Li Stiamo Perdendo. Figli dell’inadeguatezza e delle
incoerenze nostre. Sognano un futuro all’estero e dell’Italia ammirano Maria De
Filippi e Valentino Rossi. Sono i millennials, generazione di casa nostra tutta
social e poca società: i nati tra la fine del Novecento e il nuovo secolo. (..).
E’ un pugno nello stomaco l’evoluzione negativa degli stati d’animo e delle
aspettative per gli anno a venire messe a confronto con un altro sondaggio, realizzato più di
trent’anni fa, nel 1983. Era la stagione di “Happy days”, il mito televisivo
fonzian-renziano di magnifiche sorti e progressive, sia individuali che
collettive. L’ottimismo come spirito pubblico; la spensieratezza come cifra
individuale. L’Italia, se non tutta da bere come Milano, andava sorseggiata in
allegria dopo i cupi anni ’70. Non è più così dopo la Grande Crisi, la più
lunga e dirompente dalla Seconda Guerra mondiale in poi. (..). Peggio del
disastro economico, agli occhi degli adolescenti, è il disastro etico-morale.
La disonestà di chi ricopre cariche pubbliche è la causa principale dei mali
italiani. (..) Non c’è nulla da moraleggiare nei loro confronti. Il disimpegno,
la sfiducia, la chiusura nel privato…E’ quanto, dopo un trentennio di
dissipazione delle risorse e di svendita dei valori costitutivi di una nazione,
stiamo lasciando loro in eredità. Il Presidente Del Consiglio crede che “la felicità sia
l’orizzonte politico da dare agli italiani”, come ha detto in un colloquio con
Federico Geremicca pubblicato sulla “Stampa” di Torino. Per i millennials i
ladri d felicità non hanno colore. (..). Non C’E’ Indulgenza insomma nello sguardo degli adolescenti
sul mondo dei grandi. Anzi , ci mettomo davanti allo specchio. Il riflesso è
urticante. Siamo costretti a vedere, proiettato su chi ci sta a cuore, quel mal
mostoso sentimento di inconcludenza che fa dell’Italia. un Paese bloccato dalle
sue caste, da privilegi potenti quanto inaffidabili. (..). “Siete rassegnati a
tutto, fate pena” recita una delle battute chiave di una vecchia commedia di
Giuseppe Patroni Griffi sul disagio generazionale, “In nome di una signora
amica”, riproposta nei prossimi giorni a Milano dopo il debutto di Napoli. Il
figlio si ribella alla madre: “A noi non ci accadrà di vivere in una società
che non ci piace, in un mondo che non ci piace. Almeno quello che non vogliamo
lo sappiamo, la nostra generazione sarà migliore”. “E tua madre te lo augura,
figlio mio, perché la nostra è stata triste assai”. Scena da applausi. Ieri
come oggi. Ma non c’è più tempo. Il sipario sta calando.
Luigi Vicinanza – Editoriale www.lespresso.it
@vicinanzal – 19 novembre 2015
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