Mi Capita Raramente di vedere elefanti in carne e ossa.
Non frequento da tempo gli zoo e non visito da anni i parchi africani. Accade
invece più banalmente che mi imbatta in immagini (al cinema, alla tv, in
fotografie) di quei simpaticissimi animali. E a volte, quasi per riflesso
condizionato, il mio pensiero corre a Michel Foucault. Si proprio lui, il
filosofo. Il7 gennaio 1981, tre anni prima della sua morte, entrava quasi di
corsa nell’anfiteatro affollato del College de France, a Parigi e, dopo essersi
tolta la giacca, cominciava a parlare con voce forte, amplificata da
altoparlanti, e con un tono teso. Nessun effetto oratorio. Niente
improvvisazione. Il discorso limpido, efficace, intenso. Quella lezione (che si
trova in “Subjectivité et Verite”- Cours au Collège de France 1980-1981,
editori Galliard e Seuil) ha come protagonisti gli elefanti. Molti
intellettuali hanno preso con Foucault l’abitudine di lavorare non come
Jean-Paul Sartre, non in termini universali, sull’esemplare, sul giusto-e-il-vero-per-tutti,
ma in settori determinati, dedicandosi a punti precisi, dove si situano le loro
condizioni di lavoro o di vita: l’alloggio, l’ospedale, l’ospizio, il
laboratorio, l’università, i rapporti familiari, la sessualità. È con queste
parole che lo stesso Foucault descrive la tendenza da lui promossa. Quel giorno
il tema trattato al Collège de France era la storia della sessualità. Le
origini del principio dell’etica sessuale monogamica. La coppia di elefanti era
al centro della lezione. Il filosofo cominciò col citare un santo, François de
Sales, che nell’”Introduction à le vie dévote” (capitolo 39, libro terzo)
presenta l’elefante come esempio da seguire per quel che riguarda la
sessualità. Naturalmente, scrive il santo, si tratta di una grossa bestia, ma è
la più dignitosa e la più intelligente. François de Sales si sofferma sulla sua
fedeltà. L’elegante non cambia mai femmina, ama teneramente quella che ha
scelto, non la tradisce. Con lei si accoppia a lunghi intervalli, ogni tre
anni, e durante cinque giorni, non di più. Agisce in segreto, lontano da occhi
indiscreti. Nessuno lo deve vedere. Il sesto giorno, riferisce il santo nel
brano letto dal filosofo, cerca un corso d’acqua e vi si immerge al fine di
lavare l’intero corpo. Non ritorna nel branco fino a che la pelle non si sia
asciugata, vale a dire purificata. Non sono comportamenti belli e onesti, si
chiede estasiato il santo del Cinquecento? Tra tutte le lezioni impartite dalla
natura al genere umano, sostiene sempre Saint François de Sales, l’esempio
dell’elefante è evidentemente uno dei più raccomandabili. Gli sposi cristiani
dovrebbero ispirarsi al suo comportamento. Una volta soddisfatte, o meglio
concluse, sensualità e voluttà, che sono parte della vocazione delle persone
sposare, quest’ultime, come l’elefante, dovrebbero subito purificarsi.
Dovrebbero “lavarsi il cuore e l’affetto”. Quella dell’elefante è la lezione
della natura agli uomini, ed è conforme all’eccellente dottrina che San Paolo
dà ai Corinzi. Il Comportamento sessuale dell’elefante come blasone
di buona condotta unisce il mondo pagano a quello cristiano. Plinio il Vecchio
ha preceduto il collega naturalista Ulisse Altrovandi di parecchi secoli. E
ancora più tardi, nel Settecento, un altro celebre naturalista, Buffon, ribadì
la stessa ammirazione per gli elefanti. Ma con una sostanziale differenza:
mentre François de Sales Ulisse Altrovandi vedono nell’elefante una certa
ripugnanza per l’atto sessuale, tanto che sente l’immediato bisogno di
purificarsi, Buffon insiste sul desiderio, sul risveglio della passione prima
del matrimonio, durante una specie di fidanzamento. Il segreto in cui avviene
l’accoppiamento non è dovuto unicamente al pudore, garantisce l’intimità e
accresce il desiderio. In testi dei primi secoli cristiani si interpreta
l’immersione dell’elefantessa gravida nell’acqua del fiume come una specie di battesimo
purificatore, e al tempo stesso un modo di proteggersi dal serpente, vale a
dire dal peccato. Andando molto più indietro nel tempo, Aristotele era più
cauto sul comportamento sessuale degli elefanti (conosciuti dai Greci durante
le spedizioni di Alessandro). Li descriveva infatti talvolta in preda alla
violenza, non sempre dolci con le femmine. Non erano costanti esempi di
galanteria. Questo è il riassunto di una delle dotte lezioni di Foucault sulla
storia della sessualità, di cui è parte la favola dell’elefante, proposta
secoli fa come morale coniugale.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 8 ottobre 2017
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