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giovedì 22 febbraio 2018

Lo Sapevate Che: L'Impresa impossibile di divorziare da una banca...

Travolto dal demenziale impulso di “mettere ordine” in occasione del nuovo anno, affronto uno dei passaggi più frustranti e pericolosi per un essere umano: i conti in banca. Può accadere a chi cambi residenza nel corso della vita, di aprire conti in varie località e di commentare l’errore fatale della cosiddetta domiciliazione delle bollette e dei pagamenti. Non è questione di ricchezza, perché i veri ricchi hanno squadre di contabili e portaborse che ne curano gli affari, e non credo che qualcuno possa dire di avere visto Giovanni Agnelli in fila davanti al cassiere di una filiale, con una bracciata di fatture per saldare le bollette di casa sua. È invece questione di pigrizia. Si crede di aver chiuso un conto, quel piccolo conto che serviva per un abbonamento e per il parchimetro via telefonino, e si scopre che è rimasto misteriosamente aperto ed è ormai in passivo, perché le spese e per “varie”, continuano a correre e l’hanno mandato in rosso. Il pulsante “paga” è spesso bello e invitante. Il comando per sospendere i pagamenti è sapientemente nascosto in una boscaglia di minuscoli caratteri, sprofondato in un rottamaio di collegamenti inutili, coronato dalla più irritante e insolente delle offerte, il “contattaci”. Poniamo di avere aggirato quelle indicazioni prodigiosamente inutili chiamate Faq, Frequendy Asked Questions, le domande più frequenti tra le quali non c’è mai quella che noi vorremmo porre. A quel punto, i tentativi di “contattare” producono colloqui con robot che offrono dieci opzioni, in inglese o in spagnolo qui in Usa, per parlare con un altro robot che propone altre dieci opzioni e poi altre dieci. È una moltiplicazione che alla fine conduce a una suadente voce femminile (sempre femminile, per sedare l’aggressività del chiamante) che spiega come il servizio sia disponibile nelle ore nelle quali tu non ci sei. Ogni conto in banca è un fungo che nasconde il micelio, un reticolato che richiede tempo, pazienza e nervi di ferro per essere estirpato. Divorziare online da una Banca è di fatto impossibile. Il divorzio richiede la persona fisica, il contatto con un bancario che, con aria prima minacciosa e poi disperata, tenterà di dissuadermi dall’insano proposito. Carte dovranno essere firmate. Documenti fotocopiati. Timbri apposti. Direttori consultai. Lettere dovranno essere faxate, soprattutto in Italia, dove la lobby dei fax, quasi estinta altrove, deve essere ancora potentissima, perché impone l’uso di queste creature che emettono fischi, gemiti, ruttini e stridii prima di arrendersi. Anche quando il conto sembrerà chiuso, i tentacoli dell’Iban, quel treno di cifre inventato da un sadico, cercheranno di raggiungerti e toccarti, per evitare che, Do ne guardi, i 53 centesimi di residuo sfuggiti al conteggio finale debbano essere inghiottiti dalla banca, che magari ha miliardi di spazzatura e di soldi pubblici nella pancia. Da un anno ho chiuso un conto con un grande istituto, e ancora mi manda lettere minacciose per ricordarmi che ho una linea di credito aperta, perché il computer, o chi lo programma, è troppo stupido per leggere il saldo, che lui stesso calcola a 0,00. Se tento di pagare, il cyberidiota mi respinge, facendomi osservare che è impossibile versare 0,00. Per dieci mesi una delle Big americane mi ha fatto pagare 31 dollari e 15 centesimi di interessi ogni mese su un mutuo estinto come un tirannosauro. Al momento di chiudere i conti si è accorta dell’errore. Judy Premi l’1 mi ha passato a Lauren Premi il 5 che mi ha confermato, dopo un consulto con Mary Premi il 3, che quei soldi mi verranno restituiti e versati sul conto. Ma il conto non c’è più, e i soldi non possono essere depositati. Premo lo 0 e mi risponde il silenzio.

Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 10 febbraio 2018 -  

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