Quelle più recenti in Francia sono finite in tribunale.
Un vademecum per orientarsi
Non è passato molto da quando, per i suoi 50 anni, veniva salutata (e ringraziata) per aver determinato la liberazione sessuale e riproduttiva delle donne. Di recente però la pillola contraccettiva è finita sul banco degli imputati, e non solo metaforicamente: in Francia la 25enne Marion Larat ha trascinato in tribunale la Bayer, azienda produttrice di Meliane. Larat sostiene che il farmaco abbia provocato l’ictus che le ha causato un’invalidità permanente del 65%. Ma i casi sono molti di più (e non solo oltralpe), e l’Agenzia francese per la sicurezza del farmaco ha dichiarato che, negli ultimi 25 anni, sono stati segnalati quattro decessi da trombosi venosa collegata all’assunzione di Diane 35, una pillola con indicazioni anti-acne. Sotto accusa sono in particolare le pillole di terza e quarta generazione, cioè più recenti, tanto che il ministro della Salute Marisol Touraine ha annunciato che il sistema sanitario non rimborserà più questo tipo, ma solo quello di seconda generazione. Ora i ginecologi temono una fuga in massa dalla pillola, o il ritorno acritico alle formule di seconda generazione. Quelle che Alessandra Graziottin, di Milano, definisce “un ottimo modello, ma non adatto a tutte. Il contraccettivo va prescritto in base a un’accurata valutazione di caratteristiche fisiche, storia familiare e stile di vita”.
Le pillole “combinate"
La maggior parte di quelle in commercio sono estro-progestinici, cioè una combinazione di due ormoni artificiali, analoghi a quelli prodotti dalle ovaia. A bloccare l’ovulazione è il progestinico. L’estrogeno completa l’azione contraccettiva (consentendo così un dosaggio più basso rispetto al singolo ormone), e fa comparire una pseudo-mestruazione, del tutto simile a quella naturale.
Prima e seconda generazione
“le prime formulazioni contenevano quantità altissime di ormoni, che poi negli anni sono state diminuite progressivamente”, osserva Carl Flamigni, presidente onorario dell’Aied, Associazione italiana per l’educazione demografica e co-autore del manuale di divulgazione Contraccezione (ed. Asino d’Oro). La seconda generazione ha dosaggi più bassi (ma non ancora bassissimi) di due ormoni: l’etinilestradiolo come estrogeno e il levonorgestrel come progestinico: “Questo tipo registra il minor rischio trombotico in assoluto, ed è indicato per chi ha un buono stato di salute generale e una corporatura esile, non soffre di acne, irsutismo né ritenzione idrica. Inoltre mantiene un buon desiderio sessuale, quindi è indicata per donne con scarsa libido”, spiega Graziottin. Attenzione però: queste molecole, anche in base al dosaggio, possono dare aumento di peso, ritenzione idrica, acne e pelle grassa. “Per chi invece ha un iperandrogenismo genetico, meglio un contraccettivo mirato al problema”. Negli anni 80 la ricerca farmaceutica ha puntato a nuove molecole di progestinico, prive di questi effetti collaterali.
Terza e quarta generazione
Si arriva così a formule più recenti, con progestinici nuovi (gestodene, desogestrel, drospirerone o ciproterone acetato) e dosaggi sempre più bassi. Da poco è stato messo a punto un nuovo estrogeno, l’estradiolo (che in alcuni casi ha sostituito l’etilinilestradiolo). E tra i nuovi modelli ce n’è uno a base di solo progestinico, adatto alle donne che non tollerano gli estrogeni: per esempio chi soffre di emicrania con aura (visione di macchie luminose) o problemi di peso, forti fumatrici, ipertese. “I contraccettivi di soli progestinici rendono però il ciclo molto irregolare. Per questo non sono diffusi in Italia, dove, per cultura, l’idea di buona salute femminile è legata alle mestruazioni”, nota Flamigni. Per la stessa ragione, da noi non ha avuto successo la pillola che sospende le perdite ( benché simulate, come sempre quando si assume una qualsiasi pillola): “Inizialmente concepita per evitare i disturbi associati al ciclo, dalla cefalea agli sbalzi di umore, si può assumere anche per un anno di seguito”.
Innovazioni con pro e contro
“Oltre a non avere i problemi precedenti, alcune molecole di nuova generazione sono servite a formulare pillole utili contro la sindrome dell’ovaio policistico, i flussi abbondanti o la sindrome premestruale grave. Hanno cioè un effetto stabilizzante sull’umore limitando irritabilità, tensione, attrazione per i cibi super grassi”. Questi farmaci sono perciò indicati anche per le donne prossime alla menopausa. Ma sono proprio le pillole più innovative a essere finite nella bufera, accusate di aumentare trombosi ed embolie. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, il rischio di trombosi per le donne che non usano contraccettivi orali è di 2-4 casi l’anno su 10mila; per chi assume le pillole di seconda generazione resta sui 4, fino ai 6-8 delle formulazioni più recenti. Secondo lo studio Mega al levonorgestrel, a 6,2 per quelle al drospirenone. Una ricerca recentissima della Fda (Sydney et al., 2012) indica un aumento di rischio trombo litico legato all’età: fino ai 24 anni, anche per le donne che assumono drospirenone i rischi non sono tanto più alti rispetto a chi non ne assume; il rischio sale nelle donne fino a 44 anni.
D’altra parte, alcune situazioni comportano un rischio anche maggiore: “In gravidanza si stimano 40-60 trombosi su 10mila donne, mentre nei primi 40 giorni dopo il parto il rischio sale fino a 200 trombosi su 10mila”, osserva Graziottin. Ma c’è dell’altro. “ Questo rischio si concentra nei primi mesi di assunzione: ecco perché, a differenza del passato, oggi la sospensione della pillola non si fa pià”, spiega Paola Bianchi, docente di Ostetricia e Ginecologia all’Università La Sapienza di Roma.
Una o più “fasi”
Le pillole più diffuse sono monofasiche, cioè tutte uguali, contenenti la stessa quantità di ormoni. Esistono però anche quelle con dosaggi diversi durante il ciclo: “Le bifasiche, con due diversi quantitativi nella stessa confezione, sono utili a chi ha avuto un aborto recente e ha un endometrio molto sottile. Le trifasiche e le quadrifasiche, per donne molto magre”, spiega Rossella Nappi, ginecologa della Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia) e docente all’Università di Pavia.
Assunzione
La maggior parte delle pillole disponibili in Italia si assume per 21 giorni a partire dal primo giorno di mestruazione effettiva (dunque, non le macchie che in qualche caso possono comparire prima), con una sospensione di sette giorni. Alcune delle pillole più leggere e di nuova generazione sono vendute in confezioni da 28, di cui quattro sono di placebo, senza alcun principio attivo. “Sono utili per evitare gli errori di assunzione legati all’inizio del nuovo ciclo dopo la settimana di sospensione”, specifica Graziottin. “E’ inoltre disponibile una gamma di contraccettivi ormonali che non si assumono per via orale, ma sono formulati per situazioni specifiche per esempio, per chi ha problemi gastro-intestinali, sindrome del colon irritabile o disturbi del comportamento alimentare. In questi casi si può valutare il cerotto trans-dermico, l’anello vaginale o l’impianto sottocutaneo, tutti a base ormonale.
Gina Pavone – Venerdì di Repubblica – 9-2-13
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