Etichette

giovedì 19 novembre 2015

Lo Sapevate Che: L'Amore è troppo importante per perderlo...



Mi ha molto colpito la sua riflessione sulla relazione tra “poliamore” e “revocabilità delle scelte”. Sarà che sto vivendo da non sposata una relazione tormentata con un uomo sposato e non smetto di interrogarmi su fedeltà e tradimento, bisogni individuali e valori, ma fondamentalmente il dilemma per me e il mio amato resta proprio la “revocabilità delle scelte”, in primis quella matrimoniale. (..) anche Papa Benedetto sembra aver sancito la totale libertà umana di revocabilità di qualsiasi scelta, ivi inclusa quella divina, esprimendo in tal modo il primato del sentire umano, consapevole del proprio mutamento e della propria evoluzione (..). La fedeltà incondizionata alle proprie scelte, siano esse religiose, o altro, non è dunque un principio di identità di tipo statico basato su convincimenti, su un racconto cristallizzato, piuttosto che sull’autentica consapevolezza della propria umanità contraddittoria, possibile di evoluzioni e rivoluzioni?(..) Liberi di conoscere e sperimentare la vita, non dico più felici, ma più consapevoli dell’esperienza umana come unicum irripetibile? Anzi mi pare che tale libertà comprenda un’irrequieta, dolorosa felicità alla quale non vorrei rinunciare.  Lettera firmata
Il tema che lei pone e che investe il rapporto tra libertà e felicità è stato oggetto di interessanti riflessioni da parte di psicoanalisti e filosofi, a incominciare da Freud che nel Disagio della civiltà in proposito scrive: “Di fatto l’uomo primordiale stava meglio perché ignorava qualsiasi restrizione pulsionale. In Compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molo esigua. L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza”. Se la felicità consiste nella mancanza di qualsiasi restrizione pulsionale, ha buon gioco. Marcuse bel sottolineare che per noi occidentali, vivendo in una civiltà ormai assestata in termini di sicurezza e di soddisfazione dei bisogni, è possibile allentare le restrizioni pulsionali e perciò propone in Eros e civiltà di “ capovolgere il senso di marcia dell’evoluzione storica, di spezzare il nesso fatale tra produttività e distruzione, libertà e repressione e apprendere l’arte di utilizzare la ricchezza sociale per modellare il mondo dell’uomo secondo i suoi istinti di vita”. (..). Per me il problema si pone altrove. Siccome viviamo in una società tutt’altro che liquida, come sostiene superficialmente Zygmunt Bauman, ma anzi rigorosamente cementata dalle regole ferree dell’economia e della tecnica ormai globalizzate, ne consegue che siamo tutti etero diretti dai criteri dell’efficienza e della produttività. Non più uomini ma funzionari di apparati, che devono solo eseguire azioni descritte e prescritte dall’apparato di appartenenza. (..) Ma se l’amore diventa al’unico ricettacolo dove reperire un proprio senso rispetto a una vita alienata, allora diamo all’amore un carico eccessivo che non si difende dall’instabilità e dalla mutevolezza delle passioni, dove esaltazione e sconforto camminano affiancati e la realizzazione di sé ha intimi confini con la perdita di sé. In questo turbinoso movimento, dove nulla è stabile ma tutto è revocabile, come si costruisce una biografia in cui potersi riconoscere?
Umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica 14 novembre 2015 -

Nessun commento:

Posta un commento