Tantissimi, incontrando Walter Veltroni ai Caffè Letterari pensavano di sentire unicamente il poliedrico uomo di cultura, di cinema, di teatro, di musica, di arte e si sono ritrovati di fronte al sindaco umanissimo della capitale d’Italia che ha espresso i suoi sentimenti minuti e nascosti, con grande sincerità, cosa rara per un politico.
Testimone attento del tempo in cui viviamo, si è professato un dilettante della scrittura di un suo libro, il primo. Ci ha tenuti incollati a una sedia per oltre un’ora da bravissimo affabulatore qual è. Forse non ricordava quello che aveva detto Moravia: “I libri felici e riusciti si sgomitolano da soli”; le cose che ha raccontato le aveva già tutte dentro.
L’agosto scorso, ha scritto “La scoperta dell’alba”, nel periodo in cui buona parte dei romani erano in ferie, compresi i suoi familiari; una parentesi di venti giorni, l’unica relativamente libera da impegni pubblici, in cui ha messo su carta le sensazioni provate a contatto con la gente, migliore di come viene rappresentata, soprattutto i bambini e, per loro come sindaco, ha aperto ludoteche e librerie, prevalentemente in periferia, perché sentano che il cuore della città è vicino a ciascuno e i libri sono portatori sani di emozioni, il più bel dono che un essere umano possa fare ad altri esseri umani. Scrivere è un vizio ma fa meglio del fumo.
Facendo del volontariato, va spesso a visitare i bambini malati e li ha trovati molto più forti, più immediati, più “fisici” dei grandi. Porta i giovani a contatto con le miserie dell’Africa e nei lager nazisti perché tocchino con mano la povertà e le brutture del presente e del passato. Pensa che sia una buona terapia contro il bullismo di tanti loro coetanei e li aiuti a sorridere più spesso riflettendo sul molto che hanno rispetto al niente di tantissimi loro coetanei e a conoscere gli errori del passato per evitarli nel futuro. Occorre usare il Noi piuttosto che l’Io per evitare il trionfo dell’individualismo e della cancellazione dell’idea stessa di interesse e progetto collettivo.
L’infanzia è l’alba della vita che rivela la grandezza e l’annuncio di Dio, il passaggio dal buio alla luce, Il messaggio del libro è che la vita è meravigliosa anche perché contiene altre vite che ciascuno ha dentro di sé, in perenne mutamento, a contatto con persone, films, canzoni, fatti lieti o tristi; noi siamo il prodotto delle esistenze degli altri e dobbiamo raccontarle per farne parte a tutti in un mondo in cui sembra prevalere l’indifferenza; nessuno deve sentirsi solo in una grande città perché, quasi sempre, le esperienze di ciascuno sono diverse e simili a quelle degli altri.
Ha riversato la sua umanità nei personaggi del romanzo immaginari e, a un tempo, reali. C’è qualcosa del padre, uno dei fondatori della Rai, morto giovanissimo a 38 anni quando lui era ancora bambino e la grande protagonista della sua vita è stata una grande donna, la mamma che gli ha trasmesso, oltre al ricordo del padre, valori importanti e la gioia di vivere anche quando c’è il dolore.
Nella sua esistenza, come nel romanzo, protagoniste sono le donne, più forti di noi uomini che siamo più pavidi e fragili. Epifania della memoria, l’amarcord della sua famiglia, con, al centro, gli occhi vivi della mamma sempre attenti anche quando Walter, sposandosi, ha cambiato casa e si è fatto una famiglia. Diventato, a sua volta padre, ha sentito la mancanza di un punto di riferimento maschile e se l’è inventato, giorno dopo giorno; non è una cosa che si impara a scuola.
Giovanni, il protagonista del libro, immagina di essere tornato nella vecchia casa di campagna, il rifugio di quand’era bambino, il suo posto delle fragole, il giardino, prima incolto e, poco alla volta, reso splendente come in un sogno, l’edera rampicante lungo la facciata e il monumentale telefono nero di bachelite, così simile a quello di città “duplex”, con il lucchetto chiuso sull’ultimo numero e i vicini che picchiavano alle pareti quando le telefonate andavano troppo per le lunghe.
E’ uno dei motivi dominanti del libro il vecchio telefono scuro, per mezzo del quale, quasi per miracolo, attraversa il tempo immaginando una chiamata che il protagonista grande faccia a se stesso, piccolo: Tutto sembra ieri, passato veloce come in un sogno. Da quel luogo ripercorre i giorni della sua adolescenza, fra il “68” , il rapimento di Moro, l’uccisione di un professore universitario, Bachelet, la sparizione improvvisa e inspiegabile di suo padre, forse terrorizzato dalle brigate rosse, da cui riceveva minacce tutti i giorni in quegli anni di piombo.
Personaggi sullo sfondo i due figli molto amati, Lorenzo il più grande e Stella, la sorellina down, graziosa, possessiva e gelosa, legatissima a lui. Tutti dipendiamo da tutti e abbiamo una storia che va raccontata per sentirsi parte degli altri e capire che la vita, nella gioia e nel dolore, vale la pena di essere vissuta.
Domenico Bicchi – Febbraio 2013
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