Etichette

martedì 26 febbraio 2013

Lo Sapevate Che: E' Nata Elisa...


“Una nuova vita, una piccola meraviglia, sembra così normale ma per noi è davvero speciale”
Questo è l’annuncio italo-olandese del lieto evento che rimbalza dalle nostre parti a Maggio in una primavera olandese già avanzata. Una tulipanina mediterranea sboccia in quel paesaggio popolato di bimbetti rosei coi capelli biondi. Gli occhi hanno un colore indefinito con sfumature che vanno dal marrone al verde azzurro mare. L’incontro con quell’esserino è, a un tempo, tenero e forte e dà un’emozione grande, difficile da descrivere. Elisa sembra guardare con occhi stupiti, ora gioiosi ora piangenti, il palcoscenico di questo mondo in cui convivono letizia e tristezza. Ricerca avida il seno materno, incurante del suono di un carillon portato dall’Italia.
Ora sembra sorridere, appagata tra le braccia della mamma, del papà, dei nonni, dello zio e, infine, viene deposta nel lettino. Il suo respiro è lieve; vicino, in strada il fruscio delle biciclette, il cinguettio degli uccelli e, in lontananza, il respiro profondo del mare cullano il suo riposo.
La prima uscita in carrozzina avviene fra le linde casette di Hoorn che sanno di saga nordica e di terra strappata all’acqua da gente operosa.
Ed eccoci al porto accanto al muretto su cui, da secoli, vigilano i bronzi di tre mozzi, preziosi gregari nelle mitiche navigazioni olandesi in tutto il mondo. Una breve sosta vicino alla storica sede della Compagnia delle Indie  e poi ci incamminiamo sulla sterrata dello Zuiderzee lunga 240 chilometri, riservata a ciclisti, pedoni, bambini che si rincorrono e ridono di tutto nei loro occhi azzurri, felici dopo il lungo inverno del Nord.
La strada si inoltra in un bosco: squarci di mare appaiono e scompaiono, un airone cinerino ci fissa appollaiato su di una gomena, la sua compagna sfreccia nel cielo e, in lontananza, i raggi del sole al tramonto trafiggono di luci rosse le onde.
Elisa ci richiama alla realtà con l’ora della pappa. Ci avviamo verso la sua casetta di bambola lasciandola nelle braccia di mamma e papà. Prendiamo la via dell’albergo che ci ospita.
Dopo la nostra consueta, frugale cenetta, chiediamo col nostro inglese incomprensibile ai più, un bricco di acqua calda e una bustina di camomilla. Un’algida fanciulla ci porta una caraffa di latte bollente e un cuscino; a noi non resta che abbozzare e ripensare alle svogliate lezioni d’inglese…
Una bella dormita ci rigenera e, al mattino, siamo risvegliati fal canto dei cuculi che festeggiano una primavera quest’anno già estiva, coi tulipani ormai sfioriti e i gerani che incominciano ad accendere di colori i davanzali delle finestre e le aiuole dei giardini.
“Non esistono più inverni con canali e laghetti ghiacciati e primavere fresche” dicono i vecchi del posto. Giovani e meno giovani hanno riposto in soffitta i pattini da ghiaccio sostituendoli con quelli a rotelle. Le biciclette ancora più numerose, sfrecciano a sciami sulle piste e sulle strade. La gente appare più rilassata e paciosa in confronto alla schizofrenia italica. Fa un certo effetto poter passare sulle strisce pedonali senza il patema di essere travolti; desta
 sorpresa poter indugiare un attimo davanti a un semaforo, diventato verde, magari guardando la facciata di un bel palazzo senza il consueto schiamazzo dei clacson con contorno di visi arrabbiati. S’impara pazienza, tolleranza da questa gente multietnica che, per certi versi, sarebbe piaxiuta a Francesco d’Assisi, con gli uccellini che becchettano le briciole sui tavolini all’aperto, nelle piazze, sui marciapiedi e una grande pace avvolge uomini e cose. Le sere delle vigilie dei giorni di festa fanno contrasto, punteggiate da canti, rumori, favoriti da ciclopiche bevute di birra.
La gente è riservata ma gentile e prodiga di consigli quando riesce a capire il nostro linguaggio fatto di gesti, di segni, di parole smozzicate in un inglese maccheronico.
Ritorniamo alla nipotina che guazza gioiosa nell’acqua del bagnetto, con pianti quando, gocciolante, deve uscire accolta dall’accappatoio. La gatta Fabi giace inappetente e immalinconita in un angolo della stanza. Addio giorni felici in cui ronfava fra le braccia di Tiziana e Simon ed era l’ombelico della famiglia. E’ arrivata una creatura, ai suoi occhi gialli, piccola e desiderata ad occupare il suo posto; vita dura anche per i persiani con pedigree.
Il neo nonno Domenico, cinofilo accanito con scarse simpatie feline, vede con favore e con un pizzico di sadismo questa nuova situazione che pone al centro della casa una splendida creatura che tanto ricorda nei tratti mamma Tiziana da bambina con i riccioli chiari di papà Simon. Prima di uscire di casa, una pietosa carezza all’umiliato felino che miagola per la gioia; davvero non se l’aspettava, almeno non da me.
Fra una spupazzata e l’altra ad Elisa, una bella gita ad Harlem con splendidi musei aperti, una piazza da favola ma la splendida cattedrale è chiusa; si ode ogni quarto d’ora il carillon delle campane. I mitici giganteschi giardini sono sbarrati perché ormai sfioriti; l’effetto serra ha colpito anche qui.
Una puntata ad Amsterdam non si nega a nessuno; stavolta l’abbiamo vista a bordo di un vaporetto in una bella giornata di sole. La Venezia del Nord ci svela nuovi angoli suggestivi con scorci che, da terra, ci erano sfuggiti: palazzi pensili, barconi abitati da bohemiens e l’immenso mercato di fiori, visti dal mare, assumono altre prospettive con colori che  paiono tuffarsi nell’acqua.
Papà Simon, stremato dal lavoro e dai pianti notturni di Elisa, dorme ovunque, sul treno, sul battello e sul tavolo del ristorante. La nostra mente e il nostro cuore corrono sempre ad Elisa che rivedremo in Italia a Natale. Sarà una grande gioia averla con noi per la più bella festa dell’anno.
Domenico Bicchi

Nessun commento:

Posta un commento