Più diritti per i crostacei. Lo ha
deciso il governo svizzero, che ha vietato la cottura di aragoste e astici
vivi. Dal primo marzo non sarà più
possibile immergere nell’acqua bollente i ricercatissimi decapodi restando
insensibili al loro grido di dolore. E sarà proibito anche il trasporto nel
ghiaccio tritato, che è causa di grandi sofferenze per le povere bestie.
Concessa invece l’acqua di mare. Qualche chef stellato ha protestato in nome
delle superiori esigenze dell’alta cucina. “Mi dispiace per le aragoste” ha
detto uno di loro “ma è l’unico modo”. A dire il vero l’argomento non sembra né
rispettoso né rispettabile. Anche perché mettere dolore e sapore sui due piatti
della bilancia, contrapponendo il peso dell’uno, significa eliminare dalla
cucina qualunque ragione di ordine etico. E considerare gli animali non come
degli esseri viventi, ma semplicemente come carne più o meno pregiata, venuta
al mondo a nostro uso e consumo. In realtà la decisione delle autorità
elvetiche testimonia un ulteriore spostamento della soglia della sensibilità e
fare un nuovo passo avanti alla discussione sui diritti delle altre creature. E
le nuove disposizioni di Berna stanno riaccendendo il dibattito anche
nell’Unione Europea, dove mancano norme in materia. Fino a qualche anno fa una
legge del genere sarebbe stata impensabile, ma adesso i tempi stanno per
cambiare. Perché ormai è scientificamente provato che i viventi, con le zampe o
con le chele, con le ali o con i tentacoli, sono in grado di soffrire. E anche
le aragoste, nel loro piccolo, s’incazzano. E quindi la compassione nei loro
confronti diventa la cartina di tornasole della nostra civiltà. O della nostra
crudeltà.
Marino Niola
– Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 2 febbraio 2018 -
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