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domenica 15 novembre 2015

Lo Sapevate Che: Tutti vogliono Telecom tranne gli italiani...



Tutte Le Volte che succede, ti dici: ma allora l’Italietta ha grandi ricchezze ambite e contese. Tutte le volte che lo straniero si annette una banca, una maison di moda, un pezzo di made in Italy, ti rendi conto del potenziale di un Paese  straordinariamente vitale. Nonostante corruzione, burocrazia, mafie. E però, ogni volta, siamo qui a chiederci  perché poi non se ne prenda coscienza, perché non si giochi a fare per una volta i cacciatori e non le prede. O almeno i difensori degli interessi nazionali. Nelle grandi banche italiane siedono spagnoli, tedeschi, francesi; Pirelli è cinesi, Italcementi tedesca, per non dire dei mitici marchi del lusso comprati a suon di milioni da emiri arabi. La Telecom parla francese. (..) Assieme a un paio di partecipazioni amiche, i francesi controllano quasi il 38 per cento di Telecom. Ma se si tratti di soci amichevoli o di spregiudicati raider non è dato sapere, anche perché non siedono ancora nel cda. Ma si sa che se volessero raggiungere quota 51 per cento, potrebbero contare su alleati importanti. (..). Eppure, o ci si muove adesso o si finisce in braccio al più forte perché in un mercato sempre più vasto non bastano le dimensioni locali: negli Usa i gestori sono quattro, in Europa una sessantina. Troppi. (..) E Telecom? E’ come se non fossero passati vent’anni se stiamo ancora qui a domandarci chi alla fine ne prenderà il controllo. Allora D’Alema si lamentava che non ci fosse cordata italiana disposta alla battaglia, oggi non solo non c’è, ma si dà per persa la partita. Eppure Telecom investirà 12 miliardi per disporre finalmente di una rete a banda ultra larga per dati e immagini (sono in arrivo Netflix e la tv on demand), visto che finora nessuno degli scalatori se n’è preoccupato. Ma di quei 12 miliardi, 7 sono pubblici, e chi controlla Telecom controlla anche la rete. Del resto, Romano Prodi rischiò dieci anni fa una crisi di governo solo perché voleva che la rete fosse pubblica, e sul tavolo di Matteo Renzi è fermo un progetto per trasferirla a Cassa depositi e prestiti. Certo, Telecom è un’azienda privata, e dunque il governo non dovrebbe condizionarne le scelte e strategie. Ma accertarsi che queste non danneggino il Paese, sì. Anche perché le questioni che il gruppo deve risolvere non sono affatto banali. Per esempio: vendere Sparkle, la rete Internet internazionale? Cedere il ricco boccone di Tim Brasil o invece investire per diventare l’operatore numero uno in Brasile? Il piano per la banda ultra larga prevede accordi o fusioni con media company? Con Mediaset, con la Rai? Quali saranno i passi successivi, un più massiccio ingresso di francesi o spagnoli? E come essere certi che i loro interessi non siano in contrasto con quelli del Paese? Che cosa intende il governo quando dice che “Telecom è strategica”, forse che finirà il suo destini di preda? E chi deve rispondere a queste domande, l’ad Patuano o l’azionista di riferimento Bolloré? Forse il presidente del Consiglio.
Bruno Manfellotto – Questa Settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto -  12 nobembre 2015

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