Etichette

sabato 24 febbraio 2018

Lo Sapevate Che: C'è un alieno sul mio divano (però lo amo)...


Da Qualche Tempo a casa nostra c’è un estraneo. Non lo abbiamo invitato, ma lui ha occupato il nostro territorio con proterva naturalezza. I primi giorni, lo abbiamo osservato mantenendoci a debita distanza, come si fa con gli animali feroci allo zoo con gli insetti raccapriccianti in campagna. Ne eravamo affascinati e intimoriti. Si esprime a monosillabi in una lingua che somiglia alla nostra ma usa parole aliene, spesso incomprensibili (“sbatti, scialla, bellazia”). Pur essendo piuttosto magro, è affetto da voracità bulimica e riesce a ingurgitare, in uno stesso pasto, derrate di cibo sufficienti a sfamare un intero condominio. Dal primo istante del suo soggiorno, senza chiedere il permesso, si è impossessato del divano, su cui suole abitare in posizione rigorosamente sdraiata: vi staziona per ore, in uno stato torpido di semi-incoscienza, un paio di enormi cuffie sulla testa e di giganteschi piedi nudi su un bracciolo. Può dormire così a lungo che a turno controlliamo che respiri ancora. Anche lui osserva noi: ci riserva sguardi di indifferenza, di aperta ostilità ma soprattutto di commiserazione. I primi tempi ritenevamo la sua permanenza transitoria ed eravamo certi che, così come si era materializzato, con il suo incedere da cowboy e la sua cuffia, avrebbe tolto il disturbo. Invece no. L’estraneo è rimasto, e con lui il passo pesante, lo snervante mutismo alternato a dichiarazioni lapidarie e sconnesse dal criptico ma denso contenuto filosofico, i commenti sprezzanti, gli accessi di malumore o euforia, la musica aliena e assordante l’ostilità latente che improvvisamente può virare in affetto esuberante. All’inizio eravamo in cinque: due genitori e tre figli. Non dico fosse facile, anzi: era impegnativo, a tratti sfibrante. Eppure sapevamo sempre cosa fare. Era una vita prevedibile, con regole certe (giusto-sbagliato, sì-no, buono-cattivo, permesso-vietato), una comunicazione fluida e continua e un solido controllo della situazione. Oggi siamo in quattro e un adolescente, più migliaia di interrogativi. “Vuoi venire con noi a vedere una mostra?”, gli domando. Lui sbuffa, alza gli occhi al cielo. “Mi state obbligando?”. “No. Però sarebbe bello stare un po' tutti insieme”. “Mi asciughi, mamma!”. “Prego?”. Scuote la testa. “Io ti amo. Ma tu fai la brava”, mi dice con una carezza. E alla mostra non viene. Ha orari, usi e costumi diversi dai nostri. Ci incrociamo saltuariamente, quasi per sbaglio. Rassegnata alla convivenza con l’alieno, lo scruto di sottecchi, cercando di carpirne i pensieri, i mutamenti, gli umori. Temo il silenzio tra noi. Perché nel silenzio si annidano le paure, i fantasmi, le recriminazioni e i rancori. Ho paura, nel silenzio, di svegliarmi un giorno e trovare un uomo che non riconosco perché oggi non sono stata capace di ascoltarlo. Così cerco di insinuarmi tra le maglie della sua corazza, di approfittare della sua guardia abbassata. “Sabato mattina ti accompagno a scuola e se vuoi facciamo colazione insieme al bar”. Lui biascica un grazie, le labbra si piegano all’insù in un impercettibile sorriso. Provo, fallisco, ritento. Ricevo molti no e una preziosa manciata di sì, grazie ai quali scopro una nuva complicità, la magia di ridere delle stesse cose. Sono squarci di meraviglia che durano poco. Poi si rimette le cuffie, si sdraia sul divano e torno l’astrobiologa che studia l’extraterrestre. Qualche giorno fa è stato zitto per ore, ostile, respingente, asserragliato nel suo antro. Poi ne è uscito e mi si è avvicinato sorridente: “Ehi, mamma, passiamo un po' di quality time insieme mentre mi lavo i denti?”, ha domandato. È un incomprensibile estraneo, ma credo di volere che resti sul mio divano ancora a lungo.
Claudia de Lillo – Opinioni – Donna di La Repubblica – 17 febbraio 2018 -

Nessun commento:

Posta un commento