Ottant’anni fa
l’attacco giapponese a Pearl Harbor: L'aria di festa di una tranquilla domenica
mattina nella base aeronavale americana di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii,
viene bruscamente interrotta dal rombo di oltre 300 caccia giapponesi.
7 dicembre 1941 – Il Giappone
attacca a tradimento Pearl Harbor nell’oceano Pacifico. Obiettivo la United
States Pacific Fleet e le installazioni militari statunitensi.
L’«Operazione Hawaii» inizia alle 7.48: due ondate da 358 aerei nipponici
decollati da sei portaerei. Avviene senza dichiarazione di
guerra giapponese: provoca l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda
guerra mondiale
A chi si congratula per il successo alle Hawaii, il
leggendario ammiraglio nipponico Isoroku Yamamoto risponde cupo: «Abbiamo svegliato
il gigante che dormiva». Il presidente Franklin Delano
Roosevelt definisce «Day of infamy, giorno dell’infamia» il 7 dicembre
1941, 80 anni fa.
Nel gennaio 1941 gli
italiani subiscono altre sconfitte dagli inglesi in Africa settentrionale
e capitolano in Abissinia. La Germania invade Jugoslavia, Grecia e poi Unione
Sovietica nell’«Operazione Barbarossa». L’anno si chiude con la discesa in
campo della superpotenza Stati Uniti: il 7 dicembre 1941 il Giappone attacca a
tradimento Pearl Harbor, «Perla del porto» nel Pacifico. Tra il luglio 1941 e
il marzo 1943 fallimentare per l’Italia è l’avventura sul fronte russo.
Catastrofiche le perdite: su 60 mila Alpini oltre 41 mila restano sul terreno.
Le divisioni «Tridentina», «Julia» e «Cuneense» sono decimate. Sulle ghiacciate
lande russe rifulge la carità di Andrea Bordino, cuneese di Castellinaldo,
artigliere alpino addetto alle vettovaglie che, al rientro in Italia, diventa
religioso cottolenghino. Per trent’anni fratel Luigi della Consolata si dedica ai
sofferenti nella Piccola Casa. Dal 2015 è beato. E rifulge anche l’abnegazione
dei cappellani militari come il racconigese Carlo Chiavazza con il suo «Scritto
sulla neve».
L’«Operazione Z»,
«Operazione Hawaii», «Operazione AI» inizia alle 7,48
del mattino di domenica 7 dicembre 1941, condotto in due ondate da 358
aerei nipponici decollati da sei portaerei. Obiettivo la United States
Pacific Fleet e le installazioni
militari statunitensi di Pearl Harbor, sull’isola di Oahu.
Avviene a tradimento, senza dichiarazione di guerra giapponese:
provoca l’ingresso nella Seconda guerra mondiale degli Stati Uniti.
L’attacco è preparato e guidato dall’ammiraglio Isoroku Yamamoto –
che si trova nella baia di Hiroshima a bordo della nave da
battaglia «Nagato» – ed è un successo effimero che scatena un odio
irrefrenabile negli Stati Uniti, che giungeranno a sganciare le atomiche su
Hiroshima e Nagasaki. I danni inflitti alla flotta del Pacifico sono pesanti:
una corazzata salta in aria, una si capovolge, tre sono affondate; molte navi
sono colpite.
Vistose le perdite
statunitensi – Su 96 navi, tre corazzate sono distrutte
o capovolte in maniera irrimediabile («Arizona» e «Oklahoma»,
l’ex-corazzata poi nave bersaglio «Utah»); 6 navi sono affondate,
rovesciate o arenate ma recuperabili (corazzate «California», «West
Virginia» e «Nevada», posamine «Oglala»,
cacciatorpediniere «Cassin» e «Shaw»); 7 sono gravemente
danneggiate (corazzata «Pennsylvania», nave officina «Vestal», nave
appoggio idrovolanti «Curtiss», incrociatori «Raleigh», «Helena»
e «Honolulu», cacciatorpediniere «Downes»); 2 mediamente danneggiate;
4 danneggiate lievemente. Sui campi d’aviazione sono distrutti 151
aerei; in volo dieci aerei abbattuti dai caccia giapponesi. Le perdite
umane: 2.403 morti statunitensi (2.008 della marina, 109 dei Marines,
218 dell’esercito, 68 civili) e 1.178 feriti. Le perdite giapponesi sono poca
cosa: 29 aerei (9 caccia, 15 bombardieri e 5 aerosiluranti); un grande
sommergibile e i cinque i sommergibili tascabili. I morti sono 189.
Il giorno dopo, in un
drammatico messaggio al Congresso il
presidente Roosevelt chiede di dichiarare guerra al Giappone. La mossa militare
riesce; quello che fallisce è lo scopo politico. Il termine «infamia» usato da
Roosevelt ha una risonanza profonda nel pubblico americano, spaccato fra
isolazionisti e interventisti ma unito in una cultura cristiana che fa degli
americani «un popolo protetto e benedetto da Dio». Attaccarli in modo infame
significa scagliarsi contro la storia e la divinità. Nel «Memorial» delle
Hawaii c’è la «Missouri», la corazzata sulla quale il 12 settembre 1945 si
firma la resa giapponese. L’accostamento è voluto: il «Memorial» rappresenta la
sconfitta iniziale e la vittoria finale degli Usa, che si erano opposti all’espansionismo
nipponico con un blocco economico che causava gravi darmi ai giapponesi,
impegnati nella campagna militare in Cina, invasa nel 1937. Quattro giorni
dopo, l’11 dicembre 1941, Germania e Italia, alleate del Giappone, dichiarano
guerra agli Stati Uniti, che già da tempo aiutano la Gran Bretagna. Il
conflitto diventa realmente mondiale. L’avanzata giapponese fu all’inizio
travolgente in tutto il Sudest asiatico, con l’occupazione delle Filippine e di
Singapore, ma venne arrestata nella grande battaglia aeronavale delle Midwy,
dove nel giugno 1942 gli americani infliggono alla flotta nipponica una
sconfitta che segna una svolta decisiva.
Incessante l’opera di
pacificazione di Pio XII – Il 24 agosto 1939 Papa
Pacelli indirizza al mondo il radiomessaggio «Un’ora grave», con il quale
invoca la pace: «È con la forza della ragione, non con quella delle armi, che
la giustizia si fa strada. La politica emancipata dalla morale tradisce quelli
stessi che la vogliono. Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è
perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra». Resta inascoltata anche
l’esortazione che il 31 agosto indirizza a Inghilterra, Francia, Germania,
Italia e Polonia perché si riduca la tensione reste inascoltata. Il 1°
settembre 1939 inizia la Seconda guerra mondiale: Germania nazista e Russia
comunista invadono la Polonia e se la spartiscono. Nei mesi successivi il
conflitto investe quasi tutti i Paesi: Finlandia, Danimarca, Norvegia, Olanda,
Belgio, Lussemburgo, Albania, Grecia, Bulgaria, Jugoslavia. Il 10 giugno 1940
l’Italia, alleata della Germania, dichiara guerra alla Francia e alla Gran
Bretagna. Quattro giorni dopo, le flotte inglese e francese bombardano Genova
dal mare. Il 7 dicembre 1941 i giapponesi attaccano Pearl Harbor.
Pio XII il 20 ottobre
1939 nella prima enciclica «Summi Pontificatus» esprime
angoscia per le sofferenze che stanno per abbattersi sulle persone, sulle
famiglie, sulla società. Nell’«ora delle tenebre» calata sull’umanità, invita a
pregare perché la tempesta venga sedata e siano banditi gli spiriti della
discordia che hanno provocato il sanguinoso conflitto. Pio XII utilizza tutti i
mezzi a disposizione: encicliche, epistole e bolle superano con difficoltà le
censure e i confini degli Stati. Pacelli usa «Radio Vaticana» con quasi 200
radiomessaggi in diverse lingue: latino, spagnolo, francese, italiano, inglese,
tedesco, portoghese. Scrive 41 encicliche, e poi epistole, brevi, motu proprio,
bolle. Un’imponente attività a favore della pace.
https://vocetempo.it/ottantanni-fa-lattacco-giapponese-a-pearl-harbor/
Nessun commento:
Posta un commento