Quel Premio Nobel che la Memoria Ha Dimentica
Non tutti i Nobel hanno la stessa fortuna e capita anche che, spente le luci della ribalta dopo il Premio, se ne parli poco.
Uno scrittore che meritava una maggior popolarità è senza dubbio Imre Kertész, ungherese, Nobel nel 2002.
Essere senza destino, il romanzo che scrisse sulla sua esperienza nei lager di Auschwitz e Buchemwald, non è solo un documento sulla tragedia dell’Olocausto. E’ la “lettura” di quanto succede a un ragazzo esposto al Male e pronto a difendere come può la propria integrità, accettando ciò che gli capita e cercando di trarne persino dei momenti di serenità. Gyurka, questo il nome del protagonista, passa la prima selezione appena arrivato ad Auschwitz. I medici dedicano pochi secondi a ciascun essere umano e dividono i giovani e i sani dai vecchi e dai malati. Il secondo gruppo sparirà subito nelle camere a gas. Lo sforzo di Ketész è stato quello di recuperare l’esatta dimensione di quegli attimi, per come l’aveva realmente vissuta. Kertész ci mise oltre dieci anni a scrivere questo romanzo, ma riuscì a pubblicarlo solo nel ’75.
L’Ungheria comunista non amava che si parlasse dei lager nazisti. Lo scrittore, che non era affatto allineato, fu perseguitato, licenziato dal giornale presso cui lavorava e costretto a vivere di traduzioni. Essere senza destino fu tradotto in italiano nel ’99, da Feltrinelli.
Paolo Mauri –Venerdì di Repubblica- 28-9-12
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