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venerdì 18 febbraio 2022

Lo Sapevate Che: Si riunisce il primo Parlamento dell’Italia unita: Una Torino festante e tappezzata di tricolori accolse la prima seduta del Parlamento dell'Italia unita.

 

Il primo parlamento italiano del Regno d’Italia a Torino

Il 18 febbraio del 1861 Vittorio Emanuele II di Savoia convoca a Torino, a palazzo Carignano, il primo Parlamento del Regno d’Italia. Con il discorso della Corona, a Camere riunite, viene inaugurata ufficialmente la nuova Legislatura

Le elezioni per il primo Parlamento italiano

Le elezioni per la nomina dei rappresentanti del popolo italiano si svolgono il 27 gennaio 1861, in 443 circoscrizioni elettorali sparsi lungo la penisola. A votare sono soltanto i cittadini maschi di età superiore ai venticinque anni, capaci di leggere e scrivere. Su un totale di 418.700 aventi diritto si recano alle urne 239.600 elettori, con una percentuale del 57% circa.

In occasione di queste prime elezioni si assiste anche ad un fenomeno curioso: le percentuali di votanti risultano essere alte al sud, in Sicilia prevalentemente, e più basse al nord. Sono eletti in tutto 443 deputati e di questi oltre 300 fanno parte dell’entourage ministeriale.

Nel nuovo Parlamento dominano gli avvocati, insieme a medici, industriali, banchieri, ingegneri, ufficiali e magistrati. A questi si aggiungono alcuni pubblicisti e sacerdoti e un noto musicista e compositore: Giuseppe Verdi. Come ha evidenziato qualcuno in maniera sprezzante, nel Parlamento “vi era di tutto, eccetto il popolo!”.

Il discorso della Corona per il primo Parlamento del Regno d’Italia

La mattina del 18 febbraio 1861 su tutti gli edifici pubblici di Torino sventolano le bandiere tricolore con al centro la croce dei Savoia. Una gran folla riempie le principali piazze e vie dove passa il corteo reale che conduce Vittorio Emanuele II a palazzo Carignano, per l’inaugurazione del primo Parlamento italiano del Regno d’Italia.

C’è da dire che il nuovo Regno d’Italia non nasce sicuramente all’insegna della concordia più assoluta tra i diversi protagonisti; i padri della patria, infatti, provano tra loro reciproca diffidenza. Cavour e il re considerano Mazzini un pericolo pubblico; il primo ministro confida ad un amico: “Il re non mi ama ed è geloso di me. Mi sopporta ministro, ma è lieto quando non mi ha a fianco”.

Giuseppe Garibaldi afferma che piuttosto che tendere la mano al conte di Cavour preferirebbe farsela tagliare; mentre Vittorio Emanuele II dice cinicamente che se i Borbone avessero catturato e impiccato Garibaldi le cose si sarebbero molto semplificate.

Quel giorno, però, bisogna mettere da parte qualsiasi tipo di attrito e antipatia personale poiché il sorriso di circostanza è d’obbligo. Il sovrano sabaudo inizia a leggere in Parlamento, tra scroscianti applausi provenienti da tutti i settori dell’aula, il discorso della Corona, scritto per l’occasione da Camillo Benso conte di Cavour:

Signori Senatori e Deputati, libera e unita quasi tutta per mirabile aiuto della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli e per lo splendido valore degli eserciti, l’Italia si confida nella virtù e nella sapienza vostra. A voi si appartiene il darle istituti comuni, uguali e ben distribuiti carichi e vantaggi e stabile assetto. Nello attribuire le maggiori libertà amministrative a popoli che ebbero consuetudini e ordini diversi veglierete perché l’unità politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata (…)

L’opinione delle genti civili ci è propizia. Ci sono propizi gli equi e liberali principii che vanno prevalendo nei Consigli d’Europa. L’Italia diventerà per essa una guarentigia di ordine e di pace, e ritornerà efficace strumento della civiltà universale.

 

Cavour, l’altro protagonista della giornata e del Risorgimento, indossa per l’evento un abito grigio chiaro anziché nero, e guarda con orgogliosa soddisfazione il primo Parlamento italiano a maggioranza moderata da poco eletto. Non sembra avere alcun tipo di preoccupazione e neanche pare spaventarlo l’animosità di Vittorio Emanuele II nei suoi confronti; il sovrano gli deve tantissimo ma, con la freddezza un po’ tipica degli esponenti di casa Savoia, non gli si dimostra minimamente riconoscente.

La giornata del primo Parlamento italiano

Dopo l’inaugurazione del primo Parlamento si celebra un banchetto alla reggia del re sabaudo, al quale partecipano: parlamentari, membri del governo, alti ufficiali, burocrati e ambasciatori di altri paesi. Vittorio Emanuele II e Cavour passeggiano stranamente insieme per i saloni della reggia e il sovrano si rivolge al suo primo ministro chiedendo: «Che ve ne pare signor conte, di questa giornata che ci ha regalato il cielo?». Cavour: «Ottima, Maestà, anche se penso che si tratti, più che di un regalo, di una ricompensa meritata».

Il re allora risponde estraendo di tasca un sigaro e sorridendo: «Forse avete ragione voi». La storica giornata si conclude la sera con una girandola di fuochi d’artificio che illumina il cielo della capitale piemontese. Per Cavour, che ama profondamente il sistema parlamentare e i dibattiti che si svolgono al suo interno, si tratta di una giornata felice e soddisfacente; solo poco tempo prima, infatti, aveva espresso la seguente opinione sul Parlamento:

Io credo che con un Parlamento si possano fare parecchie cose che sarebbero impossibili per un potere assoluto. Un’esperienza di tredici anni mi ha convinto che un ministero onesto e energico, che non abbia nulla da temere dalle rivelazioni della Tribuna e non si lasci intimidire dalla violenza dei partiti, ha tutto da guadagnare dalle lotte parlamentari. Io non mi sono mai sentito debole se non quando le camere erano chiuse. D’altra parte non potrei tradire la mia origine, rinnegare i principi di tutta la mia vita. Sono figlio della libertà: è ad essa che debbo tutto quello che sono. La via parlamentare è la più lunga, ma è la più sicura.

Mirko Muccilli

https://www.fattiperlastoria.it/primo-parlamento-italiano/

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