Il primo parlamento italiano
del Regno d’Italia a Torino
Il 18 febbraio del 1861 Vittorio Emanuele II di Savoia convoca a Torino, a
palazzo Carignano, il primo Parlamento del Regno d’Italia. Con il discorso
della Corona, a Camere riunite, viene inaugurata ufficialmente la nuova
Legislatura
Le
elezioni per il primo Parlamento italiano
Le elezioni per la nomina dei
rappresentanti del popolo italiano si svolgono il 27 gennaio 1861, in 443 circoscrizioni elettorali
sparsi lungo la penisola. A votare sono soltanto i cittadini maschi di età
superiore ai venticinque anni, capaci di leggere e scrivere. Su un totale di
418.700 aventi diritto si recano alle urne 239.600 elettori, con una percentuale del 57%
circa.
In occasione di queste prime
elezioni si assiste anche ad un fenomeno curioso: le percentuali di votanti
risultano essere alte al sud, in Sicilia prevalentemente, e più basse al nord.
Sono eletti in tutto 443
deputati e di questi
oltre 300 fanno parte dell’entourage ministeriale.
Nel nuovo Parlamento dominano gli
avvocati, insieme a medici, industriali, banchieri, ingegneri, ufficiali e
magistrati. A questi si aggiungono alcuni pubblicisti e sacerdoti e un noto
musicista e compositore: Giuseppe Verdi. Come ha evidenziato qualcuno in maniera sprezzante,
nel Parlamento “vi era di tutto,
eccetto il popolo!”.
Il
discorso della Corona per il primo Parlamento del Regno d’Italia
La mattina del 18 febbraio 1861 su
tutti gli edifici pubblici di Torino sventolano le bandiere tricolore con al
centro la croce dei Savoia. Una gran folla riempie le principali piazze e vie
dove passa il corteo reale che conduce Vittorio Emanuele II a palazzo Carignano, per l’inaugurazione del primo
Parlamento italiano del Regno d’Italia.
C’è da
dire che il nuovo Regno d’Italia non nasce sicuramente all’insegna della
concordia più assoluta tra i diversi protagonisti; i padri
della patria, infatti, provano tra loro reciproca
diffidenza. Cavour e il re
considerano Mazzini un pericolo pubblico;
il primo ministro confida ad un amico: “Il re non mi ama ed è geloso
di me. Mi sopporta ministro, ma è lieto quando non mi ha a fianco”.
Giuseppe
Garibaldi afferma che piuttosto che tendere la mano al conte
di Cavour preferirebbe farsela tagliare; mentre Vittorio Emanuele II dice
cinicamente che se i Borbone avessero catturato e impiccato Garibaldi le cose
si sarebbero molto semplificate.
Quel
giorno, però, bisogna mettere da parte qualsiasi tipo di attrito e antipatia
personale poiché il sorriso di circostanza è d’obbligo. Il sovrano sabaudo
inizia a leggere in Parlamento, tra scroscianti applausi provenienti da tutti i
settori dell’aula, il discorso della Corona, scritto
per l’occasione da Camillo
Benso conte di Cavour:
Signori
Senatori e Deputati, libera e unita quasi tutta per mirabile aiuto della Divina
Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli e per lo splendido valore degli
eserciti, l’Italia si confida nella virtù e nella sapienza vostra. A voi si
appartiene il darle istituti comuni, uguali e ben distribuiti carichi e
vantaggi e stabile assetto. Nello attribuire le maggiori libertà amministrative
a popoli che ebbero consuetudini e ordini diversi veglierete perché l’unità
politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata (…)
L’opinione
delle genti civili ci è propizia. Ci sono propizi gli equi e liberali principii
che vanno prevalendo nei Consigli d’Europa. L’Italia diventerà per essa una
guarentigia di ordine e di pace, e ritornerà efficace strumento della civiltà
universale.
Cavour, l’altro protagonista della
giornata e del Risorgimento, indossa per l’evento un abito
grigio chiaro anziché nero, e guarda con orgogliosa soddisfazione il primo
Parlamento italiano a maggioranza moderata da poco eletto. Non sembra avere
alcun tipo di preoccupazione e neanche pare spaventarlo l’animosità di Vittorio
Emanuele II nei suoi confronti; il sovrano gli deve tantissimo ma, con la
freddezza un po’ tipica degli esponenti di casa Savoia, non gli si dimostra minimamente riconoscente.
La
giornata del primo Parlamento italiano
Dopo l’inaugurazione del primo
Parlamento si celebra un banchetto alla reggia del re sabaudo, al quale partecipano:
parlamentari, membri del governo, alti ufficiali, burocrati e ambasciatori di
altri paesi. Vittorio Emanuele II e Cavour passeggiano stranamente insieme per
i saloni della reggia e il sovrano si rivolge al suo primo ministro chiedendo:
«Che ve ne pare signor
conte, di questa giornata che ci ha regalato il cielo?». Cavour: «Ottima, Maestà, anche se penso che si
tratti, più che di un regalo, di una ricompensa meritata».
Il re allora risponde estraendo di
tasca un sigaro e sorridendo: «Forse avete ragione voi». La storica giornata si conclude
la sera con una girandola di fuochi d’artificio che illumina il cielo della
capitale piemontese. Per Cavour, che ama profondamente il sistema parlamentare
e i dibattiti che si svolgono al suo interno, si tratta di una giornata felice
e soddisfacente; solo poco tempo prima, infatti, aveva espresso la seguente
opinione sul Parlamento:
Io credo che con un
Parlamento si possano fare parecchie cose che sarebbero impossibili per un
potere assoluto. Un’esperienza di tredici anni mi ha convinto che un ministero
onesto e energico, che non abbia nulla da temere dalle rivelazioni della
Tribuna e non si lasci intimidire dalla violenza dei partiti, ha tutto da
guadagnare dalle lotte parlamentari. Io non mi sono mai sentito debole se non
quando le camere erano chiuse. D’altra parte non potrei tradire la mia origine,
rinnegare i principi di tutta la mia vita. Sono figlio della libertà: è ad essa
che debbo tutto quello che sono. La via parlamentare è la più lunga, ma è la
più sicura.
Mirko Muccilli
https://www.fattiperlastoria.it/primo-parlamento-italiano/
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