“Come vorrei una chiesa povera e per i poveri…”. Sono
passati due anni e mezzo da quando il papa francescano si è presentato al mondo
con questo semplice slogan programmatico, comprensibile a tutti e s’immagina
condiviso dal 99 per cento dei cattolici. A giudicare dai documenti pubblicati
e mai smentiti nei libri di Nuzzi e Fittipaldi, al centro del cosiddetto
Vatileaks, è stato fatto davvero poco. L’immagine più nota è quella dell’attico
del cardinal Bertone, ristrutturato con 200 mila euro presi dalle donazioni
all’ospedale pediatrico Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, come opera a fin di
bene, visto che gli eventi a casa Bertone avrebbero portato più fondi
all’ospedale. E chissà quanti ne porteranno da oggi in poi, fra le brave
persone desiderose di sostenere con il proprio contributo le cure ai bambini.
Come sempre in questi casi non è tanto lo scandalo, quanto la faccia di tolla
nel voler giustificare i mezzi con i fini a restituire il livello di
corruzione. In questo caso l’abissale distanza fra i principi, il discorso
della montagna (“beati gli ultimi”) e le chiacchiere sull’attico. La storia dei
rapporti fra Bertone e il suo braccio secolare Profiti, che si scrive stranamente
con una t sola, gronda di pratiche bizzarre e opache, da quando il cardinale
portò l’amico manager a dirigere un ospedale genovese finito sotto inchiesta e
poi lo salvò una prima volta facendogli ottenere la direzione del Bambin Gesù,
una seconda sbarrando le porte del Vaticano alla guardia di finanza, una terza
quando comunque Profiti fu arrestato ai domiciliari e così via in cambio di che
cosa c’è capito. Ma la questione è l’altra, la volontà di Francesco di
restituire alla Chiesa il dono
evangelico della povertà. Per quanto contrastata dalle gerarchie, l’impresa non
è impossibile (..). Si tratta di rivedere gli accordi dell’8 per mille,
scandalo giuridico e finanziario, e molte convenzioni con la sanità regionale.
Bisogna censire l’immenso patrimonio immobiliare della Chiesa e stabilirne la
vera destinazione d’uso, per evitare furbastre evasioni fiscali. Infine è
urgente trasformare lo Ior da rifugio di capitali oscuri e magari criminali, in
una moderna banca etica. In questo modo si comincerebbe a togliere l’acqua agli
squali della corruzione, perché fintanto che la Chiesa continuerà a ricevere e
gestire senza controlli montagne di denaro sarà ben difficile combattere la
tentazione. Altrimenti sarebbe bene risparmiarsi la retorica della povertà.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 20
Novembre 2015 -
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