Etichette

sabato 23 febbraio 2013

Lo Sapevate Che: ..La Fine Del Mondo...


Vent’Anni
Alla Fine Del Mondo

Apocalisse non è la fine. E svelare ciò che è stato tenuto ipocritamente nascosto.

“Ma poi stai tranquillo, tanto fra due settimane non finisce il mondo?”. Ho colto questa frase mentre aspettavo l’autobus alla fermata. Erano due studenti come me e parlavano del loro primo esame. Cadeva a dicembre, pochi giorni prima dell’Apocalisse Maya. L’avevano annunciata fino allo sfinimento, questa Apocalisse. Ma sotto le risate di quei ragazzi ho colto un vago senso di rassegnazione. Come se, a conti fatti, la fine del mondo sia un fattore da tenere in seria considerazione.
Ci hanno detto che sta per finire il mondo. Ci hanno detto che stanno per finire molte cose, in verità: i posti di lavoro, il diritto allo studio, le pensioni, le prospettive, i finanziamenti alla scuola e alla sanità, le risorse naturali, il mite clima europeo. Tutto quello che circonda sembra avere le ore contate.
Siamo la generazione dell’Apocalisse, noi ventenni di oggi. Siamo quelli nati sull’orlo del baratro. E su quest’orlo corriamo cercando di bruciare tappe per le quali sembra non esserci più tempo. Hanno mandato avanti i nostri orologi, biologici e culturali. Da ogni dove, ci sentiamo dire che bisogna correre, conquistare, battere gli altri nella gara a chi arriva prima, a chi prende il posto migliore, a chi fa più esperienze.
Di tempo sembra non essercene più.
Ci dicono che finita l’infanzia non potremo più giocare, finita
l’adolescenza non potremo più giocare, finita l’adolescenza non potremo più divertirci. Che la vita sarà difficile, una lotta, sempre una lotta, nella quale bisogna arrivare primi. Non c’è più tempo per guardare fuori dalla finestra quando cade la neve, o fermarsi a chiedersi dove stiamo andando. Anzi, fermarsi è un tabù. Se ci fermiamo, qualcuno ci passerà avanti, rubandoci il master, il lavoro, l’amore, la gloria, la pensione.
Non dite che noi giovani non abbiamo voglia o energia di fare nulla. Il problema è che non sappiamo dove andare. Ci avete detto che tutto sta finendo. Come palliativo, ci avete dato tutto quello che volevamo: il divertimento, lo sballo, i viaggi, i vestiti, le droghe, la noia. Ci avete ubriacati di sensazioni presenti, per non farci sprofondare nell’ansia di fronte a un futuro che sembra pronto a finire già domani. L’unica cosa che vorremmo davvero, non ci avete insegnato a desiderarla: un sogno. Sarebbe bello, avere un sogno. Alcuni di noi ce l’hanno, ma rimane sbiadito sull’orizzonte. Perché come si fa a progettare qualcosa, se ti dicono che non c’è più nulla di sicuro nella tua vita?
Una volta, un mio vecchio compagno di scuola mi spiegò che i Maya erano in realtà marziani, fuggiti dalla Terra prima che i conquistatori occidentali riuscissero a sterminarli tutti. Fossimo stati lì con loro, saremmo partiti anche noi. Magari i Maya torneranno su una grande astronave colorata, per ridere di fronte al collasso di quella società occidentale che secoli prima aveva distrutto i loro sogni di serpenti piumati e città  d’oro.
Forse noi ventenni partiremo con loro. Il viaggio sarà duro, ma perlomeno ritorneremo a veder le stelle.
G.Z.

Ho dovuto tagliare una lettera bellissima, che qui riporto per sommi capi, perché non basta una pagina per contenerla.
Ho dovuto tagliare tutte le parti ironiche con cui si descriveva questa radicale assenza di speranza che caratterizza la condizione giovanile. E mi dispiace, perché in quell’ironia c’era anche il sospetto che forse ce la si può ancora fare. Perché quando c’è questo sospetto, che quelli che non vogliono vedere come effettivamente stanno le cose chiamano “speranza”, il dolore non è cupo e muto, ripiegato su se stesso, senza più uno sguardo che voglia sporgere sul futuro.
Apocalisse (dal greco apo-Kalypto) vuol dire “togliere il velo” “svelare quel che era nascosto”. E quest’opera di verità la stanno facendo i giovani, per farci sapere che mondo abbiamo creato per loro.
Un mondo senza sogni, un mondo senza desideri che abbiamo estinto ogni volta che davamo loro una cosa prima ancora che la desiderassero.
I giovani non ci succedono come sempre è avvenuto nel ritmo delle generazioni, i giovani di oggi divaricano da noi, se ne vanno da un’altra parte, cercano un’altra terra, perché questa è per loro inospitale. E in questa ricerca sentono su di loro il destino dei Maya, estinti con l’avvento degli occidentali. Perché è l’Occidente, che si crede la punta più avanzata di civiltà, ad aver creato questo mondo senza speranza, con la terribile sensazione della sua fine, che per il momento chiamiamo semplicemente “crisi”. Ma non è una crisi.
Come dice la parola “Occidentale”, è un tramonto.
Umberto Galimberti – Venerdì di Repubblica – 16-2-13

Nessun commento:

Posta un commento