1865 – Mendel espone la teoria
dell’ereditarietà (156 anni fa): Nel passaggio da una generazione all’altra di
ogni specie di esseri viventi si trasmettono dei caratteri che influiscono
sull’aspetto estetico e sulla struttura interna degli ultimi nati. E’ la
teoria dei “caratteri ereditari” che scoprì per primo un frate agostiniano del
XIX secolo, considerato il precursore della genetica moderna.
Dopo aver preso i voti, Gregor Johann Mendel,
originario di un piccolo paesino della Repubblica Ceca, si dedicò
all’insegnamento di fisica, matematica e biologia, associandolo agli studi
sulla metereologia e alla cura dell’orto della sua abbazia. Da questa semplice
attività trasse ispirazione per una nuova tesi rivoluzionaria.
La sua attenzione si focalizzò sulle piante di pisello, le cui caratteristiche,
in particolare la riproduzione per autofecondazione, si prestavano allo studio
dell’ereditarietà.
Dopo sette anni di selezione, l’abate
identificò sette “Linee pure”, ossia altrettante varietà di pisello che si
differenziavano per caratteri estremamente visibili (la forma del seme, liscia
o rugosa; colore del seme; forma del baccello, etc).
Incrociandoli tra di loro arrivò a scoprire che alcuni caratteri persi in un
passaggio generazionale, erano stati recuperati in quello successivo o che in
alcuni casi si manifestava soltanto uno degli aspetti delle generazioni
parentali (teoria del carattere dominante).
Di qui giunse all’intuizione che avrebbe
cambiato la scienza: l’esistenza negli esseri viventi di un preciso codice
genetico, che si trasmette dai genitori ai figli e che passa di generazione in
generazione per via ereditaria.
L’occasione per rivelare al mondo la sensazionale scoperta si presentò l’8
febbraio, in occasione di un incontro alla Società di Scienze naturali in
Moravia.
Le reazioni degli altri studiosi furono
alquanto fredde e ciò condannò il nome di Mendel a un lungo oblio durato oltre
trent’anni.
E’ emblematico che negli stessi anni Charles Darwin formulò le sue conclusioni
sull’ereditarietà, ignorando completamente quella di Mendel, che più tardi si
scoprì complementare a quella dello scienziato britannico, sebbene più
complessa.
Gli studi dell’abate vennero ripresi nei
primi anni del 1900. Allora si arrivò a individuare un collegamento tra le sue
tesi dell’ereditarietà indiretta e la teoria dei “geni” di W. Johannsen: in
pratica, quelli che secondo Mendel venivano trasmessi da un organismo parentale
a quello filiale, non erano propriamente i “caratteri”, ma derivati degli
stessi, sotto forma di organismi particellari, identificati successivamente con
i “geni” di Johannsen.
Così si posero le basi per la genetica
moderna, tra i cui principi cardine vennero indicate le cosiddette leggi di
Mendel, ricavate dai suoi lavori.
Il passo successivo fu l’identificazione dei
cromosomi quale sede di quel patrimonio ereditario che si trasmette secondo le
leggi di Mendel, fino ad arrivare alla preziosa scoperta del DNA.
(Fonte Almanacco)
https://www.fenomenologia.net/momenti/la-teoria-dellereditarieta/
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