Etichette

giovedì 21 febbraio 2013

Lo Sapevate Che: Nonna Carla...


Quante nonne Carla ci sono in Italia? “Tante” ha risposto Mario Calabresi nel presentare ai Caffè Letterari l’ultimo, struggente libro di Alain Elkan.
Nel Diario Intimo, “una sola”, ribadiva Alain ricordando mamma Ovazza, nonna per tutta la famiglia, figli, nipoti e pronipoti.
Anche Elkan è diventato nonno e nuovo patriarca della famiglia; ha preso il posto di nonna Carla che se ne è andata dopo una lunga malattia lasciando tutti addolorati e interdetti perché tutti siamo impreparati di fronte alla morte di una persona cara.
Ci colpevolizziamo per non aver fatto abbastanza, per i silenzi, i discorsi non finiti, le omissioni; era già successo ai partigiani sopravvissuti, ai reduci della ritirata di Russia, ai pochi superstiti della Shoah di autoaccusarsi. Il trapasso comincia già quando nonna Carla, stranamente muta, coperta da un lenzuolo verde, è nelle mani dei medici, che non dicono mai niente, che vietano la presenza delle persone che le vogliono bene per non turbare gli ultimi momenti di vita. Poco prima era lei stessa a mandare via figli e nipoti e quindi il discorso, le parole e le buone intenzioni apparivano inutili.
La vera vittima è stato il papà, destinato a rimanere solo dopo la morte della moglie consolato dai figli, in particolare da Alain che, esortato dall’amico rabbino Elio Toaf, si era riconciliato con lui dopo un litigio; gli aveva ricordato il comandamento che impone di rispettare i genitori lasciando perdere il torto o la ragione di ciascuno.
Di padre francese e madre piemontese, costretti a lasciare l’Italia al tempo delle leggi razziali fasciste, Alain ha molti ricordi legati a certi angoli defilati della nativa New York in cui aveva vissuto da bambino, ai corsi alberati e ampi di Torino in cui aveva passeggiato col passo svelto dei giovani e che, ancora oggi, gli sono molto cari.
Dopo la dipartita, il volto di nonna Carla appariva meno contratto, coi lineamenti distesi, quasi ricordasse la sua casa a Moncalieri che si era tramandata di generazione in generazione. Dopo la sua morte, il giardino è rifiorito a significare che la vita continua e il divenire delle stagioni è più forte della morte. Nessuno ha il coraggio di toccare niente in quella casa che ha le memorie e le abitudini della nonna; non si cambia nulla nelle vecchie stanze arredate alla piemontese.
Le case esistono come simbolo e riesce difficile modificare qualcosa; si rimanda sempre quando si tratta di venderle perché troppo cariche di ricordi. E’ ancora viva la memoria delle vacanze estive che si passavano in collina piuttosto che al mare o in montagna e si ha sempre l’impressione di incontrare la nonna sorridente tra gli alberi e i sentieri del “suo” giardino nei periodi più verdi dell’anno.
Domenico Bicchi – febbraio 2013

Nessun commento:

Posta un commento