Gran Parte Dei Siti di retroscena italiani utilizzano la
diffamazione e la minaccia di svelare informazioni per procacciarsi mezzi. La
formula sottintesa è “compri un banner e io non ti attacco”. Tutto questo, oggi
più che mai, passa inosservato per la velocità del flusso continuo di
informazioni, che non ha tempo, che non dà spazio e spiegazioni. Oggi solo chi
si ferma a respirare, chi si tira fuori e approfondisce davvero, riesce a non
essere preda e poi complice della macchina del fango, un meccanismo che nutre
se stesso. Di questo ha parlato Papa Francesco raccontando ciò che è accaduto a
Oscar Romero. Non è la prima volta che Papa Francesco dimostra di essere un
uomo del suo tempo, un uomo del nostro tempo (..). Parlando di Oscar Romero,
arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 da un cecchino degli
squadroni della morte mentre stava celebrando la messa, il Papa dice che il
martire “non è qualcuno relegato nel passato, una bella immagine che adorna le nostre
chiese e ricordiamo con nostalgia”. Io ho pensato immediatamente a Don Peppe
Diana, ma anche a Giancarlo Siani. E continua: “Il martirio di monsignor Romero
non fu solo nel momento della sua morte e continuò anche posteriormente, perché,
ma iniziò con le sofferenze per le persecuzioni precedenti alla sua morte, e
continuò anche posteriormente, perché non bastava che fosse morto: fu
diffamato, calunniato, infangato. Il suo martirio continuò anche per mano dei
suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato”. Il Papa aggiunge: “Solo Dio
conosce la storia della persona. E vede se la stanno lapidando con la pietra
più dura che esiste nel mondo: la lingua”. Oscar Romero è stato ucciso per aver
provato a fermare la carneficina, ma non è stato uccisolo solo con un
proiettile che gli ha reciso la giugulare, è stato ucciso soprattutto con le
parole. (..) Questa Sua Responsabilità di racconto è ciò che lo ha reso
pericoloso ed è il motivo per cui andava denigrato post mortem, perché non diventasse un martire, un esempio.
Diffamandolo si disinnescava la possibilità di emulazione, diffamandolo si
abbassava il volume di Romero, si liberava del senso di colpa gli altri
sacerdoti silenziosi e spesso conniventi. Andava infangata la sua memoria non
solo a vantaggio di chi lo volle morto, ma anche di chi, in vita, non era
riuscito a essere altrettanto coraggioso. Papa Francesco fa riferimento alle
numerosissime lettere anonime che arrivarono in Vaticano dopo la morte di
Romero, tutte lettere diffamanti, scritte da chi aveva interesse a screditare
Romero e a fermare il racconto della sua eroica morte. Le tesi erano sempre le
stesse, Romero non sarebbe stato ucciso per questioni legate alla sua
predicazione, ma perché donnaiolo o perché voleva fare carriera proteggendo i
marxisti amando lui una guerrigliera. Per la sua presunta passione per gli
uomini o perché conservava armi. Tutto e il contrario di tutto, come sempre
accade quando un uomo non lo si vuole eliminare solo fisicamente, ma si vuole
cancellare definitivamente ciò che ha detto e fatto, a futura memoria. A futuro
monito.
Roberto Saviano – L’antitaliano www.lespresso.it
– 12 novembre 2015
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