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mercoledì 28 febbraio 2018

Speciale: Menù di fine Febbraio!...


Verdure e Uova con salsa alle Acciughe
Per 4 persone

10 acciughe sotto sale, 1 cucchiaio di aceto rosso, 1 spicchio d’aglio, 2 uova, 2 carote, 2 coste di sedano, 1 finocchio, 2 cipollotti, prezzemolo fresco, una baguette, olio, sale.

Pulire le acciughe con un panno morbido, cercando di eliminare tutto il sale esterno. Diliscarle. Tritare finemente lo spicchio d’aglio.
In un pentolino con un dl d’olio, unire l’aglio, i filetti di acciuga spezzettati e l’aceto. Far cuocere la salsa a fuoco molto basso, fino a completo scioglimento delle acciughe. Mettere le uova in un pentolino con acqua fredda e farle bollire per 8 minuti dall’acqua in ebollizione.
Fatele raffreddare sotto l’acqua corrente, sgusciatele e tagliatele a metà.
Riducete a filettini le carote, a foglie il finocchio e le più grandi a metà, i cipollotti tagliati a metà, le coste di sedano a pezzetti.
Tagliate il pane a fettine sottili e tostatele sotto il grill.
Versate la preparazione, ormai raffreddata, in una ciotola. Disponete la ciotola su un largo piatto da portata, che contornerete con le verdure, il pane e le uova. Cospargere la salsa con pochissimo prezzemolo tritato.

Torta Rustica di Prosciutto e Ricotta
Per 6 persone

Per la pasta: 250 gr di farina, 100 gr di burro, lievito di birra gr 15, 3 uova, sale.

Per il ripieno: 200 gr di ricotta romana, 100 gr di gruviera o parmigiano, 60 gr di prosciutto crudo, 60 gr di prosciutto cotto, 2 uova, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe.

Formate un panetto con ¼ della farina, il lievito e poca acqua tiepida: incidetelo a croce e lasciatelo in una scodella piena di acqua tiepida, finché verrà a galla.
Impastate il resto della farina con il burro, 2 uova e poco sale. Unitevi il panetto, lavorate l’impasto, copritelo con un tovagliolo e fatelo lievitare per circa ½ ora.
Mettete in una terrina il formaggio grattugiato, il prezzemolo, i prosciutti a listerelle, la ricotta, un tuorlo e un uovo intero, salate, pepate e mescolate.
Dividete la pasta in 2 parti, di cui, una più grande dell’altra. Spianate la maggiore in una sfoglia dello spessore di circa un centimetro e rivestite una tortiera, imburrata e infarinata. Ricopritela con il ripieno pareggiandolo con un cucchiaio.
Battete l’uovo rimasto e lucidate i bordi della torta.
Stendete il resto della pasta formando un disco del diametro della tortiera e ricopritene il ripieno, pressando un poco sui bordi. Lucidate la superficie con il resto dell’uovo sbattuto e cuocete in forno preriscaldato a 190° per 40 minuti. Servite la torta calda.

Creme Brûlé al te Verde, Ricetta Australiana
Per 6 persone

6 tuorli d’uovo, 6 cucchiai di zucchero di canna, 12 cucchiaini di zucchero caramellato, 400 gr di panna da cucina, 3 cucchiaini di tè verde. Stampini di ceramica da forno.

Scaldare il forno a 140°.
Nel frattempo sbattere i tuorli d’uovo con la frusta e mescolarli insieme allo zucchero di canna e a tè verde, aggiungere la panna da cucina e continuare a lavorare gli ingredienti fino ad ottenere un composto spumoso.
Distribuire la crema all’interno di stampini con ciascuno 1 cucchiaino di caramello nel fondo. Sistemarli in una teglia riempita di acqua fredda e trasferirli nel forno già caldo per 45 minuti. Fin che si formerà in superficie una crosticina dorata. Lasciare raffreddare la crema e trasferirla in frigo.
Servire decorando in superficie ancora con un cucchiaino del residuo caramello.

E per finire riscaldarci con:

Punch al Mandarino
Per 4 persone

4 mandarini, un pezzo di noce moscata, 4 cucchiaini di zucchero, liquore al mandarino. Bicchierini da punch.

Mettete sul fuoco 8 cucchiai di acqua, il succo di 4 mandarini, un pezzo di noce moscata e 4 cucchiaini di zucchero. Scaldare mescolando, fin quando raggiunge il bollore: versate nei bicchierini da punch (prima riscaldati) e unire 4 o 5 cucchiai di liquore al mandarino in ogni bicchierino. Servire subito.

Lo Sapevate Che: Il Virus del voto facile penalizza i più bravi...


Alla Cerimonia Finale di consegna dei diplomi, sotto le anguste volte dell’antico liceo dei Gesuiti a Washington, il presidente annunciò trionfante a noi genitori che il 99 per cento degli iscritti era riuscito a concludere i quattro anni con successo. Era un record nei due secoli di esistenza per quella scuola. Ma insinuava u dubbio nei pensieri di un padre, io. Quel 99 per cento di diplomati poteva significare che quell’istituto era eccellente. O che anche l’antico liceo, dove presidenti americani erano andati alla vicina Casa Bianca a tenere lezioni di latino e greco, era stato infettato dal virus della grade inflation, inflazione dei voti, e quindi dai diplomi facili. La memoria mi riportò naturalmente al mio liceo-ginnasio di Milano, che dovevo raggiungere camminando per chilometri nella neve alta (in realtà ci andavo in poche fermate di autobus, ma ho sempre voluto scriverla, questa storia del sentiero nella neve), scuola celebre per la ferocia dei professori che decimavano ogni anno le classi. Dei 36 ragazzi e ragazze ammessi alla quarta ginnasio, soltanto 15 arrivarono alla maturità. Erano massacri che oggi porterebbero legioni di padri e madri a marciare con i forconi sull’istituto, o a ricorrere alla giustizia per migliorare i voti dei figli. Ma in una nazione come gli Stati Uniti, nella quale il titolo di studio non ha valore legale e la qualità dell’istruzione impartita si giudica dal liceo o dall’università frequentati (o dell’asilo, nelle comunità più nevrotiche come New York), i voti e la media diventano essenziali. E tanto le private come le pubbliche sono motivate ad aumentarli. Le scuole private devono far vedere che le cifre pagate per i cari figlioletti sono giustificate, perché le famiglie sono prima di tutto clienti. Le scuole pubbliche più svantaggiate pompano voti e distribuiscono diplomi per dare a quei ragazzi e ragazze una speranza di accedere a un college, o di trovare lavori per i quali è richiesto almeno il titolo di scuola superiore, richiesto. Gli insegnanti sono complici, per non essere accusati di non saper insegnare. Ma il gioco è ormai troppo scoperto per funzionare. Un’inchiesta condotta lo scorso gennaio nelle scuole pubbliche di Washington ha svelato che la metà dei diplomi dei licei pubblici non sono giustificati dalla preparazione. Ai test di ammissione all’università chiamati Sat, standardizzati per tutta la nazione, la media del punteggio scende in proporzione inversa alla media dei voti. Studenti con medie molto più alte rispetto a 20 anni or sono, hanno risultati decisamente più bassi. La prova che molti di quei voti sono fasulli. L’inflazione monetaria illude, creando aumenti nelle retribuzioni vanificati dall’aumento del costo della vita (guadagnare 10mila euro al mese non significa nulla se il pane costa 20mila euro al chilo); allo stesso modo, l’inflazione dei voti toglie loro valore. E penalizza ingiustamente gli studenti che si applicano di più. Se tutti prendono un A, prendere un A non ha più merito. Persino a Harvard, considerata tra le università più severe, il virus del voto facile ha attecchito So, per qualche esperienza di insegnante nei college Usa, che è molto più comodo elargire il massimo dei voti a tutti e risparmiarsi lagne, proteste, ore di istruzione supplementari, note negative nell’albo dei giudizi che gli studenti, anonimamente, compilano alla fine del corso. Anche questo dei voti facili è soltanto un metodo per aggirare e rimandare quello che poi la vita si incaricherà di fare: la selezione di merito. Quella che la scuola ha sempre meno il coraggio di fare per quieto vivere, e che incoraggia poi la ricerca di vie traverse, raccomandazioni, amicizie, familismo e corruzione.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 17 febbraio 2018 -

martedì 27 febbraio 2018

Lo Sapevate Che: Sentirsi al sicuro a New York ma non a Bologna...


Consideratemi Un Turista. Nel bene e nel male. Quando rientro in Italia è per periodi brevi, del mio paese ho impressioni veloci, fugaci. Non ho titolo per pontificare sui vostri problemi quotidiani. Però, a volte, i visitatori occasionali scorgono sprazzi di verità. L’estraneo che passa a trovarti a casa tua magari nota quella macchia di umidità sul muro che tu non vedi più, perché ci sei abituato. L’ultima volta ho fatto un piccolo giro d’Italia in due settimane, fra tournée teatrale e dibattiti sul mio nuovo libro. Praticamente ogni sera ero in una città. L’unica dove sono passato più volte, per comodità di collegamenti, è Bologna. Come accade per chi fa teatro, spesso rientravo a tarda sera. L’hotel era davanti alla stazione. Ed è lì che il vostro turista di passaggio ha raccolto le impressioni. Per me Bologna non è una città qualsiasi. Quando ero ventenne era la nostra “capitale rossa”, la vetrina del Pci, un modello di buona amministrazione esportabile a livello nazionale e studiata all’esterno. Di volta in volta per me è stata anche la città di Umberto Eco e Lucio Dalla; vi ho stretto tante amicizie; vado spesso a presentare i miei libri alla Coop-Ambasciatori con Romano Montroni (il “libraio d’Italia”). La vedo capitale di una regione altamente tecnologica che esporta nel mondo. Con l’inaugurazione di Fico (la cittadella delle gastronomie regionali) si è data un nuovo polo d’attrazione, valorizzando le eccellenze nel cibo. Rimane giovane grazie alla popolazione studentesca ricca di storia e sede di una università più antica della Sorbona. Si capisce che il mio giornale l’abbia scelta per tenerci i festival Repubblica delle Idee. Che tristezza, però, il quartiere della stazione di sera. Squallore, disagio, paura. L’area è desolata, inquietudine, mal frequentata. Piccola delinquenza e spaccio. Immigrati clandestini. E poca presenza di polizia (è la situazione di tante stazioni d’Italia grandi e piccole, lo so, ma parlo di Bologna per le ragioni di cui sopra). Dov’è lo Stato? Lì, la sua assenza è evidente. Il contrasto con la città dove abito per me è sconcertante. A New York non riesco a passeggiare due minuti senza incrociare tante volanti della polizia, più pattuglie di agenti a piedi, o a cavallo nel caso di Central Park. Le divise che rappresentano lo Stato sono ovunque. Forse anche troppo? Mi sono abituato a vivere in una metropoli “militarizzata”? Sarà. Però almeno vedo a cosa servono le tasse che pago. E mi sento sicuro. Le statistiche confermano che la criminalità è crollata: New York che fu una città pericolosa quando la visitavo a vent’anni, oggi ha bonificato quasi tutti i quartieri, e ogni turista lo sente. Che lo Stato abbia il controllo del territorio, è evidente e palpabile. D’accordo, abbiamo avuto l’11 settembre, e ancora di recente qualche terrorista islamico è tornato a colpire. Da questo punto di vista la mia percezione è illusoria? Forse New York è meno sicura di Bologna se si guarda ai “grandi rischi”. Eppure per la vita quotidiana, l’atmosfera che si respira quando si va al lavoro tutti i giorni, si accompagnano i figli a scuola, si esce con gli amici la sera tardi, la sensazione è diversa. Senti che lo Stato si occupa di proteggere i cittadini, a Bologna in certe zone e in certe ore ti chiedi se lo Stato esista. Sono due città storicamente” di sinistra”: New York ha votato democratico per il 70%. Però un pezzo della sinistra americana ha imparato questa lezione: la cultura della legalità, la tutela dell'ordine pubblico, non sono valor di destra. Anzi, quando una città si sente insicura, i più angosciati sono i meno abbienti; non quelli che circolano a bordo di limosine con l’autista.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 17 febbraio 2018 -

Lo Sapevate Che: Il racconto: sto diventando cieco, e vedo meglio la vita...


Dicono che la morte arriva come un ladro nella notte. La calamità che mi ha rubato la vista, lo ha fatto mentre dormivo: sono andato a letto vedendo il mondo in un modo; mi sono svegliato vedendolo in un altro modo. È successo circa quattro mesi fa. Sono andato a letto convinto di avere più o meno il controllo della mia vita. Mi sono svegliato accorgendomi di quanto fosse ridicola quella convinzione.
Così ho cercato di abituarmi, in mezzo al disorientamento quotidiano, a leggere e digitare con una nebbia spessa e maculata che copriva tutta l'estremità destra del mio campo visivo, che a tratti era inclinato e inservibile. Ho anche lottato per non farmi prendere dalla rabbia e dalla paura che non nasceva tanto da quello che avevo già perso, ma da quello che poteva ancora perdere. Nei prossimi cinque anni, c'è una possibilità più o meno del 20 per cento che quello che è successo al mio occhio destro possa capitare anche al sinistro. Potrei diventare cieco.
Le probabilità sono dalla mia parte. Però la posta in gioco è enorme. E allora? Quella prima mattina quando mi sono seduto al computer per trascrivere una lunga intervista, mi sono tolto ripetutamente gli occhiali per pulirli, convinto che quella vista così distorta fosse dovuta a qualche striatura sulle lenti. Quando finalmente ho abbandonato questa illusione, mi sono lavato gli occhi con l'acqua, ma senza risultato.
Il mattino seguente sono andato dal mio oculista: mi ha detto che avevo bisogno di un neuroftalmologo. Ne ho trovata una, Golnaz Moazami, che dopo tre ore tediose a fissare diagrammi, motivi colorati e macchinari sofisticati, mi ha detto che avevo avuto quasi sicuramente quello che colloquialmente viene chiamato "ictus dell'occhio", in cui il nervo ottico esce devastato da una breve riduzione del flusso sanguigno, e quindi dell'ossigeno. È una cosa che tende a succedere dopo i cinquant'anni. (Io ne ho cinquantatré.)
Sarei sorpresa, mi ha detto la dottoressa, se il cervello riuscisse ad adeguarsi, lasciando una vista interamente funzionale. Non c'era nulla che potessi fare (dieta, esercizio fisico, nulla di nulla) per influenzare l'esito. Di sicuro avrei fatto bene a bere tanta acqua, soprattutto prima di andare a letto. Probabilmente avrei dovuto prendere una cardioaspirina tutti i giorni, per favorire il flusso sanguigno. Principalmente avrei dovuto pregare.
La religione non è la mia specialità. Me la cavo meglio col dramma. Ho chiamato Tom, mio partner da più di nove anni: "Mi ameresti ancora con il bastone e il vizio di andare a sbattere dappertutto?". Ho chiamato tre dei miei migliori amici: "Sono grasso, sono vecchio e ora sono un ciclope. Pensate che qualcuno possa essere interessato ai diritti cinematografici?". Ho chiamato mia sorella: "Devi regalarmi il tuo cane. Ma prima devi fargli fare un corso di accompagnatore per ciechi". Il mio telefono ben presto ha esaurito la carica. Il mio corpo ne era pieno.
Una settimana dopo la prima visita, la dottoressa Moazami mi ha confermato che avevo il Naion. "È grave, vero?", ho chiesto alla dottoressa. "È grave", mi ha risposto lei, aggiungendo, dopo una pausa imbarazzata: "Mi dispiace. Non ho nulla da offrirle". Ma aspetti, una cosa c'è, in realtà: la sperimentazione clinica di un farmaco sperimentale. Lo volevo. Così sono diventato una cavia oculistica. Avete mai guardato le immagini di un nervo ottico? Io ne ho guardate tante che ci potrei riempire il Louvre. E non riesco a capacitarmi di quanto sembri fragile, questo filo sottile, alimentato da una dozzina di minuscoli vasi sanguigni, che lega la parte posteriore dell'occhio al cervello e decide, da solo, se puoi vedere il tramonto del sole o un soufflé che si gonfia.
Per il primo mese dopo la diagnosi, mi sorprendevo a sfregarmi distrattamente gli occhi, come fanno tutti, e il terrore mi attraversava come una scossa elettrica. Ero stato troppo rude? Il mio nervo congestionato era ancora a posto? Le notti erano la parte peggiore. Se l'occhio sinistro mi avesse abbandonato, probabilmente lo avrebbe fatto di notte anche lui. Tutte le mattine la stessa storia: una fitta di apprensione, poi un impetuoso sospiro di sollievo. Ci vedevo ancora. E ci vedo ancora. L'enigma emotivo - è la distanza fra la sopportabilità delle mie circostanze attuali e quello che potrebbe riservarmi il domani. Per il momento i miei handicap sono trascurabili. Leggo un po' più lentamente di prima. Gli errori mentre digito si sono moltiplicati. I miei sms sono comici.
Ma nella maggior parte dei casi riesco a compensare con un surplus di determinazione e attenzione, e ho imparato che la miglior risposta alla debolezza è la forza: dimostrare a te stesso che sei ancora in grado di fare le cose. Mi sono ritrovato a fare l'inventario di tutti gli ostacoli e sconvolgimenti dell'esistenza con cui dovevano fare i conti persone che conoscevo: bambini autistici, genitori con l'Alzheimer, crisi finanziarie, catastrofi lavorative, dipendenze, abusi.
Nonostante il mio disturbo all'occhio, ho una vita fantastica: sicurezza economica, possibilità di avere cure mediche di qualità, una relazione duratura con un uomo il cui viso continuerà a deliziarmi fintanto che sarò in grado di contemplarlo, e dopo sarà la sua voce, che adoro anche quella, a farlo. Quello che sto passando è quello che tutti sopportano quando gli anni si accumulano e il logorio del corpo comincia a farsi evidente. È l'invecchiamento scritto a grandi lettere. Sto andando a sbattere contro i miei limiti. Il trucco sta nel capire quando focalizzarsi su di essi e quando guardare da un'altra parte. La terza iniezione è stata l'ultima, e non c'è nessun segnale concreto che la terapia stia salvando il mio nervo devastato, come dovrebbe. Ma è troppo presto per giungere a qualsiasi conclusione: rimarrò sotto osservazione per altri otto mesi.
E cercherò di togliermi dalla testa il Naion, a parte l'acqua e l'aspirina. Le cime non fanno più per me, ma durante una corsa, qualche settimana fa, sono salito sulla cresta di una modesta collina. Non l'avevo cercato, ma di fronte a me c'era un panorama fantastico: il fiume Hudson, grigio, sinuoso, maestoso. Potevo vedere a monte. Potevo vedere a valle. Che fortuna, che felicità: potevo vedere per miglia e miglia.
Frank Bruni – La Repubblica – 25  febbraio 2018 -
traduzione di Fabio Galimberti

lunedì 26 febbraio 2018

Speciale: Zuppe e Minestre caldissime!...


Calda Zuppa di Cereali e Legumi misti
Per 6 persone

120 gr di farro, 120 gr di orzo, 120 gr di grano, 120 gr di ceci, 120 gr di fagioli, 120 gr di fave, 120 gr di lenticchie, 2 cipolle, 3 foglie di alloro, 1 spicchio d’aglio, un pezzo di peperoncino, 300 gr di polpa di pomodoro, un pizzico di maggiorana. Fette di pane casareccio per accompagnare.

Mettere a bagno separatamente i cereali e i legumi, sciacquati, in abbondante acqua fredda leggermente salata per 12 ore. Sciacquare e scolare cereali e legumi.
Mettere in un tegame i ceci, coprirli con abbondante acqua, aggiungere la foglia di alloro e lo spicchio d’aglio sbucciato. Farli cuocere a fuoco moderato per circa 3 ore. Salarli al termine della cottura.
Far cuocere separatamente i cereali e i legumi rimasti, coperti con abbondante acqua, aggiungendo qualche fetta di cipolla sbucciata e la foglia di alloro. Farli cuocere per un’ora circa, salarli quasi al termine della cottura.
Tritare la polpa di pomodoro. Sbucciare la cipolla rimasta, lavarla e affettarla finemente. Farla appassire in un tegame con 3 cucchiai d’olio, il peperoncino e la maggiorana. Aggiungere i pomodori, insaporire con un pizzico di sale e far cuocere la salsa 15 minuti, mescolando di tanto in tanto. Scolare i cereali, i ceci e gli altri legumi, unirli alla salsa di pomodoro e farli insaporire per 8 minuti.
Servire la zuppa caldissima accompagnata con pane casareccio tostato sotto il grill.

Zuppa con Ciceri e Tria del Salento
Per 4 persone

250 gr di ceci, 300 gr di farina di grano duro, sedano, cipolla bianca, alloro, olio, sale.

Fare bollire i ceci, messi a bagno preventivamente la sera precedente in acqua tiepida salata, in acqua aromatizzata con l’aggiunta di qualche foglia di alloro. (se si ha fretta si possono usare quelli in scatola al naturale).
Quando saranno morbidi, scolarli e ripassarli in un tegame nel quale sarà stato fatto un soffritto con la cipolla tritata insieme a 2 gambi di sedano.
Disporre la farina a fontana, aggiungere un pizzico di sale e lavorare con acqua tiepida, fino a ottenere un impasto omogeneo e compatto. Coprire l’impasto con un telo e lasciare riposare per 10 minuti.
Stendere con l’aiuto del matterello una sfoglia sottile e con il coltello tagliare delle striscioline di 7 mm. Unire la pasta nel tegame dei ceci, mescolare il tutto e servire ben caldo. Delizioso!

Zuppa alla Messicana
Per 6 persone

3 carote, 450 gr di pomodori maturi e sodi, 2 cipolle, 1 spicchio d’aglio, un ciuffetto di maggiorana e timo freschi, 1 pezzetto di cannella, 1 cucchiaio di capperi dissalati, 60 gr di olive verdi snocciolate, 60 gr di Emmental grattugiato grossolanamente, 50 gr di uvetta sultanina, cannella in polvere, peperoncino rosso fresco piccante tritato finemente, 3 uova, 1 lt e ½ di brodo di pollo, vino bianco secco, 8 fette di pane casareccio, burro, olio, sale e pepe.

Pulire le carote e tritarle grossolanamente.
Mettere in brodo di pollo in una casseruola e unirvi le carote, un pezzetto di cannella, un ciuffetto di timo e maggiorana, una grattugiata di pepe, ½ bicchiere di vino bianco e portare a bollore. Fare cuocere per 10 minuti. Togliere dal fuoco ed eliminare la cannella e le erbe aromatiche.
Mettere le uova in una casseruolina con acqua fredda e dal bollore farle bollire per 10 minuti. Raffreddarle sotto l’acqua corrente e sgusciarle.
Lavare i pomodori e tagliarli a tocchetti. Pulire le cipolle e affettarle sottilmente.
In un tegame con 3 cucchiai d’olio fare rosolare le cipolle, unire i tocchetti di pomodoro e l’aglio. Unire il peperoncino e salare. Lasciare cuocere per 10 minuti.
Mettere l’uvetta sultanina a bagno in acqua tiepida. Tritare grossolanamente le olive verdi.
Tagliare il pane a dadini e farlo abbrustolire in una grande padella dove avrete fatto sciogliere 40 gr di burro. Riportare a bollore il brodo.
In una grande zuppiera che possa andare in forno, mettere i dadini di pane, distribuendoli bene sul fondo della zuppiera. Versarvi sopra i tocchetti di pomodoro con le cipolle, le uova affettate e il brodo caldo. Distribuire sopra i capperi e le olive, l’uvetta scolata e strizzata. Aggiungere un pizzico di cannella in polvere. Mettere la zuppiera in forno preriscaldato a 220° per 10 minuti. Al momento di servire spolverare con l’Emmental. Facile, veloce, gustosissima e calda che riscalda!!!

Lo Sapevate Che: Anche lui lavora a tempo determinato. Me lo ha detto un amico meteorolo


Sarà l’internazionale dei robot, sarà la processione degli equinozi, ma la sensazione di sicurezza ha un po' l’affanno. La gente che scendeva a manifestare per il sì o per il no adesso sfila per il forse. Voci malevole sostengono che il populismo verrà sostituito dal botulismo. Le convinzioni faticano, nella personale mente di ognuno, a raggiungere la maggioranza per farlo agire. Le banche bramano iniezioni di solidità, la Cia può solo sperare di manipolare Saremo, ma anche in tv se ne accorgono tutti. La lealtà è virtuale, l’inno beethoveniano è alla noia, le guide supreme sono impoltronite.
Chi vuole un0ora di futuro deve inserire un gettone nel parchimetro, e tutti, ma proprio tutti, tengono a far sapere che sono diversamente informati. Anche se il Paese invecchia, si prega di allacciare le cinture di castità e di non fumare.
Massimo Bucchi – Sottovuoto – Il Venerdì di La Repubblica – 23 febbraio 2018 -

domenica 25 febbraio 2018

Speciale: La vostra Prima Colazione!...


Colazione con Torta Morbida
Per 6 persone

200 gr di farina, 200 gr di burro, 200 gr di zucchero semolato, 4 uova, sale, la buccia grattugiata di un limone non trattato. Burro e farina per la pirofila.

Tagliare il burro a pezzi e farlo fondere a bagnomaria.
In una terrina lavorare i tuorli d’uovo con lo zucchero sino ad ottenere un composto gonfio e spumoso, aggiungere poco alla volta la farina e il burro fuso, un pizzico di sale e la buccia grattugiata del limone. Mescolare gli ingredienti sino ad ottenere un composto omogeneo e infine incorporare gli albumi delle uova montati a neve fermissima. Versare l’impasto nella pirofila rotonda di circa 25 cm di diametro, ben imburrata e infarinata.
Fare cuocere in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti. Sfornarla, sformarla e lasciare raffreddare.
Offrire a fette per la prima colazione. Volendo può servire come base per un’ottima torta ripiena di creme o marmellate.

Colazione e Dessert di Muesli al Cioccolato
Per 2 persone

250 gr di yogurt intero cremoso al naturale, miele di acacia, 2 piccole arance, 2 mandarini, 2 fette di ananas fresco, una vaschetta di lamponi, scaglie di cioccolato, lamelle di mandorle, zucchero in granella.
Mescolate lo yogurt con un cucchiaio di miele di acacia, dividetelo in parti uguali in 2 grosse tazze.
Distribuite sopra ciascuna tazza una piccola arancia pelata al vivo e ridotta a pezzetti, gli spicchi sbucciati di un mandarino, una fetta di ananas fresca tagliata a pezzetti e mezza vaschetta di lamponi. Cospargete il tutto con delle scaglie di cioccolato, un cucchiaio di lamelle di mandorle tostate in forno e 3 cucchiaini di zucchero in granella.

Colazione con Scones, Formaggio fresco e Uova alla coque
Per 6 persone

400 gr di farina, 80 gr di burro, 15 gr di lievito in polvere lievitante, 150 gr di parmigiano grattugiato, 2 cipollotti , 8 fettine di bacon, 1 yogurt naturale intero, 1,2 dl di acqua, 1 cucchiaino di sale, 1 cucchiaino di pepe nero macinato; 300 gr di formaggio fresco lavorato con 2  cucchiaini di erba cipollina fresca tritata. Sei uova freschissime (tolte dal frigorifero ½ prima del consumo ad evitare che durante la cottura si rompa il guscio).

In una terrina mescolare la farina con il sale e il lievito. Aggiungere il burro a pezzetti, sfregare bene gli ingredienti fra le mani fino ad ottenere una consistenza sabbiosa. Unire il parmigiano grattugiato e i cipollotti affettati finemente.
Riscaldare il forno a 200° e far tostare le fettine di bacon per pochi minuti, tamponare con carta assorbente da cucina il grasso superfluo, spezzettarlo e unirlo all’impasto. Versare lo yogurt e impastare rapidamente il tutto. Formare una palla, infarinarla e trasferirla in una teglia rivestita da carta da forno. Schiacciatela con le mani formando un disco piatto, alto 2 centimetri. Inciderla a spicchi.
Far cuocere per 40 minuti a 180. Lasciare riposare 15 minuti coprendo la preparazione con un canovaccio da cucina.
Servire gli scones con le uova alla coque (mettere le uova in acqua fredda e dal momento dell’ebollizione, far bollire per tre minuti. Toglierle dall’acqua) e il formaggio fresco all’erba cipollina.
         
Muffins tradizionali
Per 4-6 persone

1 uovo, 100 gr di zucchero, 200 gr di latte, 100 gr di burro, 300 gr di farina, 15 gr di lievito in polvere, un pizzico di sale. Per gli stampini: 30 gr di burro, 30 gr di farina.

Montare un poco l’uovo con lo zucchero, con una frusta. Versatevi poco per volta il latte, il burro fuso a parte e infine aggiungete la farina mescolata al lievito e il sale. Amalgamate gli ingredienti e versate il composto negli stampini imburrati e infarinati. Far cuocere in forno preriscaldato a 180° per 20 minuti.

Muffins di Mele e Carote
Per 4-6 persone

400 gr di mele, 400 gr di carote, 425 gr di farina, 300 gr di zucchero, 20 gr di lievito in polvere, 70 gr di farina di noce di cocco disidratata e frullata, 3 uova, 320 gr di olio di mais, 1 bustina di vanillina, la buccia di 1 limone grattugiata.
Per gli stampini: 30 gr di burro, 30 gr di farina.

Spuntare le carote, pelarle, lavarle e grattugiarle.
Sbucciare le mele, privarle del torsolo e dei semi e grattugiarle. Mescolare le mele e le carote grattugiate, aggiungere le uova, l’olio, la buccia di limone e la vanillina. Mescolare gli ingredienti, unire lo zucchero e la farina mescolata al lievito e la farina di noce di cocco. Amalgamare bene tutti gli ingredienti.
Versare il composto negli stampini imburrati e infarinati. Cuocere i muffins in forno preriscaldato a 180° per 25 minuti.

Brownies
Per 4-6 persone

2 uova, 200 gr di zucchero, 75 gr di cioccolato fondente, 75 gr di burro, 60 gr di farina, ½ cucchiaino di lievito in polvere, 1 bustina di vanillina, 100 gr di gherigli di noci, un pizzico di sale.
Per lo stampo: 20 gr di burro, 20 gr di farina.

Montare le uova intere con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso. Mettere il cioccolato tritato grossolanamente in un tegamino, aggiungere il burro a pezzetti, farlo fondere a bagnomaria e unire il composto alle uova, aggiungere la farina setacciata con il lievito e il sale, mescolarvi le noci tritate grossolanamente e la vanillina.
Versare il composto in uno stampo quadrato di cm 20 per 5 di altezza, imburrato e infarinato e far cuocere in forno preriscaldato a 180° per 35 minuti. Togliere dal forno, far raffreddare e tagliare a quadrotti.

Pancakes
Per 4-6 persone

Come si preparano:
mescolare 450 gr di farina con 500 gr di latte, ½ bustina di lievito e un uovo, lavorare finché l’impasto risulterà ben liscio e omogeneo. Versare la pastella ottenuta a cucchiaiate in una padella unta di burro (solo per il 1° pancake), formando delle frittelle del diametro di 10-12 cm. Cuocerle da entrambe le parti.

Lo Sapevate Che: I Giovani eroi di se stessi...


Ho sedici anni e frequento la quarta liceo classico. La mia domanda è: perché ispirarci a qualcun altro, perché mettere sul piedestallo vincitori che non siamo noi e consegnare medaglie a chi non ha la nostra stessa storia? Credo profondamente che tutti noi siamo artefici vittoriosi delle azioni che legano gli snodi principali della nostra vita. Noi siamo gli eroi del nostro mondo interiore, gli idoli dei nostri desideri e dei nostri sogni. Non abbiamo bisogno di canoni a cui ispirarci, perché il modello siamo noi come progetto finale. Collezioniamo sentimenti, vittorie talvolta sconfitte, dolori; riempiamo le nostre bacheche di obiettivi, credendo che un giorno potranno trasformarsi in trofei. Ma i nostri idoli siamo già noi. Toccando le nostre corde, riusciamo a intrecciare insieme le persone che vogliamo diventare. E proprio per questo, mai potremmo diventare qualcun altro. Noi vogliamo rimanere ciò che siamo. Quante volte abbiamo combattuto per un sì in più e quante altre abbiamo dato inizio a guerre per le troppe restrizioni? Quante volte abbiamo costruito fortini e torri al solo scopo di preservare la nostra porzione di libertà? Ogni giorno le sfide cambiano, ma non ci sono il grande Superman o le lunghe tele di ragno di Spiderman a semplificarci le battaglie. Noi non finiremo sui giornali, probabilmente non ci premieranno e non andremo in televisione, otterremo però le nostre vittorie, saliremo sul podio e sulla parete appenderemo la nostra foto. L’eroe, il vero eroe, è il nostro io interiore, e fondamentale è saperlo gestire, mostrandogli come lavorare e volendogli bene. Non c’è infatti vittoria migliore di quella interiore, non esiste eroe più unico di noi. 
Camilla de Meis camill8lina01@gmail.com

C’è un eroismo che non è fatto di gesti, di imprese audaci, di vittorie. È un eroismo più nascosto, più segreto, più perseverante. È quello dei giovani che cercano se stessi, che tentano di capire chi sono: E lo fanno scrutando i loro sogni senza lasciarli dileguare come nuvole in cielo, inseguendo i loro desideri senza risparmiarsi un bagno di realtà, in modo che l’oggetto del desiderio diventi praticabile e si traduca in un obiettivo che può essere raggiunto. È un lavoro costante, alieno dal clamore, ma anche appassionante, perché si tratta di lavorare per sé senza lasciarsi deprimere dalle sconfitte, perché si è consapevoli di potersi riprendere senza lasciarsi esaltare dai successi che si riconoscono come tappe di un ulteriore succedere. E quel che succede è l’accadere della vita, della propria vita, che si snoda ogni giorno come una sorpresa, dove nulla è scontato e dove nulla si ripete, perché qualcosa di nuovo che luccica, e, se il nostro sguardo non è offuscato, quel luccichio attrae, incuriosisce, trascina e, come una briciola di novità, si inanella con quanto già conosciamo della nostra personalità, sempre incline a lasciarsi sedurre dal cambiamento, perché sa che una vita immobile e solidificata è già una costellazione della morte. Di questo sono capaci giovani che non hanno rifiutato se stesso e il mondo in cui sono capitati a vivere, che non si sono abbandonati alla rassegnazione e neppure si sono fatti sommergere dalla noia, che si sono difesi dal rumore del mondo che allontana da sé per inseguire modelli che non appartengono alla propria natura, figure eroiche che sono tali solo nella finzione. Di questo sono capaci i giovani sospinti nel loro cammino dalla forza della giovinezza che ancora non ha rinunciato alla purezza degli ideali, non per ingenuità, ma perché la passione non si è ancora spenta, e ancora guarda ai sogni della propria esistenza che, dopo un confronto con la realtà, sono divenuti obiettivi che attendono di essere riconosciuti dal mondo adulto, spesso troppo distratto nella considerazione del mondo giovanile e nell’individuazione dei valori che quel mondo proclamato, difende e, se non gli si spezzano le ali, è in grado di realizzare. A chi chiedeva all’oracolo di Delfi quale fosse la via da percorrere per raggiungere la felicità, l’oracolo rispondeva: “Conosci te stesso” e dopo che hai conosciuto il “demone” che anima la tua vita e accende la tua passione, se hai la capacità di non oltrepassare la tua misura, raggiungerai l’eudaimonia, la buona realizzazione del duo demone, in cui per i Greci consiste la felicità. Dopo aver conosciuto l’espansività tipica della giovinezza che osa anche la temerarietà e detesta la ripetizione, sospinti dalla passione che, come diceva Stendhal: non è cieca, ma visionaria”, luce degli ideali. Dopo aver varcato tanti confini sospinti dalla voglia di scoprire, i giovani che si fanno eroi di se stessi giungono a quella rivelazione di sé a sé a cui si perviene, come scrive Yeats: “scrutando dentro il proprio cuore, perché è lì che sta crescendo l’albero sacro”.
umbertogalimberti@repubblica.it – Opinioni – Donna di La Repubblica -27 gennaio 2018 -

sabato 24 febbraio 2018

Speciale: Piatti caldissimi!...


Paparot con Salsiccia
Per 4 persone

1 cucchiaio di farina bianca, 100 gr di farina di mais, 1 kg di spinaci, 60 gr di burro, 60 gr di salsiccia fresca, 1 spicchio d’aglio, 1 litro e mezzo di brodo vegetale, sale, pepe.

In una casseruola con ½ cm d’acqua, lessare per pochi minuti gli spinaci, scolarli, strizzarli e tritarli grossolanamente.
Pelare la salsiccia e sgranarla con la forchetta, farla soffriggere dolcemente nel burro in una casseruola con l’aglio. Togliere l’aglio e versare la farina bianca, lasciandola imbiondire mescolando, unire gli spinaci, fare insaporire. Unire 1 litro e mezzo di brodo vegetale caldo, salare e pepare q.b.
Unire a pioggia la farina di mais, mescolando con una frusta e facendo attenzione che si formino grumi. Abbassare la fiamma lasciare cuocere per circa 30 minuti. Servire la preparazione caldissima.

Casunziei Veneti
Per 4 persone

300 gr di farina bianca, 4 uova, latte, 700 gr di barbabietole cotte al forno, 100 gr di ricotta romana, 100 gr di burro, pangrattato, 70 gr di Montasio grattugiato, un pizzico di semi di papavero, sale, pepe.

Pulire della buccia le barbabietole e passarle dalla grattugia a buchi grossi. In una padella farle asciugare con 30 gr di burro.
Versarle in una terrina e farle raffreddare. Unirvi la ricotta, 2 uova, salare e pepare. Incorporarvi il pangrattato, sino ad ottenere un impasto di media consistenza. Coprire la terrina e lasciare riposare.
Mettere la farina, salata, in una terrina a fontana e versarvi nel centro le due uova rimaste e il latte necessario per avere un impasto consistente. Lavorare sino ad ottenere una pasta liscia ed elastica e raccoglierla a palla. Avvolgerla nella pellicola e lasciarla riposare 30 minuti.
Dividerla in 4 pezzi e passarle alla macchina della pasta sino ad ottenere delle strisce sottili. Deporvi nel centro dei mucchietti di ripieno, richiudere le strisce di pasta su se stesse, facendole bene aderire.
Ritagliare delle forme a mezzaluna aiutandovi con la rotella dentata. In una casseruola con abbondante acqua salata in ebollizione, lessare i casunziei al dente, scolarli e disporli a strisce in una zuppiera, condendo ogni strato con il formaggio grattugiato e il burro fatto fondere con 2 cucchiai di semi di papavero

Zuppa di Cavolo Nero Toscana
Per 6 persone

1 kg di cavolo nero, 600 gr di pane toscano, 4 spicchi di aglio, olio, sale, pepe.

La ricetta è scritta dall’artista fiorentino Ardengo Soffici.

Si faccia bollire fino a giusta cottura in una pentola una quantità adeguata al numero di persone della famiglia, di quel cavolo invernale dalle foglie lunghe e ricciute di colore verde cupo, detto in Toscana cavolo nero.
Intanto mentre il cavolo cuoce, si preparino e si arrostiscano dalle due parti, sulla gratella (meglio al fuoco a legna) tante fette di pane casalingo quanto si giudica opportuno al bisogno (da due a tre pro capite) e si soffreghino gagliardamente, sempre da diritto e da rovescio, con spicchi d’aglio.
Ciò fatto, si tolga dal fuoco la pentola e si tuffino appena nell’acqua ancora bollente, una per una le fette, disponendole l’una accanto all’altra in un capace vassoio di maiolica, si aspergano poi, ancora da ogni lato, di sale e di pepe, con una certa abbondanza ed infine di genuino olio extravergine di oliva con grande generosità.
Si distribuisca sulle fette così: condite con uno strato del cavolo cotto e previamente sgrondato che si spruzzerà ancora, ma questa volta con discrezione, di sale, pepe e olio. Dopodiché si serva in tavola senza indugio; ché tale piatto, di forte e grato sapore e odore, per gente di stomaco sano e alieno da pregiudizi di società.

Lo Sapevate Che: C'è un alieno sul mio divano (però lo amo)...


Da Qualche Tempo a casa nostra c’è un estraneo. Non lo abbiamo invitato, ma lui ha occupato il nostro territorio con proterva naturalezza. I primi giorni, lo abbiamo osservato mantenendoci a debita distanza, come si fa con gli animali feroci allo zoo con gli insetti raccapriccianti in campagna. Ne eravamo affascinati e intimoriti. Si esprime a monosillabi in una lingua che somiglia alla nostra ma usa parole aliene, spesso incomprensibili (“sbatti, scialla, bellazia”). Pur essendo piuttosto magro, è affetto da voracità bulimica e riesce a ingurgitare, in uno stesso pasto, derrate di cibo sufficienti a sfamare un intero condominio. Dal primo istante del suo soggiorno, senza chiedere il permesso, si è impossessato del divano, su cui suole abitare in posizione rigorosamente sdraiata: vi staziona per ore, in uno stato torpido di semi-incoscienza, un paio di enormi cuffie sulla testa e di giganteschi piedi nudi su un bracciolo. Può dormire così a lungo che a turno controlliamo che respiri ancora. Anche lui osserva noi: ci riserva sguardi di indifferenza, di aperta ostilità ma soprattutto di commiserazione. I primi tempi ritenevamo la sua permanenza transitoria ed eravamo certi che, così come si era materializzato, con il suo incedere da cowboy e la sua cuffia, avrebbe tolto il disturbo. Invece no. L’estraneo è rimasto, e con lui il passo pesante, lo snervante mutismo alternato a dichiarazioni lapidarie e sconnesse dal criptico ma denso contenuto filosofico, i commenti sprezzanti, gli accessi di malumore o euforia, la musica aliena e assordante l’ostilità latente che improvvisamente può virare in affetto esuberante. All’inizio eravamo in cinque: due genitori e tre figli. Non dico fosse facile, anzi: era impegnativo, a tratti sfibrante. Eppure sapevamo sempre cosa fare. Era una vita prevedibile, con regole certe (giusto-sbagliato, sì-no, buono-cattivo, permesso-vietato), una comunicazione fluida e continua e un solido controllo della situazione. Oggi siamo in quattro e un adolescente, più migliaia di interrogativi. “Vuoi venire con noi a vedere una mostra?”, gli domando. Lui sbuffa, alza gli occhi al cielo. “Mi state obbligando?”. “No. Però sarebbe bello stare un po' tutti insieme”. “Mi asciughi, mamma!”. “Prego?”. Scuote la testa. “Io ti amo. Ma tu fai la brava”, mi dice con una carezza. E alla mostra non viene. Ha orari, usi e costumi diversi dai nostri. Ci incrociamo saltuariamente, quasi per sbaglio. Rassegnata alla convivenza con l’alieno, lo scruto di sottecchi, cercando di carpirne i pensieri, i mutamenti, gli umori. Temo il silenzio tra noi. Perché nel silenzio si annidano le paure, i fantasmi, le recriminazioni e i rancori. Ho paura, nel silenzio, di svegliarmi un giorno e trovare un uomo che non riconosco perché oggi non sono stata capace di ascoltarlo. Così cerco di insinuarmi tra le maglie della sua corazza, di approfittare della sua guardia abbassata. “Sabato mattina ti accompagno a scuola e se vuoi facciamo colazione insieme al bar”. Lui biascica un grazie, le labbra si piegano all’insù in un impercettibile sorriso. Provo, fallisco, ritento. Ricevo molti no e una preziosa manciata di sì, grazie ai quali scopro una nuva complicità, la magia di ridere delle stesse cose. Sono squarci di meraviglia che durano poco. Poi si rimette le cuffie, si sdraia sul divano e torno l’astrobiologa che studia l’extraterrestre. Qualche giorno fa è stato zitto per ore, ostile, respingente, asserragliato nel suo antro. Poi ne è uscito e mi si è avvicinato sorridente: “Ehi, mamma, passiamo un po' di quality time insieme mentre mi lavo i denti?”, ha domandato. È un incomprensibile estraneo, ma credo di volere che resti sul mio divano ancora a lungo.
Claudia de Lillo – Opinioni – Donna di La Repubblica – 17 febbraio 2018 -

venerdì 23 febbraio 2018

Speciale: Deliziosi piatti caldi con Pesce!...


Zuppa al Pomodoro e Cozze
Per 4 persone

700 gr di cozze, un bicchiere e mezzo di vino bianco secco, ½ scalogno, 2 agli, 2 porri, 1 cucchiaio colmo di riso a lunga cottura, 2 pomodori, una foglia d’alloro, un rametto di timo, un ciuffo di prezzemolo, olio, sale e pepe.

Spazzolate e lavate accuratamente le cozze, privatele delle barbette e mettetele in una casseruola con il vino, lo scalogno e uno spicchio d’aglio, tritati finemente. Coprite la casseruola e cuocete a fuoco vivo per pochi minuti, finché le valve si saranno aperte. Prelevatele con una schiumarola, eliminando quelle rimaste chiuse.
Filtrate attraverso un colino coperto con una garza, il liquido di cottura, raccogliendolo in una ciotola. Eliminate i 2/3 delle valve delle cozze.
Eliminate la parte verde dei porri e poi tagliateli ad anelli.
In una padella, fate scaldare un cucchiaio d’olio, unitevi i porri e uno spicchio d’aglio tritato. Fate appassire a fuoco lento per 5 minuti. Versate nella padella il liquido filtrato delle cozze, ¼ di lt di acqua e portate ad ebollizione, aggiungete il cucchiaio di riso e cuocete per 12 minuti, lasciate raffreddare e passatene metà al frullatore.
Rimettete il passato nella casseruola, unitevi i pomodori, pelati e tritati grossolanamente, una foglia di alloro e i gusti legati assieme. Regolate di sale e pepe, portate a ebollizione a fuoco lento e cuocete per 5 minuti.
Eliminate il mazzetto aromatico, aggiungete le cozze e cuocete ancora per 5 minuti. Servite la zuppa accompagnata da fette di pane casereccio tostate in forno. Deliziosa!

Pot-au-feu di brodo di Pesce e Pollo, ricetta Giapponese
(pentola sul fuoco) – spiegazione in fondo alla ricetta)
Per 4 persone

12 code di gambero, 12 grosse vongole, 4 filetti di triglia, 1 petto di pollo, ½ cavolo cinese, 1 cipollotto, 10 funghi shitake, 1 tazza di salsa di soia, 5 cucchiai di sake.

Pulire e preparare gli ingredienti: lasciare le vongole a bagno in un contenitore sotto l’acqua corrente per mezz’ora.
Lavare accuratamente i gusci esterni, facendo in modo che la eventuale sabbia interna fuoriesca. Tagliare a metà i filetti di triglia.
Tagliare a listerelle il cavolo e il cipollotto, ridurre il petto di pollo a cubetti.
Reidratare i funghi in acqua tiepida finché siano morbidi. Tagliarli a pezzi.
Preparare la salsa:
Unire alla soia il sake. In una capiente pentola portare a bollore 1 lt di acqua e portare a bollore. Sistemarla su un forellino al centro tavola. Porre a piacere gli ingredienti preparati nel brodo di cottura, e quando saranno scottati o appena cotti, servirli intingendoli nella salsa preparata.
Servire infine in ciotole a parte il brodo di cottura, sorseggiandolo come zuppa.

Preparazione di Piatti con la Tajine

La tajine è una pentola con nome magrebino. Fatta di terracotta, dalla forma a “pagoda”, il cui coperchio è fatto apposta per facilitare il ritorno della condensa verso il basso e ha nella sommità un pomello che ne facilita la presa. La parte inferiore viene usata per portare il piatto in tavola.
I Tajine più conosciuti sono il mqualli (pollo con limone e olive), il Kefta (polenta e pomodori), il Mrouzia (agnello con prugne  e mandorle).
Altri piatti usati sono tonno, sardine, verdure.
Le spezie principali sono cannella, zafferano, curcuma, zenzero, aglio, pepe.
In origine la cottura veniva fatta appoggiando la tajine sulla brace. Ora esistono tajine con un fondo di metallo che permettono la cottura su fornelli a gas. Cottura che viene eseguita a fuoco basso, lentamente, affinchè carne e verdura risultino tenere e aromatizzate.

Polpo alla Luciana
Per 4 persone

1 kg di polpetti, 800 gr di polpa di pomodoro, 3 spicchi d’aglio, prezzemolo, farina, peperoncino piccante, olio, sale.

Pulite i polpi, togliete le interiora contenute nella sacca, gli occhi e il becco che trovate alla base dei tentacoli. Spellateli e lavateli sotto il rubinetto.
Mescolate 150 gr di farina con 1,5 dl di acqua. Formate una pasta morbida, avvolgetela con della pellicola e tenetela da parte.
Sbucciate l’aglio e fatelo rosolare in un tegame di coccio con 4 cucchiai d’olio. Unite i polpi, il pomodoro, un pizzico di sale e peperoncino a piacere.
Lavorate la pasta di farina e acqua e modellatela in modo da ottenere un lungo cordone. Appoggiatelo sul bordo del tegame, posateci sopra il coperchio e premete in modo che la pasta lo sigilli perfettamente.
Cuocete i polpi a fuoco bassissimo per circa un’ora.
Spezzate il cordone di pasta che ha sigillato il tegame. In caso il fondo di cottura fosse abbondante, lasciatelo addensare a fuoco vivace per qualche minuto.
Poi aggiungete il prezzemolo. Regolate di sale, coprite col coperchio e lasciate riposare i polpi per 10 minuti prima di servirli.