di Jules Verne. L’invasione dei grandi freaks era iniziata.
A partire da allora i 
dinosauri si sono lentamente trasformati in quello che lo studioso William J.T. Mitchell ha acutamente definito totem della modernità in uno studio fondamentale sulla materia, The Last Dinosaur Book: The Life and Times of a Cultural Icon, ampiamente ripercorso da Sax.
“W.J.T. Mitchell ha scritto che «il dinosauro può essere meglio compreso come l’animale totem della cultura moderna, una creatura che unisce la scienza moderna alla cultura di massa, il sapere empirico alla fantasia collettiva, i metodi razionali alle pratiche rituali». Per riassumere in breve la tesi di Mitchell, noi usiamo i dinosauri per codificare un’ampia gamma di idee riguardo alla società”.
Più che altro si potrebbe aggiungere che costituiscono un dispositivo narrativo multifunzionale, dispiegatosi nel Novecento soprattutto grazie al cinema. Eclettismo adatto intanto a mettere in scena la più colossale rappresentazione dell’apocalisse, sempre più sentita come possibile anche per la nostra specie a partire dal 6 agosto 1945 (non va qui dimenticata la variante Godzilla). Apocalisse di cui la rovina è corollario essenziale e i dinosauri ne sono i testimonial più efficaci. L’idea dell’estinzione, inoltre, è anche connessa con quella di tempo profondo, concetto di cui Sax ripercorre la formazione, la definizione e le sue ricadute, sottolineando il contributo fornito, a modo loro, dai dinosauri: “Dobbiamo ai dinosaurigran parte delle nostre idee sul tempo, in particolare sul tempo profondo, e molti altri concetti della cultura umana”.



Anche i viaggi nel tempo, a loro volta, sono congeniali quanto mai ai dinosauri, perché altro non facciamo, riscoprendone i fossili, che viaggiare indietro anche di centinaia di milioni di anni; lo stesso accade in finzioni eterogenee, dalla letteratura al cinema, nelle quali è logico e plausibile immaginare in vari modi incursioni in ere che ci hanno preceduti e relazioni tra noi e loro. Ambiguità, così come quella (l’idea di Jurassic Park, ma non solo) di riportarli in vita, sconfinando così in un altro genere forte della tarda modernità: lo zombie. Una miscela di magia e horror. Tutte prospettive che non ce li rendono comunque più umani: i dinosauri restano alieni, gli unici di cui possediamo prove certe del loro passaggio sulla Terra e lo sono anche in quanto abitanti autentici del passato senza di noi, laddove il passato va inteso “come pianeta alieno” per dirla con Mark Fisher (2019).
Apocalissi, 
viaggi nel tempo, zombie, alieni, a legare il tutto, a fare da scheletro immaginario a questo essere vivente/estinto è il sense of wonder, che ci rapisce da piccolissimi e, salvo disgrazie, non ci abbandona più.
In questo senso, il libro di Sax va ben oltre le intenzioni dell’autore, fornendo davvero una risposta agli interrogativi del sottotitolo proprio in virtù del suo esistere: in quanto prodotto editoriale serio, pensato per un pubblico adulto, essendo un saggio che ripercorre le loro vicende legate alla 
storia degli uomini, scritto da un docente di letteratura e con i bambini che qui fanno capolino e poco più.
Insomma, Dinomania è un frutto autentico della dinomania, che è affatto una cosa seria.
Steve Brusatte, Ascesa e caduta dei dinosauri, Utet, Torino2018.
Sharon N. Farber, L’ultimo cavallo di tuono a Ovest del Mississippi, in Dinosauromania, Isaac Asimov Science 
Fiction Magazine, numero 6, Telemaco, Bologna, 1993.
Mark Fisher, Spettri della mia vita, minimum fax, 
Roma2019.
William John Thomas Mitchell, The Last Dinosaur Book: The Life and Times of a Cultural Icon, University of Chicago Press, Chicago, 1998.

Fonte Google News: Viaggi New York site-quadernidaltritempi.eu -

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