Oggi si parla molto di crescita, ma non si capisce bene come
si può avere una vera crescita con una macchina piena di guasti. Riparare questi guasti è un compito che coinvolge tutti. E non sarà indolore. Ma è la sola strada, altrimenti bisognerà rassegnarsi.
Il nostro problema è una classe politica avvilita su se stessa. Ed estremamente litigiosa. Come si vede in certi dibattiti televisivi che diventano spesso degli incontri di pugilato, con il pubblico che applaude in studio: “Uno a zero!”, “Due a zero!”. L’obiettivo diventa sostanzialmente quello di abbattere l’avversario, di mostrare quando è incapace e inaffidabile, dissotterrando vecchie storie, elencando solo i dati a proprio favore, litigando su ogni cosa. Il pubblico sa che quando sono presenti in studio certi personaggi la temperatura salirà, e lo scontro è assicurato. In altri casi la polemica è più contenuta, ma è molto difficile che affiorino in modo costruttivo, con la ricerca di soluzioni, i grandi problemi di cui abbiamo parlato.
Per riuscire a effettuare un “passaggio di categoria” da un livello a quello superiore, il nostro paese deve ovviamente affrontare molti cambiamenti. Alcuni richiedono tempi lunghi, altri meno, alcuni richiedono consistenti investimenti, altri sono quasi gratuiti. In particolare esistono degli “acceleratori”, di cui abbiamo parlato, che possono essere attivati in tempi brevi e possono incidere in modo strategico sui cambiamenti. Per esempio premendo sul pedale del merito, dei valori, del rispetto delle regole, attraverso un forte sistema di premi e punizioni. E agendo su altri acceleratori come la cultura, l’educazione, la ricerca, le televisione e tanti altri fattori di crescita, come l’imprenditoria creativa, che possono fertilizzare il paese e la sua capacità produttiva. Puntando anche sull’eccellenza: partendo dalla scuola, e allevando una nuova generazione di leader capaci di portare il loro contributo non solo nella scienza, nella tecnologia e nell’economia, ma anche e forse soprattutto nella politica.
Questo si può fare senza pesare sul deficit o sul debito, anzi ponendo le premesse per poter riemergere dal fondo. E’ anche, e soprattutto, a questo che serve la politica.
Una politica che inietti vitalità nel paese. Che con il proprio comportamento dia un segnale nuovo e diverso. Offrendo di sé un’immagine credibile. Una diversa classe politica della quale la gente possa fidarsi.
Una volta si diceva che erano le guerre a cambiare le situazioni, creando un trauma che portava via il vecchio e faceva nascere il nuovo. Oggi la crisi provocata dall’esplosione del debito pubblico per innescare l’inizio di un cambiamento, che restituisca al paese la cosa più preziosa per riprendere a camminare: la fiducia.
Piero Angela – A Cosa Serve La Politica -
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