“Chi riesce a dire con venti parole ciò che può essere
detto in dieci, è capace pure di tutte le altre cattiverie.” Giosuè Carducci
Il poeta della storia
Giosuè Carducci nasce il 27 luglio 1835 a
Valdicastello in provincia di Lucca, da Michele Carducci, medico e
rivoluzionario, e Ildegonda Celli, di origini volterrane. Il 25 ottobre 1838 la
famiglia Carducci, a causa del concorso vinto dal padre per diventare medico di
zona, si trasferisce a Bolgheri, sperduto paesello della Toscana che grazie al
poeta diventerà famoso in tutti il mondo. La permanenza nella Maremma è testimoniata
e rievocata con affettuosa nostalgia nel sonetto "Traversando la Maremma
toscana" (1885) e in molti altri luoghi della sua poesia.
Del nucleo familiare fa anche parte la celeberrima
Nonna Lucia, una figura determinante nell'educazione e formazione del piccolo
Giosuè tanto che il poeta la ricorda con grande affetto nella poesia "Davanti San Guido".
Pochi anni dopo, però (precisamente nel 1842), questa figura per noi ormai
nobilmente letteraria muore, gettando Giosuè nella disperazione.
I moti rivoluzionari intanto prendono piede, moti nei
quali è coinvolto il passionale e "testacalda" padre Michele. La
situazione si complica al punto tale che vengono sparate fucilate contro la
casa della famiglia Carducci, in seguito all'acuirsi del conflitto tra Michele
Carducci e la parte più conservatrice della popolazione bolgherese; l'evento li
costringe al trasferimento nella vicina Castagneto dove rimangono per quasi un
anno (oggi conosciuta appunto come Castagneto Carducci).
Il 28 aprile 1849 i Carducci giungono a Firenze.
Giosuè frequenta l'Istituto degli Scolopi e conosce la futura moglie Elvira
Menicucci, figlia di Francesco Menicucci, sarto militare. L'11 novembre 1853 il
futuro poeta entra alla Scuola Normale di Pisa. I requisiti per l'ammissione
non collimano perfettamente, ma è determinante una dichiarazione di padre
Geremia, suo maestro, in cui garantisce: "... è dotato di bell'ingegno e
di ricchissima immaginazione, è colto per molte ed eccellenti cognizioni, si
distinse persino tra i migliori. Buono per indole si condusse sempre da giovine
cristianamente e civilmente educato". Giosuè sostiene gli esami svolgendo
brillantemente il tema "Dante e
il suo secolo" e vince il concorso. Negli stessi anno costituì, insieme
con tre compagni di studi, il gruppo degli "Amici pedanti", impegnato
nella difesa del classicismo contro i manzoniani. Dopo la laurea, conseguita
con il massimo dei voti, insegna retorica al liceo di San
Miniato al Tedesco.
E' il 1857, anno in cui compone le "Rime di San
Miniato" il cui successo è quasi nullo, salvo una citazione su una rivista
contemporanea del Guerrazzi.
La sera di mercoledì 4 novembre si uccide il fratello Dante squarciandosi
il petto con un bisturi affilatissimo del padre; mille le congetture. Si dice
perché stanco dei rimbrotti familiari specialmente del padre, che era diventato
intollerante e duro anche con i figli. L'anno dopo, ad ogni modo, muore il
padre del poeta.
Un anno di lutto e il poeta finalmente si sposa con
Elvira. In seguito, dopo la nascita delle figlie Beatrice e Laura, si
trasferisce a Bologna, un ambiente assai colto e stimolante, dove insegna
eloquenza italiana all'Università. Ebbe così inizio un lunghissimo periodo di
insegnamento (durato fino al 1904), caratterizzato da una fervida e
appassionata attività filologica e critica. Nasce anche il figlio Dante che
però muore in giovanissima età. Carducci è duramente colpito dalla sua morte:
torvo, lo sguardo fisso nel vuoto, si porta dietro il suo dolore ovunque, in
casa, all'università, a passeggio. Nel giugno 1871 ripensando al figlio perduto
compone "Pianto antico".
Negli anni '60, lo scontento provocato in lui dalla
debolezza dimostrata, a suo giudizio, in più occasioni dal governo postunitario
(la questione romana, l'arresto di Garibaldi)
sfociò in un atteggiamento filo-repubblicano e addirittura giacobino: ne
risentì anche la sua attività poetica,
caratterizzata in quest'epoca da una ricca tematica sociale e politica.
Negli anni successivi, con il mutare della realtà
storica italiana, Carducci passa da un atteggiamento violentemente polemico e
rivoluzionario a un ben più tranquillo rapporto con lo stato e la monarchia,
che finisce per l'apparirgli la migliore garante dello spirito laico del
Risorgimento e di un progresso sociale non sovversivo (contro al pensiero
socialista).
La nuova simpatia monarchica culmina nel 1890 con la
nomina a senatore del regno.
Tornato a Castagneto nel 1879, dà vita, insieme ai
suoi amici e compaesani alle celebri "ribotte " durante le quali ci
si intrattiene degustando piatti tipici locali, bevendo vino rosso,
chiacchierando e recitando i numerosi brindisi composti per quelle occasioni
conviviali.
Nel 1906 al poeta viene assegnato il Premio Nobel per
la Letteratura ("Non solo in riconoscimento dei suoi profondi
insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa,
alla purezza dello
stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica").
Le condizioni di salute non gli consentono di recarsi a Stoccolma per ritirare
il premio che gli viene consegnato nella sua casa di Bologna.
Il 16 febbraio 1907 Giosuè Carducci muore a causa di
una cirrosi epatica nella sua casa di Bologna, all'età di 72 anni.
I funerali si tengono il 19 febbraio e il Carducci
viene seppellito alla Certosa di Bologna dopo varie polemiche relative al luogo
di inumazione.
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