Già Voltaire, grande ammiratore della civiltà inglese, aveva letto la storia di quell’isola come lotta contro il potere dei despoti. Nekke sue Lettres philosophiques (Lettere filosofiche, 1734), note anche come Lettere inglesi, vede la guerra civile alla stregua di una guerra di liberazione nazionale dalla servitù. La filosofia di John Locke, padre dell’empirismo moderno, le scoperte di Isaac Newton cui faranno seguito (ma questo Voltaire non poteva prevederlo? Quelle di un altro genio, Charles Darwin, lo avevano sedotto. Nella libertà intellettuale aveva visto la necessaria premessa a teorie o scoperte di enorme portata. Lo storico francese Gustave Lanson nel suo Voltaire (1906) prefando quelle lettere arrivò a definirle: “La prima bomba scagliata contro l’Ancien Régime”.
Nel 1688 gli inglesi avevano fatto una rivoluzione da loro stessi definita (Glorious Revolution), nel 1776 gli americani conquistavano l’indipendenza, nel 1789 scoppia a Parigi un’altra rivoluzione che Voltaire non arriva a vedere (muore nel 1778) ma che egli stesso aveva comunque contribuito a preparare.
Allineo queste date perché mentre il mondo, al di qua e al di là dell’Atlantico, accelerava il suo movimento, nella Penisola italiana, da questo punto di vista, non accadeva nulla. Bisognerà arrivare ai moti del 1848, allo Statuto, alle Cinque giornate, al tentativo effimero di una Repubblica a Roma, perché il lentissimo risveglio cominciato (forse) con le cannonate di Marengo inizi a prendere una sua fisionomia.
Di tutti i segreti d’Italia questo è il meglio custodito e il più importante, un segreto che racchiude quasi tutti gli altri: come mai la storia della Penisola abbia avuto così poco a che fare con la storia della libertà. Molti, me compreso, si sono posti più volte la domanda. Nessuno ha la risposta definitiva ma tra le ipotesi possibili quella che a me sembra avere maggior peso – torno a ripeterlo – è nelle celebri parole di Benedetto Croce rispondendo a chi gli chiedeva che cosa sia il carattere di un popolo. Il carattere di un popolo, disse il filosofo, è la sua storia, tutta la sua storia. Se Croce ha ragione, lì dobbiamo cercare questo segreto, per imparare a riconoscerlo, e, chissà, in un domani, a correggerlo. Parole non nuove, più volte ripetute, tra gli altri da Ugo Foscolo che nell’orazione inaugurale all’Università di Pavia (22 gennaio 1809) conosciuta con il titolo Dell’origine e dell’ufficio della letteratura, ammoniva: “O Italiani, io vi esorto alle storie, perché niun popolo più di voi può mostrare né più calamità da compiangere, né più errori da evitare, né più virtù che vi facciano rispettare”. Si può sperare che sperare che prima o poi l’esortazione venga accolta.
Corrado Augias – I Segreti D’Italia
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