In Europa le coltivazioni
geneticamente modificate, a parte una varietà di mais usata quasi solo in
Spagna, sono praticamente bandite. Ma potrebbero tornare se sarà ascoltato un
appello scritto da tredici genetisti e biochimici europei e apparsa su Nature Biotechology “In sintesi,
vogliamo che siano i singoli Stati a scegliere se coltivare Ogm” spiega Roberto
Defez, genetista del Cnr e firmatario dell’appello. “Oggi a decidere è un
comitato in cui sono rappresentati i 28 Paesi, ma dal 2015 è stato introdotto
l’optout: anche se il comitato le
approva, ogni Paese può comunque vietare le nuove varietà del suo territorio.
Si sperava così che i Paesi contrari, come l’Italia, lasciassero alberi gli
altri di coltivare Ogm”. E invece nel 2017 i 19 Paesi opt-out hanno impedito a
tutti, votando contro nel comitato, la coltivazione di tre nuove varietà di
masi ogm. “A questo punto proponiamo di introdurre l’opt-in: se una varietà di Ogm è stata approvata dall’Ente europeo
sulla sicurezza alimentare, i Paesi che vogliono coltivarla lo possono fare,
senza ulteriori veti”. L’idea ovviamente non convince tutti. “Le regole vanno
bene così” dice Vincenzo Vizioli, presidente dell’Associazione italiana
agricoltura biologica. “Introdurre nuovi Ogm non è una cosa che riguardi solo
chi li usa. A contrario, danneggia gli agricoltori biologici, che rappresentano
il settore più dinamico e sostenibile dell’agricoltura europea. Per fare un
esempio: il polline degli Ogm, portato al vento, può impedire la coltivazione
biologica, che per legge non può aver traccia di Ogm nei suoi prodotti, per
molti ettari intorno”. Insomma, è ancora muro contro muro. Ma si intravedono
crepe. “Personalmente credo che gli Ogm già esistenti farebbero bene
all’agricoltura italiana” dice Defez “ma almeno vorrei ottenere l’abolizione
dell’assurdo divieto di coltivare in campo piante modificate a fin di ricerca,
che impedisce di sperimentare in condizioni reali varietà molto promettenti,
resistenti a siccità e parassiti e arricchite di nutrienti benefici”. “Noi non
siamo contrari alla ricerca scientifica” ribatte Vizioli, “quello che ci irrita
è che sia tutta rivolta alle esigenze dell’agricoltura convenzionale, mentre
ignora quella biologica”. E allora potrebbero proprio essere nuove tecniche di
ingegneria genetica, che evitano di trasferire geni fra specie diverse,
producendo le temute “piante Frankenstein”, a gettare un ponte fra i due mondi.
“Vista la diffusa ostilità agli Ogm, in Italia diversi gruppi di ricerca
puntano sull’editing genomico: si fanno precise modifiche ai geni di una specie
per farle acquisire caratteristiche positive imitando quanto accade, ma in
tempi molto più lunghi, in natura con le mutuazioni casuali. Con questa tecnica
si sono ottenute nelle Università italiane varietà di frutta e cereali
indistinguibili da quelli naturali, ma resistenti alle infezioni da funghi.
Sarebbero molto utili nell’agricoltura biologica, dove non potendo usare i
fungicidi di sintesi, si usano i Sali di rame, che però inquinano il terreno,
Ma per renderne possibile l’uso” conclude Defez “bisogna che si distingua
l’editing genomico dai vecchi Ogm: il 22 febbraio, a Roma, si confronteranno
sul tema ricercatori ed esponenti del Ministero dell’Ambiente. Speriamo che il
messaggio passi”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 9
febbraio 2018 –
Nessun commento:
Posta un commento