Carosello
E dopo tutti a nanna!
Lo spazio pubblicitario che ha chiuso i battenti nella
primavera del '77 per fare spazio ad altre ben più aggressive forme di
pubblicità, è stato per molti bambini della generazione degli anni '60 lo
spartiacque fra la giornata dei doveri e dei compiti e il momento dello svago e
dei sogni ad occhi aperti.
La ragione è semplice: quel breve programma era
rappresentato dalla messa in onda di cinque comunicati pubblicitari (non
esisteva ancora la parola spot) preceduti da brevissimi telefilm, per lo più
costituti da cartoni animati (o da veri e propri pupazzi parlanti). Insomma,
tutto ciò che può fare la gioia di un bambino. Salvo il fatto che, poi, quello
stesso bambino era costretto ad andare a letto, motivo per cui il programma
rappresentò per molti, in verità, una sorta di spartiacque bifronte. Non a
caso, anche nel linguaggio comune prese piede la frase: "Ti mando a letto
dopo il Carosello", espressione di innocua e simpatica minaccia nei
confronti dei piccoli telespettatori.
Nato il 3 febbraio 1957 (con un ritardo di un mese e
due giorni sulla data annunciata in precedenza, il 1° gennaio 1957), il
programma era il frutto di un compromesso tra le dirigenze della RAI ed i
rappresentanti delle maggiori imprese industriali che vedevano nel mezzo
televisivo enormi potenzialità commerciali. La RAI impose allora alle aziende
di produrre pubblicità sotto forma di spettacolini o di scenette. Tale scelta era
dettata anche dal fatto che si volevano evitare il più possibile le critiche di
coloro che pagavano il canone e che non apprezzavano la pubblicità in
televisione. La produzione di questi mini-film fu demandata nientemeno che
all'industria cinematografica nazionale, il che garantì standard qualitativi ed
inventivi indubbiamente alti. Ogni spot doveva ad ogni buon conto rispettare
regole molto rigide.
Anzitutto, bisogna considerare che ogni spot aveva il
tassativo limite temporale di 1 minuto e 45 secondi dei quali solo 20-30
potevano essere dedicati alla menzione del prodotto, il nome del quale non
poteva essere ripetuto più di tre volte; la scenetta, inoltre, doveva essere
separata nettamente dal codino pubblicitario finale, cosa oggi davvero
impensabile. Un ciclo pubblicitario era costituito poi di quattro (ma
successivamente anche di sei) spot che erano trasmessi a distanza di dieci
giorni l'uno dall'altro. Naturalmente, un controllo molto severo era esercitato
anche sui contenuti.
Non dovevano esserci riferimenti espliciti o impliciti
o incoraggiamenti all'amoralità, al sesso, alla violenza, al vizio, alla
disonestà. Una curiosità, anch'essa per noi ormai inconcepibile, consiste nel
fatto che fossero esclusi gli spot sulla biancheria intima e nel fatto che vi
fosse l'esplicito divieto di nominare parole considerate di cattivo gusto come
"forfora", "sudore", "depilazione", e così via.
Naturalmente la struttura narrativa non poteva prescindere dall'happy end di
prammatica e dall'esaltazione della modernità vista
solo in chiave di progresso benefico e continuo.
Spazio pubblicitario rigorosamente separato dal resto
dei programmi, nel piccolo contenitore del Carosello sono comunque nate piccole
storie che, nell'arco di qualche minuto, tenevano gli utenti inchiodati al
video, tramite il sapiente uso di tutti i linguaggi disponibili nella
comunicazione video: dallo sceneggiato al disegno animato, al balletto, al
mimo, al gioco plastico, alla conferenza stampa, alla musica lirica, al coretto
di montagna: il tutto con l'unica finalità di comunicare il famoso
"messaggio commerciale" ed incentivare la propensione ai consumi, in
un'Italia ancora in piena ubriacatura di Boom economico.
Un motivo di novità fu certamente l'introduzione
dell'animazione. La presenza di Carosello ha certamente contribuito a
rilanciare la scuola di animazione italiana, infatti parecchi degli spot
diventati più noti e apprezzati vennero realizzati da studi grafici italiani
cresciuti proprio in quegli anni, come la Gamma Film di Gino e Roberto Gavioli,
la modenese Paul Film di Paul Campani, lo studio Pagot (dove operavano Nino e
Toni Pagot), e altri. Da menzionare anche Guido De Maria che, oltre a svariati
spot, creerà, verso la fine degli anni settanta, un memorabile programma di
intrattenimento di sola animazione: SuperGulp!.
I "corti" trasmessi da carosello spaziavano
da filmati prodotti con la classica tecnica dei cartoni animati a
filmati realizzati con la tecnica del passo uno. I primi cartoni
animati, comparsi nel 1958, furono Angelino (detersivo
Supertrim della Agip) e L'Omino coi baffi (Moka
Bialetti), entrambi inventati da Paul Campani. A
questi seguirono il Vigile e il foresto (brodo Lombardi)
e Ulisse e l'ombra (caffè Hag), realizzati e ideati dai
fratelli Gavioli. Nel 1965 ebbe inizio la serie di Salomone pirata
pacioccone per pubblicizzare i prodotti dolciari della Fabbri. Tra i
più famosi, che continuarono a essere prodotti dopo la fine di Carosello, per
scopi commerciali e anche in serie di puro intrattenimento si ricordano Calimero (Mira
Lanza) e La Linea (pentole Lagostina) di Osvaldo Cavandoli.
Non bisogna inoltre dimenticare che Carosello è stato
una palestra per molti dei futuri grandi nomi dello spettacolo o della regia, uno
spazio in cui essi potevano sperimentare le proprie doti a costi accessibili e
senza incappare in produzioni ciclopiche e intimidenti. Di fatto, poi, la
trasmissione aveva un così alto gradimento di pubblico (con la nascita di
quelli che potremmo definire i primi "tormentoni", rappresentati da
neologismi o frasi inventate dai pubblicitari), che famosi attori non
disdegnarono di partecipare a queste scenette.
Fra i registi che compaiono in un ideale albo d'oro di
Carosello, si possono dunque scorrere nomi come quelli dei sofisticati fratelli Taviani ed Ermanno
Olmi, mentre fra gli attori è sicuramente da
ricordare la partecipazione del grande Eduardo
De Filippo e del futuro premio Nobel Dario
Fo.
Altra caratteristiche fondamentale che contribuì alla
fenomenale riuscita e popolarità di Carosello, furono le sue memorabili sigle,
improntate all'allegria e al buonumore. L'unico cambio, in questo senso,
avvenne verso la metà degli anni '60, e precisamente nel '63. La vecchia sigla
ideata da Luciano Emmer, musicata da Raffaele Gervasio e sceneggiata da Nietta
Vespignani fu cambiata con una nuova sigla disegnata da Manfredo Manfredi, i
cui quadri a tempera raffiguravano le piazze delle città di Venezia, Siena,
Napoli e Roma.
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