Lungo le strade della Slovenia
il billboard, il cartellone pubblicitario,
ritraeva una bellissima donna languidamente sdraiata sopra lo slogan di un
istituto privato per l’insegnamento delle lingue: “Guardate dove può portarvi
la conoscenza di un po' d’inglese”. La signora ritratta era la più famosa
figlia della Slovenia oggi, quella Melania Knas che dalla modesta cittadina di
Novo Mesto, dov’era nata, era partita per New York conoscendo qualche parola di
inglese per diventare, vent’anni dopo, Melania Trump, First Lady degli Stati
Uniti. Nessuno di noi può ergersi a giudice di questo o di altri matrimoni e
dei motivi che possono avere spinto due persone a “stringere il nodo” e a
concludere il cntratto matrimoniale, anche se è ragionevole sospettare che sia
stato Donald a restare folgorato dall’aspetto e forse dalla personalità della
modella slovena, più di quanto possa essere stata lei ad arrendersi davanti al
fascino del futuro marito di trent’anni più anziano, o più “grande”, come si
dovrebbe dire oggi per correttezza politica. Come è legittimo dubitare che
Crystal Harris, patinatissima super Barbe, si fosse pazzamente innamorata a
ventisei anni di Hugh Hefner, di sessant’anni più “grande” di lei, quando lo
sposò nel 2012. Le espressioni “cercatrice d’oro”, “matrimonio d’interesse”,
“moglie trofeo” vengono subito in mente e producono sorrisi di condiscendenza o
di disapprovazione in chi ancora vede nel matrimonio il coronamento del “sogno
d’amore”, la porta che spalanca il castello del vivere per sempre felici e
contenti. Ma la verità che comincia ad affiorare da ricerche e da confessioni
politiche è che quel contratto matrimoniale è sempre più spesso il risultato di
una decisione razionale e fredda, anziché il prodotto di una passione che vuole
certificare se stessa. Anche senza arrivare alle nozze con un uomo ricco, come
suggerì cinicamente Silvio Berlusconi a ragazze nubili (come se fosse facile
trovare uomini ricchi disposti a sposarti) è un fatto statisticamente provato
che il “matrimonio d’interesse” ha più probabilità di reggere nel tempo rispetto
ai matrimoni per amore. Sposarsi, semplicemente, convien, ha scritto
l’associazione dei consulenti matrimoniali, che tendono a raccomandare le nozze
campando poi suoi guai coniugali. Il matrimonio, negli Usa, riduce il carico
delle tasse sul reddito. Abbassa il costo delle polizze vita, salute e auto,
perché i coniugati, soprattutto se hanno figli, tendono a vivere più a lungo
dei single, a condurre un’esistenza più regolare e a guidare con più prudenza.
Raddoppia l’esenzione dalle imposte sull’eredità. Facilita l’ottenimento di
mutui e prestiti. Restituisce al coniuge superstite parte dei versamenti
pensionistici attraverso la reversibilità, anziché gettare contributi nel
calderone dal quale altri li godranno, Sdrammatizza l’eventualità del
tradimento, perché non presuppone quel giuramento di eterna fiducia reciproca
che gli innamorati all’altare o davanti al funzionario del Comune si scambiano,
magari credendoci. E quindi può disinnescare la gelosia possessiva che sta alla
radice di tanta violenza. Rimane la questione del sesso, ma nessuno si scandalizzerà
scoprendo che il sesso, anche nei matrimoni più appassionati, tende a sbiadirsi
con il trascorrere degli anni e a essere progressivamente sostituito
dall’affetto, dalla solidarietà, dall’amicizia fra sposi. E magari, come le
madri di un tempo lontano dicevano alle figlie spinte per convenzione sociale
all’altare: “intanto ti sposi e poi magari t’innamori”. Il divorzio fra
romanticismo e realism nel matrimonio sembra in atto. I dati sono chiari e
vanno letti per quello che dicono. Dicono che Melania aveva ragione, quando
cercò di imparare un po' d’inglese.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica -21
ottobre 2017 -
Nessun commento:
Posta un commento