Consideratemi Un
Turista. Nel bene e
nel male. Quando rientro in Italia è per periodi brevi, del mio paese ho
impressioni veloci, fugaci. Non ho titolo per pontificare sui vostri problemi
quotidiani. Però, a volte, i visitatori occasionali scorgono sprazzi di verità.
L’estraneo che passa a trovarti a casa tua magari nota quella macchia di
umidità sul muro che tu non vedi più, perché ci sei abituato. L’ultima volta ho
fatto un piccolo giro d’Italia in due settimane, fra tournée teatrale e
dibattiti sul mio nuovo libro. Praticamente ogni sera ero in una città. L’unica
dove sono passato più volte, per comodità di collegamenti, è Bologna. Come
accade per chi fa teatro, spesso rientravo a tarda sera. L’hotel era davanti
alla stazione. Ed è lì che il vostro turista di passaggio ha raccolto le
impressioni. Per me Bologna non è una città qualsiasi. Quando ero ventenne era
la nostra “capitale rossa”, la vetrina del Pci, un modello di buona
amministrazione esportabile a livello nazionale e studiata all’esterno. Di
volta in volta per me è stata anche la città di Umberto Eco e Lucio Dalla; vi
ho stretto tante amicizie; vado spesso a presentare i miei libri alla
Coop-Ambasciatori con Romano Montroni (il “libraio d’Italia”). La vedo capitale
di una regione altamente tecnologica che esporta nel mondo. Con l’inaugurazione
di Fico (la cittadella delle gastronomie regionali) si è data un nuovo polo
d’attrazione, valorizzando le eccellenze nel cibo. Rimane giovane grazie alla
popolazione studentesca ricca di storia e sede di una università più antica
della Sorbona. Si capisce che il mio giornale l’abbia scelta per tenerci i festival
Repubblica delle Idee. Che tristezza,
però, il quartiere della stazione di sera. Squallore, disagio, paura. L’area è
desolata, inquietudine, mal frequentata. Piccola delinquenza e spaccio. Immigrati
clandestini. E poca presenza di polizia (è la situazione di tante stazioni
d’Italia grandi e piccole, lo so, ma parlo di Bologna per le ragioni di cui
sopra). Dov’è lo Stato? Lì, la sua assenza è evidente. Il contrasto con la
città dove abito per me è sconcertante. A New York non riesco a passeggiare due
minuti senza incrociare tante volanti della polizia, più pattuglie di agenti a
piedi, o a cavallo nel caso di Central Park. Le divise che rappresentano lo
Stato sono ovunque. Forse anche troppo? Mi sono abituato a vivere in una
metropoli “militarizzata”? Sarà. Però almeno vedo a cosa servono le tasse che
pago. E mi sento sicuro. Le statistiche confermano che la criminalità è crollata:
New York che fu una città pericolosa quando la visitavo a vent’anni, oggi ha
bonificato quasi tutti i quartieri, e ogni turista lo sente. Che lo Stato abbia
il controllo del territorio, è evidente e palpabile. D’accordo, abbiamo avuto
l’11 settembre, e ancora di recente qualche terrorista islamico è tornato a
colpire. Da questo punto di vista la mia percezione è illusoria? Forse New York
è meno sicura di Bologna se si guarda ai “grandi rischi”. Eppure per la vita
quotidiana, l’atmosfera che si respira quando si va al lavoro tutti i giorni,
si accompagnano i figli a scuola, si esce con gli amici la sera tardi, la
sensazione è diversa. Senti che lo Stato si occupa di proteggere i cittadini, a
Bologna in certe zone e in certe ore ti chiedi se lo Stato esista. Sono due
città storicamente” di sinistra”: New York ha votato democratico per il 70%.
Però un pezzo della sinistra americana ha imparato questa lezione: la cultura
della legalità, la tutela dell'ordine pubblico, non sono valor di destra. Anzi,
quando una città si sente insicura, i più angosciati sono i meno abbienti; non
quelli che circolano a bordo di limosine con l’autista.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 17
febbraio 2018 -
Io preferisco ritenermi libero di andare a spasso senza polizia, né a cavallo, né al volante...
RispondiEliminaMa io sono per la democrazia e per la libertà e non per la difesa della proprietà che sconfina nel terrorismo psicologico...