Regioni, Sì o No?
Dipende Dall’Onestà
Dei Cittadini
Le regioni (cioè l’ordinamento regionale del nostro Stato) sono all’ordine del giorno, e vorrei fare qualche osservazione
Sul tema. In origine, dunque, c’era lo Stato unitario. Sul modello della Francia. Perché no? In Francia funziona piuttosto bene. Da noi tuttavia, tanto bene non ha funzionato: c’erano le particolarità locali, le tendenze centrifughe, e i legislatori hanno pensato che sarebbe stato preferibile un ordinamento regionale. E si poteva dire, ancora una volta: perché no? Negli Stati Uniti la federazione funziona benissimo. In Germania ci sono i Lander: bene anche quelli. Perché non dare un po’ di respiro alle varie componenti di questo nostro Stato italiano, così travagliato?
Si sono dunque fatte le regioni (previste per altro dalla costituzione), dopo molte esitazioni e false partenze, come di solito succede da noi. Si è addirittura inventata la definizione di governatore per il presidente di ogni regione: dire che la Polverini era governatore, o governatrice, del Lazio non vi fa ridere? A me sembra ridicolo oltre ogni dire. Bene.
Si credeva, con le regioni, di fare un passo avanti. Adesso ci si accorge che si è fatto invece un passo indietro: le regioni sono fonte di dissipazione, con i difetti dello Stato unitario moltiplicati per venti, e si cerca, con l’acqua alla gola, di fare marcia indietro.
Conclusione? In ogni formula politica e costituzionale contano gli ingredienti, più che la struttura. Lo ripeto spesso per quel che riguarda il sistema elettorale. Se gli ingredienti (cioè i cittadini) hanno una certa caratura, sono buoni tutti i sistemi, quello uninominale e quello proporzionale, più i derivati. E viceversa. Lo dico adesso quando si contrappongono lo Stato unitario e lo Stato federale. Se gli ingredienti (cioè i cittadini) hanno un certo livello, l’uno e l’altro funzionano. Se gli ingredienti lasciano o desiderare, gli stessi difetti continueranno a emergere, quale che sia l’ordinamento prescelto: senza remissione.
Piero Ottone . Venerdì di Repubblica – 26-10-12
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