La fuga dei cervelli impoverisce
l’Italia. Lo rivela il rapporto Italiani
nel mondo 2017 stilato dalla Fondazione Migrantes della Conferenza
episcopale italiana. Le cifre sono inquietanti. Cresce il numero dei giovani
che se ne vanno all’estero alla ricerca di quel futuri che il nostro Paese non
riesce a garantirgli. Solo nel 2016 ne sono partiti 48.800, tra i 18 e i 34
anni, con un incremento del 23per cento rispetto all’anno precedente. È
un’autentica emorragia di talenti che svuota
di energie vitali paesi e città. Si tratta in genere di ragazzi molto
alfabetizzati, alla cui formazione la comunità nazionale ha destinato tempo e
risorse Ma a godere i frutti di questo investimento saranno Paesi come
Germania, Regno Unito, Svizzera, Usa, che registreranno così un utile a costo
zero. E non basta. Se non riusciamo a trattenere i nostri giovani che se ne
vanno, siamo ancora meno capaci di integrare quelli che arrivano. Si tratta in
gran parte di migranti economici, che vengono da noi in cerca di fortuna,
spesso pronti a fare lavori pesanti o poco ambiti, anche sottopagati. Molti
però il lavoro non lo trovano. E, soprattutto quando il loro grado di
alfabetizzazione e di competenze lavorative e linguistiche è basso, rischiano
di alimentare la crescita di un sottoproletariato destinato alla marginalità.
Portatore di un’anomia e un risentimento preoccupanti. Come si dice nel diritto
patrimoniale, al lucro cessante dei nostri che se ne vanno si aggiunge il danno
emergente degli altri che arrivano e restano ai margini. Così c’è sempre più il
pericolo che il dramma individuale e sociale dei migranti diventi una
contrapposizione tra vittime della globalizzazione. E che l’onda di andata e quella di ritorno
della migrazione economica si trasformino in uno tsunami.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 27
ottobre 2017 -
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