Sul taxi che lo portava a Manila ebbe
tempo per due riflessioni: i controlli in aeroporto erano tornati laschi e
Laura aveva un altro. La prima considerazione era positiva. La casa
farmaceutica lo metteva su un aereo cento volte all’anno, moltiplicato per
un’ora erano già quattro giorni di vita guadagnati. Mentre applicava la tara di
sette ore di sonno, si complimentò con l’azione decisa del presidente Duterte
contro il crimine. In quel momento il taxi venne bloccato. Quattro banditi con
il mitra fecero sdraiare l’autista a terra con le mani dietro la nuca.
L’occidentale fu sgusciato e caricato su un’altra auto. I quattro parlavano
tutti insieme in pilipino interrotto dalla frase ossessiva “we Kill You”. Dopo
venti minuti di strada si fermarono in mezzo alla giungla. Gli tolsero tutto
salvo le mutande e se ne andarono. Non lo avevano ammazzato. Solo uno, per
darsi peso, gli aveva appoggiato la canna all’orecchio. Incominciò a camminare
senza orientamento mentre si scatenava un acquazzone monsonico. Cercò di
ritrovare la via dell’aeroporto, ma si infilò ancora più dentro la giungla.
Laura passava troppo tempo al telefono, ultimamente. Era distratta, non si
lasciava toccare volentieri. Quel viaggio a Manila era una splendida
opportunità per lei. La vide piangere, di gioia segreta, mentre il feretro
veniva sbarcato dall’aereo. Senza parlare dei 300 mila euro dell’assicurazione.
Mentre stava cadendo in uno stagno, vide la luce di una baracca. Promise ai
contadini una fortuna in cambio di un passaggio in biroccio alla stazione di
polizia. Gli agenti stavano guardando Lakers-Clippers. Il Più giovane,
parecchio seccato, fu incaricato del verbale. In inglese gergale gli disse che
il giorno prima avevano sgozzato un giapponese. “They hate Nips”, commentò
mettendogli un timbro su un foglio di carta velina. Lo riportarono in hotel.
Alla reception si dissero dispiaciutissimi: Manila non è solo questo. Per
dimenticare la brutta avventura gli proposero una complimentary night in un
bordello di prima classe non lontano o con servizio in camera, se preferiva. Si
trovò a scegliere da un album di foto. Laura aveva un altro, l’avrebbe avuto
presto. Meglio portarsi avanti con la vita.
Gianfrancesco Turano – L’Espresso
– 4 febbraio 2018 -
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