Fare e studiare la storia
Benedetto Croce nasce a Pescasseroli, in provincia
dell'Aquila, il 25 febbraio 1866. Scrittore, filosofo, storico e politico, vive
in una famiglia agiata e molto conservatrice che decide di farlo formare presso
un collegio religioso. Nel 1883, all'età di diciassette anni assiste a ciò che
si rivelerà essere l'evento più traumatico della sua vita. Nel corso di un
viaggio nell'isola d'Ischia, è vittima e testimone di uno dei momenti più
difficili nella storia dell'isola: nella notte del 28 luglio, alle ore 21:30,
in circa novanta secondi un terremoto causa
la perdita della vita a 2.313 persone. Tra queste vi sono anche i genitori di
Benedetto, Pasquale e Luisa Sipari, e la sorella Maria.
Sommerso dalle macerie ma sopravvissuto a questo
tragico evento, Croce si trasferisce a Roma presso la casa dello zio, il
senatore Silvio Spaventa.
In questa sua nuova sistemazione ha la possibilità di incontrare intellettuali
e importanti uomini politici con cui si forma e si confronta; tra questi c'è
anche il filosofo italiano Antonio Labriola,
di cui seguirà le lezioni di filosofia morale a Roma e con cui spesso rimarrà
in contatto.
Iscritto alla facoltà di giurisprudenza presso
l'università di Napoli, Croce lascia gli studi e, nel 1886, acquista la casa in
cui aveva vissuto il filosofo Giambattista Vico.
Dopo aver visitato le principali nazioni europee, viaggiando in Spagna, Germania,
Francia e Inghilterra, rivolge la sua attenzione prima alla storia, attraverso
le opere di Giosuè Carducci e Francesco De Sanctis,
e successivamente alle teorie sviluppate da Karl Marx e Friedrich Hegel;
da quest'ultimo Croce riprende il carattere razionalistico e dialettico nello
studio della conoscenza.
Secondo Benedetto Croce, Hegel ha
ragione nell'affermare che il pensiero filosofico è un concetto universale
concreto e non intuizione o sentimento generale; ha però torto quando vede la
realtà come il prodotto di opposti che si sintetizzano. Croce, infatti,
sottolinea come esistono anche quattro distinti, la fantasia, l'intelletto,
l'attività economica e l'attività morale, che non si sintetizzano in quanto non
sono opposti. Questi distinti o categorie, sono create da due attività dello
spirito, quella conoscitiva o teoretica e quella volitiva o pratica a seconda
che si dirigano verso il particolare o l'universale.
Nel 1903 pubblica la rivista intitolata "La
Critica". Questa, inizialmente pubblicata a sue spese, viene realizzata in
collaborazione con Giovanni Gentile e
durerà, con le sue quattro serie, per quarantuno anni.
Benedetto Croce entra nel mondo della politica nel
1910: in quell'anno viene nominato senatore per censo. Dopo aver pubblicato
opere come "La Letteratura della Nuova Italia" e "Cultura e Vita
Morale", in cui sono raccolte le biografie e gli interventi presenti nella
rivista "La Critica", egli, tra il 1920 e il 1921, ricopre la carica
di Ministro della Pubblica Istruzione nel quinto governo presieduto da Giovanni Giolitti.
Il 1 maggio 1925 pubblica il "Manifesto degli
intellettuali antifascisti"; a questo, che si contrappone al
"Manifesto degli intellettuali fascisti" di Giovanni Gentile,
aderiscono diverse figure di spicco nel campo della letteratura e della
matematica tra cui Eugenio Montale, Aldo Palazzeschi,
Leonida Tonelli, Ernesto e Mario Pascal, Vito Volterra e Francesco Severi.
Dopo aver criticato il contenuto dei Patti Lateranensi,
stipulati tra Stato e Chiesa l'11 febbraio 1929, e aver aderito per un breve
periodo al movimento antifascista Alleanza Nazionale, Croce lascia la politica
nel 1930 in quanto in disaccordo con le azioni di repressione delle libertà
commesse da Mussolini.
Nel 1942 pubblica l'opera intitolata "Perché non possiamo non dirci
Cristiani", un breve saggio filosofico in cui sostiene che il
Cristianesimo "è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia
mai compiuta", che ha dato agli uomini una serie di valori operando al
centro dell'anima, nella coscienza morale.
Con la caduta del regime, nel 1943, Croce rientra
nella scena politica italiana. Diventato leader del partito liberale, nel 1944
elabora la teoria sul fascismo, in cui viene classificata come una
parentesi della storia d'Italia, e diventa ministro senza portafoglio
sia del secondo governo presieduto da Pietro Badoglio che
del secondo governo guidato da Ivanoe
Bonomi.
Dopo aver votato a favore della monarchia in occasione
del referendum del 2 giugno 1946, viene eletto tra i membri dell'Assemblea
Costituente. In questa sede, attraverso un discorso diventato famoso, si oppone
alla firma del Trattato di Pace in quanto atto ritenuto indecoroso per la
nascente Repubblica
Italiana. In seguito rifiuta le cariche di
Presidente provvisorio della Repubblica e, probabilmente, quella di Senatore a
vita.
Nel 1946 fonda a Napoli, nel palazzo Filomarino,
l'Istituto Italiano per gli Studi Storici. Nello Statuto di questo istituto si
può leggere come sia nato con l'intento di avviare i giovani all'"approfondimento
della storia nei suoi rapporti sostanziali con le scienze filosofiche
della logica,
dell'etica, del diritto, dell'economia e della politica, dell'arte e della
religione, le quali sole definiscono e dimostrano quegli umani ideali e fini e
valori, dei quali lo storico è chiamato a intendere e narrare la storia".
Nel
1949 è colpito da un ictus cerebrale che gli causa una semiparalisi. Benedetto
Croce muore sulla poltrona della propria biblioteca, il 20 novembre 1952,
all'età di ottantasei anni.
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