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giovedì 18 ottobre 2012

Lo Sapevate Che: Ho Messo Le Perle Sulla Toga......



Ho Messo Le Perle Sulla Toga
E Scritto La Giudice Sul Timbro

Il disappunto della tipografia dietro il bancone non si può dimenticare: “Deve esserci uno sbaglio. Ho realizzato tanti timbri per le sue colleghe e ho sempre scritto il giudice, non la giudice”. Eh sì, la tipografa non capiva e, anzi, opponeva resistenza, racconta oggi Paolo di Nicola – tribunale penale di Roma – finalmente ridendoci su. L’episodio del resto ormai è storia ed è finito in La giudice. Una donna in magistratura, da poco in libreria, un po’ autobiografia e un po’ narrazione quasi epica dello scompiglio che suscita una donna quando pone il problema dell’identità in un ambiente dominato dagli uomini dall’alba dei tempi:
“Sulla copertina, la toga è la mia e anche le perle sono le mie…” spiega Di Nicola, che apre il libro ricordando il suo primo faccia a faccia a Poggioreale, tanti anni fa, con un trafficante di rifiuti, “avrei desiderato un completo scuro e una barba grigia ben curata a incorniciare un viso serio e impenetrabile”, e invece portava una camicia a fiorellini e la collana di zia Luciana. Un interrogatorio avviato sotto la cappa di un disagio millenario, la paura “di non essere preso ul serio per quello che istituzionalmente rappresentavo”, ma poi sostenuto con sicurezza e finito, ore dopo, con una consapevolezza nuova: “Non ero solo un giudice, ma una giudice”, e provare a darsi un tono maschile e duro non aveva più senso.
Un’udienza dopo l’altra, i fascicoli in camera da letto, gli sms del figlio Francesco che le rammenta gli appuntamenti con gli insegnanti, le notti insonni con la piccola Silvia, i post-it sul frigo (e dentro), i processi per l’emergenza rifiuti e i casi di violenza sessuale, una corsa senza fine e una responsabilità enorme; e, a un certo punto, un ostacolo sorprendente e fatale. Dopo anni trascorsi in una sede lontana da casa, quando ormai ha maturato il punteggio necessario per finirla con i treni e arrivare in tempo alle recite dei figli, viene fuori che no, i punti non li ha più: si è separata, giusto?, tecnicamente non c’è una famiglia cui ricongiungersi, si porti pure i bambini dietro…
Una ingiustizia che – silenziosamente – aveva già colpito altre colleghe e alla quale Di Nicola oppone (inutili) lettere formali e pubbliche, fino a chiedere, lei giudice, a un giudice di intervenire contro i giudici.
“L’ho vissuta malissimo” confessa ora, ma “ero pronta a rivolgermi alla Corte di giustizia”. Invece quel ricorso ha disvelato “l’ipocrisia di un sistema falsamente garantista con le donne”, e l’ha spuntata.
Femminista? “Percepivo una schizofrenia tra la mia cultura e il mondo in cui mi muovevo. So di aver aperto un fronte su un terreno insidioso, sollevando una questione di specificità, là dove la parola d’ordine è imparzialità. Spero di non essere fraintesa, per ora non sembra”.
Claudia Arletti – Venerdì di Repubblica 12-10-12

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