Ero Bambino e ho questo ricordo di mia madre che
leggeva. Per lei leggere era qualcosa di estremamente vitale. Non si trattava
solo di un piacere o di informarsi. Coincideva proprio con la sua possibilità
di riuscire a fare tutto il resto. E’ questa dimensione di necessità che ha
accompagnato la mia esperienza di lettore da sempre. Da quando le mie mani
ancora esili si indolenzivano nel reggere per qualche ora quei libroni
cartonati che spesso si regalano ai più piccoli. E così, quando da piccolissimo
ti abitui a quei silenziosi dialoghi, poi difficilmente riesci a farne a meno
crescendo. (..) La drammatica crisi dell’editoria non è generata dall’ebook o
dalle edizioni supereconomiche. Nient’affatto. E’ data dall’assenza di tempo
divorato dalla frenesia del web. In treno, in aereo, a letto, tra le mani non
ci sono più pagine ma smartphone. La mia
è nostalgia del passato? Un po’. Luddismo antiweb: mi piacerebbe, ma non sono
così stolto. Preferisco lavorare su queste piattaforme per dare spazio ai
libri. Per restituirgli il tempo perduto. Odio i traslochi perché ne faccio
troppi, ma c’è una sola cosa che mi dà piacevolezza di questa meccanica fatica:
riprendere in mano i libri che hanno convissuto con me e condiviso quei luoghi
per qualche mese. Mi capita di citare questa frase di Umberto Eco: “Chi non
legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto
5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando
Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è una immortalità all’indietro”.
(..). Fin Qui Sulla Lettura, sull’importanza dell’esempio,
dell’imitazione. Sarà più facile che mi venga voglia di leggere se vedo persone
che leggono attorno a me. Se chi mi sta accanto mi invita alla lettura. Se chi
mi sta accanto mi insegna a trovare tempo da dedicare ai libri. Ma poi ho letto
di un sondaggio che mi ha molto incuriosito. Si parla di mercato editoriale, di
quali libri si vendono, di classifiche e gradimento. Di come l’Italia sia un
paese di lettori deboli (secondo l’Istat, nel 2014, il 58,6% degli italiani non
ha letto un solo libro nei precedenti 12 mesi), ma non si parla mai davvero di
come vive chi legge e di come vive chi non legge. O meglio, siamo convinti che
chi legge abbia più strumenti, sia meno inconsapevole e forse anche meno
influenzabile di chi non legge. Non solo, a quanto pare è anche più felice. “La
Felicità Di Leggere” si chiama una ricerca commissionata da GeMS (Gruppo
editoriale Mauri Spagnoli) in occasione del proprio decimo compleanno e
affidata a Cesmer, Centro di studi su mercati e relazioni industriali
dell’Università di Roma Tre. La ricerca ha utilizzato diversi parametri mutuati
dalla letteratura scientifica. Le differenze nelle vite dei lettori e dei non
lettori sono state riportate su tre scale differenti (scala di Veenhoven, scala
di Cantril e scala di Diener e Biswas-Dienner) e i risultati coincidono: chi
legge è più felice, prova una gamma maggiore di sensazioni positive e una
minore di sensazioni negative e riesce a contenere la rabbia. Che sia stato un
editore a commissionare questo studio la dice lunga su un aspetto che trovo
centrale: non è importante solo valutare cosa si legge più spesso e soprattutto
cosa si compra, ma sapere che chi pubblica libri, di qualunque genere e
livello, sta lavorando per rendere un po’ più felici gli altri. Non c’è niente
di più bello che sapere che il proprio lavoro possa contribuire alla felicità
altrui.
Roberto Saviano – L’antitaliano www.lespresso.it – L’Espresso – 5 novembre
2015
Nessun commento:
Posta un commento