Tormentone di vita quotidiana e tante ricette culinarie italiane ed estere
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giovedì 28 febbraio 2013
Pensieri: Saluto
Foto di Sorrisi di Angeli
Nessuno è troppo grande per un abbraccio. Tutti vogliono un abbraccio. Tutti hanno bisogno di un abbraccio.
Leo Buscaglia, Vivere, amare, capirsi, 1982
Leo Buscaglia, Vivere, amare, capirsi, 1982
Lo Sapevate Che: Ragazzi, Bambini, La Generazione Fragile...
Professori
….
Ai bambini molto piccoli e molto arrabbiati – annoiati, mal mostosi, dispettosi, a volte persino feroci – giova in genere più della terapia farmacologica (o almeno tanto quanto) una sincera rieducazione all’autogestione del malumore. Che è legittimo, spesso – il buonumore. Ho amato le sessioni di lavoro di Bruno Tognolini, poeta e menestrello di rime solo in apparenza per bambini. Conosco adulti anche celebri e stimatissimi che usano al posto del Maalox la sua filastrocca Mal di pancia calabrone contro la gastrite. L’ho visto lavorare come un pifferaio magico, incantando classi d’asilo improvvisamente ammutolite dalla cantilena dei suoi versi. Conosco il potere terapeutico delle Rime di rabbia, cinquanta invettive che da bambino mio figlio Bernardo ha imparato a memoria (non tutte, ma quasi) senza che nessuno gliele insegnasse, così da mettermi al riparo da un’eventuale futura ipotesi – a suo danno o giovamento – di dismemoria. Se uno impara a cinque anni tutti i nomi dei quattrocentocinquanta Gormiti e le poesie che gli piacciono a memoria è chiaro segno che per accendere l’interesse bisogna prima attivare una passione. La disciplina (e l’ordine, e la pulizia) di conseguenza. La preferita, tra tutte, è stata la numero 48:
la Rima della rabbia giusta, che per condivisione qui trascrivo. Raccomando di leggerla ad alta voce, anche piano.
la Rima della rabbia giusta,
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Rima della rabbia giusta
Tu dici che la rabbia che ha ragione
E’ rabbia giusta e si chiama indignazione
Guardi il telegiornale
Ti arrabbi contro tutta quella gente
Ma poi cambi canale e non fai niente
Io la mia rabbia giusta
Voglio tenerla in cuore
Io voglio coltivarla come un fiore
Vedere come cresce
Cosa ne esce
Cosa fiorisce quando arriva la stagione
Vedere se diventa indignazione
E se diventa, voglio tenerla tesa
Come un’offesa
Come una brace che resta accesa in fondo
E non cambia canale
Cambia il mondo.
Concita De Gregorio – Io Vi Maledico
Lo Sapevate Che: Esser Buoni!...
Non Siamo Mai Stati
Così Buoni
Provocazioni
Dati alla meno, sostiene Steven Pinker; viviamo l’età meno
violenta della storia. Almeno in percentuale…..
Steven Pinker è un gran bastian contrario. La maggior parte delle sue risposte cominciano con “no” che spiazza l’interlocutore. Non stupisce, dunque, che nel suo ultimo libro sostenga, a dispetto di tutte le apparenze, che viviamo nel secolo più pacifico della storia della razza umana.
The Better Angls of Our Nature, il titolo del libro che ha acceso aspre discussioni in America e arriva il 5 marzo nelle librerie italiane (ribattezzato Il declino della violenza), Pinker l’ha preso da una famosa frase di Abraham Lincoln e calza a pennello con la sua visione della natura umana: “Un sistema complesso che comprende facoltà che ci rendono inclini alla violenza e altre ce la fanno respingere: per esempio l’empatia, il self-control, un innato senso di giustizia, l’abilità di esprimerci a parole e ragionare”.
La natura umana e le sue implicazioni morali e politiche sono al centro anche dei suoi libri precedenti. Come funziona la mente e Tabula rasa. Perché non è vero che gli uomini nascono tutti uguali, nonché del suo corso di psicologia cognitiva a Harvard. Ma l’idea di concentrarsi sul tema della violenza in relazione con la morale, Pinker l’attribuisce galantemente alla moglie, la filosofa e romanziera Rebecca Newberger Glodstein: “Dal 2007 ricevevo comunicazioni da ricercatori che sostenevano la tesi del declino della violenza. I dati erano interessanti. Ma è stata mia moglie a convincermi che il tema meritasse indagini più approfondite”.
Che metodo ha usato?
“ I metodi classici della storia quantitativa: raccolta di dati e grafici che dimostrino evoluzioni e curve attraverso il tempo considerato. E fonti estremamente differenziate: dall’archeologia forense all’etnografia quantitativa, dai registri degli obitori dei villaggi medievali europei alle statistiche sulle guerre fornite dal Peace Research Institute of Oslo e dall’Uppsala Conflict Data Project/Human Security Report Project, e una miriade di altre ancora. Escludendo qualsiasi fonte “ideologica” per perseguire la massima obiettività”.
Conclude che viviamo nell’era meno violenta della storia.
Non è quello che si direbbe seguendo le notizie.
“La concentrazione dei media su crimini, tragedie, catastrofi e disastri dipende da altri in altri libri. Io posso citare fatti irrefutabili che mostrano una progressione in declino nel numero delle morti violente nei diversi luoghi e stempi”
Quindi stiamo parlando solo di violenza fisica e individuale, non di violenza di regime o in altre forme?
“Io concentro i miei sforzi sulla violenza contro esseri senzienti: casi di omicidio, assalto, rapimento, violenza sessuale, rapina…sia che a commetterli siano individui, sia gruppi o istituzioni include guerre, genocidi, torture, mutilazioni, esecuzioni capitali”.
E violenze più “sottili” come quella sull’ambiente, la discriminazione, la violenza sugli animali?
“Parlo a lungo della violenza sugli animali in un capitolo dove parlo anche della violenza razziale o contro gli omosessuali, o i bambini, tipi di violenze che hanno generato importantissimi movimenti per i diritti”.
Il ventesimo secolo, con due guerre mondiali, passa per essere il più cruento della storia. Invece?
“Difficile dirlo, ma non credo. E’ vero che i dati dai secoli precedenti sono meno accurati e completi, ma la stima del numero delle morti in rapporto alla popolazione mondiale del tempo ci mostra almeno nove atrocità accadute prima del ventesimo secolo che potrebbero essere state percentualmente peggiori, nelle loro conseguenze, della seconda guerra mondiale. Collassi degli imperi, commercio degli schiavi, annientamento delle popolazioni native, guerre religiose….In questa statistica la prima guerra mondiale non va neppure al decimo posto in classifica”.
Parliamo allora del criterio della statistica. Comparare i numeri delle violenze commesse con la quantità di popolazione non è un po’ come relativizzare il valore della vita umana?
“E’ il criterio più rilevante: la proporzione delle morti, non il numero assoluto. Anche perché, se ci si pensa, con l’aumento della popolazione, aumenta il numero potenziale di assassini, despoti, violentatori e sadici. Se quindi il numero assoluto delle vittime della violenza rimane lo stesso, o persino aumenta, ma la proporzione diminuisce, significa che qualcosa di importante è cambiato, per permettere a tutte queste persone in più di crescere libere dalla violenza”.
E secondo lei cos’è cambiato?
“Per spiegarlo ho dedicato due capitoli alla psicologia della violenza: Non credo nell’istinto innato per la violenza, né in quello al pacifismo, penso che in generale esista un’avversione a causare sofferenza fisica a uno sconosciuto (spesso anche solo per timore della rappresaglia) ma che quest’inibizione venga rapidamente vanificata sotto certe circostanze. Per esempio la ricerca di vendetta. O il cosiddetto “rampage”, che accade quando un gruppo di persone che ha sofferto condizioni prolungate di ansia e paura, improvvisamente isola un avversario vulnerabile e gli si accanisce contro. Poi ci sono il sadismo, l’istinto predatorio, l’ideologia. Ma gli umani sono fortunatamente equipaggiati anche con quattro importanti facoltà per evitare la violenza: empatia, autocontrollo, senso morale e razionalità.”.
Nonostante abbiamo abolito la schiavitù e consideriamo incivile infliggere punizioni corporali, nel mondo di oggi pratiche come la tortura e il traffico illegale di esseri umani sono ancora una realtà in molti paesi. Come li cataloghiamo?
“ Occupandosi di violenza, bisogna avere il coraggio di distinguere il livello di orrore. Come dire, le torture dei prigionieri i sospetti di terrorismo, per quanto orribili, non sono all’altezza di millenni di tortura sadica praticata sulle piazze come forma accettata di punizione significativa dal punto di vista della storia della violenza è comunque quella tra regimi basati su idee totalitarie e democrazie liberali basate sui diritti umani. I dati dimostrano che le democrazie sono enormemente meno “assassine” di altre forme di governo”.
Giorgia Mattioni – Donna di Repubblica – 23-2-13
Bontà Con Il Maiale!...
12 voul au vent già cotti, 200 gr di lombo di maiale, 1 cucchiaino di senape aromatica, 1 costa di sedano, 1 cipolla, 1 carota, 1 tuorlo, 1 bicchiere di vino bianco secco, 2 cucchiai di ketchup, olio, sale, pepe.
Tritare la carne di maiale. Tritare finemente le verdure le verdure. In una padella con 3 cucchiai d’olio fare rosolare per 5 minuti il trito di verdure, unire la carne trita e fare rosolare per 3 minuti, aggiungere il vino, fare evaporare e cuocere per 15 minuti. Aggiungere il ketchup e il cucchiaino di senape, cuocere a calore medio ancora per 10 minuti, regolare di sale e pepe. Riempire i voul au vent con il composto e al momento di servire, farli scaldare in forno preriscaldato a 180° per 5 minuti.
Canapè al Patè di Maiale
Per 4 persone
6 fette di pancarrè da canapè (senza crosta), 1 scamorza fresca di 150 gr, 6 fette di prosciutto cotto affumicato, 100 gr di paté di maiale, burro.
Patate al Cartoccio con Maiale
Per 4 persone
Cottura Al Cartoccio delle patate
Le patate devono essere del peso di circa gr.200 l’una e prima di farcirle bisogna lavarle, asciugarle e avvolgerle in carta d’argento facendole cuocere in forno a 180° per circa 40 minuti. Poi lasciarle intiepidire.
4 patate al cartoccio, una cipolla, 200 gr. di carne trita di maiale, 100 gr. di pomodori, 1 cucchiaio di olio, 4 cucchiai di panna da cucina, 25 gr. di burro, 25 gr. di formaggio grattugiato, sale.
Svuotare le patate della polpa, lasciando solo il fondo. Passare la polpa al setaccio.
Preparare il soffritto con l’olio, la cipolla tagliata a fettine, aggiungere la carne tritata e dopo qualche minuto i pomodori a pezzetti. Salare, pepare, mescolare accuratamente e lasciare cuocere per 8 minuti. Unire la purea di patate, la panna, il burro e mescolare bene. Riempire ogni patata con questa farcia e spolverizzare con formaggio grattato. Lasciare gratinare in forno per dieci minuti e comunque, finché la superficie avrà preso n bel colore dorato.
mercoledì 27 febbraio 2013
Lo Sapevate Che: La Pentola Scoperchiata...
La cosa più difficile, dopo il gran botto delle elezioni, è districare il groviglio di luoghi comuni, frasi fatte, formule-slogan che ci accompagnano da mesi e anni. La parola populismo innanzitutto.
Ovvero quest'accusa lanciata disordinatamente contro chiunque abbia l'ardire di accusare i politici regnanti e le loro vaste provinciali inadeguatezze. Ma anche vocaboli come sacrifici, austerità: presentati come nobili porte strette che ci avrebbero restituito prestigio europeo, e che dovevamo alle generazioni future. Infine il concetto-chiave: governabilità. Parola un po' irrisoria, quando il termine oggi preferito non è governo ma l'inafferrabile governance tecnica. Si sono accartocciate come foglie, queste frasi fatte, trascinate da un vento che non sappiamo dove andrà ma sappiamo da dove viene, sempre che si voglia reimparare non solo la politica, ma anche la geografia di un'Italia così poco perlustrata, e compresa.
Ilvo Diamanti ha detto una delle cose più sensate, constatando lunedì lo straordinario successo di Grillo e la non meno portentosa ripresa di Berlusconi. Ha detto, quasi smarrito: "Non sappiano quale sarà la prossima storia d'Italia". È uno smarrimento salutare: sospende il giudizio davanti al monumentale evento. Comunque non lo interpreta ricorrendo ai luoghi comuni su cui tanta parte della politica, della stampa, della Tv, da tempo sono adagiati.
È vero: c'è del populismo in Grillo come in Berlusconi. C'è l'antico ribrezzo provato dalla democrazia sostanziale (il paese reale) verso la democrazia formale, rappresentativa (il paese legale). Se però l'avanzata di Grillo e la rivolta fiscale berlusconiana fossero un vento solo distruttivo, la storia sarebbe prevedibile. Non lo è affatto invece. Anche se dissimili, i populismi non sono oggi solo furia e raptus.
Altro s'intuisce, specie nel voto a Grillo. C'è il desiderio del popolo di farsi cittadino, anziché massa informe, zittita, spostabile. E c'è una vera e propria esplosione partecipativa: non un fuoriuscire dalle istituzioni pubbliche, come in Forza Italia o Lega, ma una presa di parola. Qualcosa di simile all'Azione popolare che Salvatore Settis chiede ai "cittadini per il bene comune", al loro spirito comunitario. Il cittadino dipinto da Grillo non intende annientare lo Stato: "si fa Stato", vuol essere ascoltato, contare. Diffida di un patto con le generazioni future che "salti" quella presente.
Non fu Monti a dire, senza arrossire, che esisteva una generazione perduta di 30-40enni? Citiamo quel che disse al Corriere il 27 luglio 2012: "Esiste un aspetto di 'generazione perduta', purtroppo. Si può cercare di ridurre al minimo i danni, di trovare formule compensative di appoggio, ma più che attenuare il fenomeno con parole buone, credo che chi (...) partecipa alle decisioni pubbliche debba guardare alla crudezza di questo fenomeno e dire: facciamo il possibile per limitare i danni alla generazione perduta, ma soprattutto impegniamoci seriamente a non ripetere gli errori del passato, a non crearne altre, di 'generazioni perdute'". Non facile, per tale generazione, votare senza far deflagrare questa disinvoltura.
Viene poi l'austerità: la condanna di gran parte dei votanti è detta irresponsabile, come se le elezioni fossero una tavola rotonda fra massimi esperti e massime dottrine. Ma un paese deciso a prender la parola non disquisisce calmo: ne va della sua pelle. Qui è l'aspetto più sconvolgente del voto, a mio parere. È l'abissale ignoranza di quel che bolliva nei nostri sottofondi: non da mesi, ma dall'inizio della crisi e forse prima. Le prime iniziative civiche nascono negli anni '90, così come i Verdi tedeschi son figli di Iniziative cittadine (Bürgerinitiativen) che negli anni '70 immaginarono un altro sviluppo economico, un vivere più austero, e nuovi diritti civili (comunità familiari, unioni analoghe ai matrimoni, anche omosessuali).
Il sottosuolo italiano era ignoto a quasi ogni partito, e la lotta elettorale non sarà dimenticata: chi è andato a parlare al Sulcis o a Taranto, chi ha scandagliato la Sicilia città dopo città, come i comunisti d'un tempo, se non Grillo? Gridava slogan, ma era lì dove si soffriva, l'occhio fisso sulla crisi. Grillo non nega il baratro, a differenza di Berlusconi. Guarda in faccia le paure annunciando guerre, ma il legame crisi-guerra è innegabile. Non solo. È stato l'unico a dire l'acre verità, per noi e i paesi industrializzati: "Saremo tutti più poveri, forse, ma almeno saremo più solidali". All'Economist ha confidato: "Il mio movimento è un antidetonante: regola la paura". Difficile confutare il suo presagio: senza M5S, l'ira popolare secernerebbe un'Alba Dorata greca o il dispotismo ungherese di Orbán.
Si è parlato più volte del New Deal di Roosevelt, per vincere una crisi che ricorda il '29. Nulla di analogo viene proposto, né dai governi né dall'Europa, che se solo lo volesse potrebbe lanciare un piano simile. Vorremmo ricordare tuttavia che il New Deal non costruì solo strade, ponti, scuole, università. Roosevelt era convinto che il governo dell'economia aveva fallito, cedendo ai mercati, per un'altra ragione, non contabile ma culturale: l'immane continente americano era ignoto, oscurato da stampa, libri e cinema. Il gran pentolone andava scoperchiato: primo perché chi vive nel cono d'ombra - se visto - si sente riconosciuto, riconquista dignità; secondo perché i governanti correggono i mali solo se li discernono.
Nacque così negli anni '30 il WPA (Work Progress Administration), finanziato dal pubblico e incaricato di esplorare i recessi dell'America. Senza quel programma non avremmo avuto Il Furore di Steinbeck; le emissioni radio e le messinscene teatrali di Orson Welles (fra il '36 e il '37); le musiche popolari raccolte in tutta America da Nicholas Ray; i documentari e fotoreportage sul continente invisibile. Venne poi il Living Newspaper: i fatti del presente venivano inscenati in teatri molto popolari, promuovendo la partecipazione sociale (senza remore ideologiche si imitò il teatro-agitprop sovietico).
C'è chi parla di macerie: tale sarebbe l'Italia dopo il voto. Ma anche questo è luogo comune. Le macerie già c'erano, affastellate da partiti chiusi nei recinti e da regioni (la Lombardia, non esclusivamente la Sicilia) prive di senso dello Stato da un secolo e più. In tutta la campagna, Bersani non ha trovato un solo progetto forte, che oltrepassasse la propria cerchia e si mettesse in ascolto di rivolte e paure. Tanto temeva il populismo che ha sottostimato la rivolta contro le tasse, quasi non sapesse che pagare un'Imu altissima in piena crisi era impossibile a persone con una casa, ma senza soldi. Ha minacciato di tassare i patrimoni superiori a 1,3 milioni, impaurendo le classi medie più che i veri ricchi. Vuol vietare i pagamenti in contante oltre i 300 euro, e ironizza sulla "storiella delle vecchiette" senza carta di credito. Tutt'altro che storiella in un paese vecchio, non abituato alla credit card. Non sono certo lì gli evasori.
L'ignoranza del paese ha distrutto partiti-padroni, e tutto diventa davvero imprevedibile. Ma l'imprevedibilità può essere anche un'enorme occasione: incita a cambiamenti sociali profondi. I progetti alternativi ai dogmi dell'austerità possono sortire effetti negativi: tanti lo temono, insieme al governo tedesco. Ma anche l'anticipazione di effetti perversi può fallire. Se ci precludessimo ogni sperimentazione saremmo paralizzati, prede di ricette che già annientano la Grecia. Nella vita individuale come in quella collettiva vale la pena buttarsi nell'ignoto, riconoscere che certe cure sono mortali. In Italia vale la pena tentare alleanze inedite (l'accordo prospettato da M5S sulle idee: conflitto d'interessi, corruzione, costi della politica), perché solo osando e provando tramuteremo la crisi in una trasformazione. E non è una trasformazione, ciò cui aspiriamo?
Pensieri: Saluto
Risultato elettorale 2013: Gli Italiani da cittadini a sudditi. E i sudditi hanno i padroni che si meritano.
Don Andrea Gallo
Don Andrea Gallo
Buona Giornata a tutti!
Lo Sapevate Che: L'Adesso...
Ad un livello superficiale potrebbe sembrare che il momento sia solo uno dei tanti momenti. Ogni giorno della vostra vita sembra consistere in migliaia di momenti nei quali succedono cose diverse. Eppure, se osservate più in profondità, non vi è forse solo e sempre un unico momento? Forse che la vita non è sempre “questo momento”?
Proprio questo momento – l’Adesso – è l’unica cosa alla quale non potete sfuggire, il solo fattore costante della vostra vita. Accada quel che accada, non importa quanto la vostra vita cambi, una cosa è certa: è sempre Adesso.
Visto che non vi è fuga dall’Adesso, perché non dargli il benvenuto, e farci amicizia?
Quando fate amicizia con il momento presente, non importa dove siate, vi sentirete a casa. Quando non vi sentite a casa nell’Adesso, non importa dove andiate, porterete con voi il disagio.
…..
Eckart Tolle – Parole dalla Quiete
Lo Sapevate Che: La Menopausa...
In Menopausa,
Zuccheri e Grassi Nutrono i Tumori
Uno Studio sui ricettori del progesterone spiega come, nelle donne non più fertili, l’obesità favorisca lo sviluppo del cancro al seno
C’è un periodo della vita in cui le donne devono prestare un’attenzione particolare a ciò che mangiano: sono gli anni che precedono e seguono l’avvio della menopausa. Il calo degli ormoni circolanti, infatti, tende a far acquistare loro peso e questo, oltre a spianare la strada a malattie quali il diabete e le patologie cardiovascolari, può aumentare anche il rischio di cancro al seno.
Il legame tra obesità e tumore della mammella è noto da tempo: l’obesità comporta infatti una sorta di infiammazione cronica dell’organismo la quale, a sua volta, favorisce la trasformazione delle cellule sane in cellule malate. Per quanto riguarda i tumori sensibili agli ormoni, inoltre, le cellule adipose sono in grado di produrre proprio quegli estrogeni che stimolano la crescita delle cellule tumorali. A questo quadro si aggiunge ora un nuovo tassello che riguarda appunto, in modo specifico, le donne che stanno entrando o che sono appena entrate in menopausa.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Aurora, in Colorado, ha infatti pubblicato su Cancer Research uno studio in cui si dimostra, su modelli animali, come l’obesità sia associata a un cambiamento in alcuni processi cellulari mai descritto prima. Perché questa scoperta dia un’indicazione importante per le donne in menopausa lo spiega Marcello Maggiolini, ordinario di Patologia generale del Dipartimento di farmacia e scienze della salute e della nutrizione dell’Università della Calabria di Rende (Cosenza), che da anni studia i recettori estrogeni e, grazie al sostegno dei fondi dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, ne ha identificato uno nuovo ( il GPER). “Finora esisteva un paradigma, e cioè che i recettori del progesterone (cioè le proteine che mediano l’attività biologica dell’ormone) potessero essere attivati soprattutto attraverso l’azione dei recettori degli estrogeni, in un fenomeno a cascata. Si pensava quindi che durante la menopausa, con la riduzione degli estrogeni circolanti, i recettori del progesterone non fossero particolarmente attivi. Lo studio dimostra invece che l’obesità in pre o post menopausa è associata in modo diretto all’attivazione dei recettori del progesterone, senza la mediazione degli estrogeni. Questa
attivazione causa a sua volta l’accensione di diversi geni coinvolti nel metabolismo degli zuccheri e dei grassi, a tutto vantaggio della crescita delle cellule tumorali, che hanno necessità di grandi quantità di substrati energetici. Lo studio è importante non solo perché descrive un meccanismo nuovo , ma anche perché dimostra ulteriormente quanto sia cruciale, per le donne che stanno entrando o sono appena entrate in menopausa, cercare di mantenere il giusto peso attraverso una dieta bilanciata, che dia grande spazio a frutta e verdura fresche, associata a una regolare attività fisica”.
Agnese Codignola – 25-01-13
Delizia Del Palato....
Per 4 persone
150 gr di biscotti frollini o digestive, 75 gr di burro, ½ cucchiaio di cannella in polvere, 350 gr di formaggio fresco cremoso, 3 uova, 120 gr di zucchero semolato, 1 cucchiaio di maizena, 1 bustina di vanillina, 100 gr di panna fresca, ½ limone non trattato, zucchero a velo, sale.
Frullare nel mixer i biscotti con la cannella, 1 cucchiaio di zucchero e il burro fuso. Quindi distribuire il composto sul fondo di uno pirofila di circa 22 cm di diametro, foderato con carta da forno prima lavata e strizzata. Premere bene il composto con il dorso di un cucchiaio. Poi porre la pirofila in frigorifero per ½ ora. Nel mentre mescolare lo zucchero semolato rimasto con il formaggio, unire i tuorli, la panna, la maizena, la vanillina e il succo di limone, la scorza del limone lavata asciugata e grattugiata. Infine, incorporare gli albumi montati a neve fermissima con un pizzico di sale. Versare la crema nella pirofila livellandola e porre in forno preriscaldato a 200° per 1 ora . Non appena la superficie del cheese comincia a dorarsi, coprire la pirofila con carta di alluminio. Quando sarà cotto, farlo raffreddare in forno con lo sportello socchiuso. Sfornarlo e servirlo spolverato di zucchero a velo.
Squisitezze In Torta!...
Per 6 persone
1 lt di latte, 3 porri, 5 mele, 2,5 etti di farina di fave, 2,5 etti di farina di grano, 1 etto di burro, 1 cucchiaio d’olio, sale.
Versate la farina di frumento e fave nella terrina. Aggiungete il latte, le mele e i porri sminuzzati, amalgamate bene e impastate. Condite con olio e sale. Versate l’impasto nella tortiera imburrata. Cospargete la superficie di burro a dadini. Cuocete in forno preriscaldato per un’ora e servite.
Per 6 persone
350 gr di farina, 120 gr di burro freddo a dadini, 1 confezione di yogurt greco, 2 grossi porri, 1 spicchio d’aglio, ¾ di bicchiere di vino bianco secco, 1 cucchiaino di timo tritato, 250 gr di formaggio primo sale, 250 gr di avanzi di formaggi misti tagliati a dadini (o 250 gr di groviera), 2 tuorli d’uovo, burro, sale, pepe.
Riunire nel mixer 300 gr di farina, 1 cucchiaino di sale, 120 gr di burro freddo a dadini, azionare il mixer sino ad ottenere un briciolame. Amalgamare all’impasto lo yogurt, 3 cucchiai di acqua fredda, sino ad ottenere una pasta soda. Formare una palla con l’impasto, infarinarla e sigillarla nella pellicola trasparente. Farla riposare in frigorifero per 1 ora. Pulire i porri, eliminando la parte verde e tagliando la parte bianca a rondelle sottili. In una padella sciogliere 30 gr di burro e fare dorare i porri e lo spicchio d’aglio pelato e tritato, sin quando siano traslucidi, bagnare col vino e fare evaporare, unire il timo e una macinata di pepe, mescolare bene. Amalgamare i formaggi e unirli ai porri, mescolare bene, regolare di sale e lasciare raffreddare. Su di un piano di lavoro infarinato stendere la pasta in due dischi di circa 30 cm di diametro e ad uno spessore di circa 3 mm . Foderare una pirofila di circa 25 cm di diametro, imburrata e infarinata. Distribuirvi la farcia, livellarla e appoggiarvi l’altro disco, spennellando il suo bordo con un uovo battuto con 1 cucchiaio d’acqua e pressando bene i bordi con i polpastrelli, eliminando eventualmente la pasta in eccesso. Spennellare la superficie con l’altro tuorlo battuto sempre con 1 cucchiaio d’acqua, bucherellare la pasta con i rebbi di una forchetta per far fuoriuscire il vapore in cottura e far cuocere in forno preriscaldato a 180° per circa 25 minuti. Servire la torta accompagnandola con mostarda.
martedì 26 febbraio 2013
Pensieri: Saluto
foto pour moi
"Mi si chiede di spalancare il cancello che conduce alla mia anima
di sorridere sempre
di infondere coraggio.
Mi si dice di non cadere
e di dare una mano agli... altri per rialzarsi.
Di non perdere di vista il mio obiettivo
di essere radiosa
di preferire colori vivaci per il mio umore
e d'indossare sorrisi generosi con tutti.
Tacitamente mi si domanda di tenere fede all’allegria.
Ma io sono stanca.
Stanca di essere fonte inesauribile di vitalità
di pensare prima di esprimermi
di guardarmi allo specchio solo di sera.
Stanca di pensare solo di notte
di parlare a tratti
e di ragionare con sotterfugi.
Stanca di dare spiegazioni.
Semplicemente."
Elisa Irene Anastasi
di sorridere sempre
di infondere coraggio.
Mi si dice di non cadere
e di dare una mano agli... altri per rialzarsi.
Di non perdere di vista il mio obiettivo
di essere radiosa
di preferire colori vivaci per il mio umore
e d'indossare sorrisi generosi con tutti.
Tacitamente mi si domanda di tenere fede all’allegria.
Ma io sono stanca.
Stanca di essere fonte inesauribile di vitalità
di pensare prima di esprimermi
di guardarmi allo specchio solo di sera.
Stanca di pensare solo di notte
di parlare a tratti
e di ragionare con sotterfugi.
Stanca di dare spiegazioni.
Semplicemente."
Elisa Irene Anastasi
Buona Serata a tutti!
Pensieri: Saluto
I Tramonti di Morgana
Devo conservare l'amore nel mio cuore oggi, altrimenti come sopravviverò a questa giornata? (O. Wilde)
Buona Giornata a tutti!
Lo Sapevate Che: E' Nata Elisa...
“Una nuova vita, una piccola meraviglia, sembra così normale ma per noi è davvero speciale”
Questo è l’annuncio italo-olandese del lieto evento che rimbalza dalle nostre parti a Maggio in una primavera olandese già avanzata. Una tulipanina mediterranea sboccia in quel paesaggio popolato di bimbetti rosei coi capelli biondi. Gli occhi hanno un colore indefinito con sfumature che vanno dal marrone al verde azzurro mare. L’incontro con quell’esserino è, a un tempo, tenero e forte e dà un’emozione grande, difficile da descrivere. Elisa sembra guardare con occhi stupiti, ora gioiosi ora piangenti, il palcoscenico di questo mondo in cui convivono letizia e tristezza. Ricerca avida il seno materno, incurante del suono di un carillon portato dall’Italia.
Ora sembra sorridere, appagata tra le braccia della mamma, del papà, dei nonni, dello zio e, infine, viene deposta nel lettino. Il suo respiro è lieve; vicino, in strada il fruscio delle biciclette, il cinguettio degli uccelli e, in lontananza, il respiro profondo del mare cullano il suo riposo.
La prima uscita in carrozzina avviene fra le linde casette di Hoorn che sanno di saga nordica e di terra strappata all’acqua da gente operosa.
Ed eccoci al porto accanto al muretto su cui, da secoli, vigilano i bronzi di tre mozzi, preziosi gregari nelle mitiche navigazioni olandesi in tutto il mondo. Una breve sosta vicino alla storica sede della Compagnia delle Indie e poi ci incamminiamo sulla sterrata dello Zuiderzee lunga 240 chilometri , riservata a ciclisti, pedoni, bambini che si rincorrono e ridono di tutto nei loro occhi azzurri, felici dopo il lungo inverno del Nord.
La strada si inoltra in un bosco: squarci di mare appaiono e scompaiono, un airone cinerino ci fissa appollaiato su di una gomena, la sua compagna sfreccia nel cielo e, in lontananza, i raggi del sole al tramonto trafiggono di luci rosse le onde.
Elisa ci richiama alla realtà con l’ora della pappa. Ci avviamo verso la sua casetta di bambola lasciandola nelle braccia di mamma e papà. Prendiamo la via dell’albergo che ci ospita.
Dopo la nostra consueta, frugale cenetta, chiediamo col nostro inglese incomprensibile ai più, un bricco di acqua calda e una bustina di camomilla. Un’algida fanciulla ci porta una caraffa di latte bollente e un cuscino; a noi non resta che abbozzare e ripensare alle svogliate lezioni d’inglese…
Una bella dormita ci rigenera e, al mattino, siamo risvegliati fal canto dei cuculi che festeggiano una primavera quest’anno già estiva, coi tulipani ormai sfioriti e i gerani che incominciano ad accendere di colori i davanzali delle finestre e le aiuole dei giardini.
“Non esistono più inverni con canali e laghetti ghiacciati e primavere fresche” dicono i vecchi del posto. Giovani e meno giovani hanno riposto in soffitta i pattini da ghiaccio sostituendoli con quelli a rotelle. Le biciclette ancora più numerose, sfrecciano a sciami sulle piste e sulle strade. La gente appare più rilassata e paciosa in confronto alla schizofrenia italica. Fa un certo effetto poter passare sulle strisce pedonali senza il patema di essere travolti; desta
sorpresa poter indugiare un attimo davanti a un semaforo, diventato verde, magari guardando la facciata di un bel palazzo senza il consueto schiamazzo dei clacson con contorno di visi arrabbiati. S’impara pazienza, tolleranza da questa gente multietnica che, per certi versi, sarebbe piaxiuta a Francesco d’Assisi, con gli uccellini che becchettano le briciole sui tavolini all’aperto, nelle piazze, sui marciapiedi e una grande pace avvolge uomini e cose. Le sere delle vigilie dei giorni di festa fanno contrasto, punteggiate da canti, rumori, favoriti da ciclopiche bevute di birra.
La gente è riservata ma gentile e prodiga di consigli quando riesce a capire il nostro linguaggio fatto di gesti, di segni, di parole smozzicate in un inglese maccheronico.
Ritorniamo alla nipotina che guazza gioiosa nell’acqua del bagnetto, con pianti quando, gocciolante, deve uscire accolta dall’accappatoio. La gatta Fabi giace inappetente e immalinconita in un angolo della stanza. Addio giorni felici in cui ronfava fra le braccia di Tiziana e Simon ed era l’ombelico della famiglia. E’ arrivata una creatura, ai suoi occhi gialli, piccola e desiderata ad occupare il suo posto; vita dura anche per i persiani con pedigree.
Il neo nonno Domenico, cinofilo accanito con scarse simpatie feline, vede con favore e con un pizzico di sadismo questa nuova situazione che pone al centro della casa una splendida creatura che tanto ricorda nei tratti mamma Tiziana da bambina con i riccioli chiari di papà Simon. Prima di uscire di casa, una pietosa carezza all’umiliato felino che miagola per la gioia; davvero non se l’aspettava, almeno non da me.
Fra una spupazzata e l’altra ad Elisa, una bella gita ad Harlem con splendidi musei aperti, una piazza da favola ma la splendida cattedrale è chiusa; si ode ogni quarto d’ora il carillon delle campane. I mitici giganteschi giardini sono sbarrati perché ormai sfioriti; l’effetto serra ha colpito anche qui.
Una puntata ad Amsterdam non si nega a nessuno; stavolta l’abbiamo vista a bordo di un vaporetto in una bella giornata di sole. La Venezia del Nord ci svela nuovi angoli suggestivi con scorci che, da terra, ci erano sfuggiti: palazzi pensili, barconi abitati da bohemiens e l’immenso mercato di fiori, visti dal mare, assumono altre prospettive con colori che paiono tuffarsi nell’acqua.
Papà Simon, stremato dal lavoro e dai pianti notturni di Elisa, dorme ovunque, sul treno, sul battello e sul tavolo del ristorante. La nostra mente e il nostro cuore corrono sempre ad Elisa che rivedremo in Italia a Natale. Sarà una grande gioia averla con noi per la più bella festa dell’anno.
Domenico Bicchi
Lo Sapevate Che: Il Naso Elettronico....
Quel Naso Elettronico Made In Italy
Che Cattura L’”Immagine Olfattiva”
Il “padre” del dispositivo, più potente e affidabile di quello dei mammiferi, illustra le applicazioni in medicina
Il naso elettronico, esente da raffreddori e altri imprevisti biologici e quindi più affidabile di quello naturale, si basa su sensori chimici che emettono impulsi elettrici elaborati da un computer opportunamente programmato. Identifica odori semplici, portati anche da una sola molecola volatile, e complessi, prodotti da cocktail di centinaia di molecole volatili. Come il naso dei mammiferi, anche quello elettronico, elabora una “immagine olfattiva”, il mix di impulsi proveniente dai recettori o dai sensori che poi rimane associato a ciò che è stato appena annusato. Per funzionare quindi, sia il naso naturale che quello artificiale, non devono individuare le caratteristiche chimiche delle molecole volatili.
Il primo prototipo nasce in Italia negli anni 80 ad opera di Krishna C.Persaud e George H.Dodd. Ma è presso il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’università di Tor Vergata, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e tecnologie chimiche che nel 1995 vede la luce il primo naso elettronico. La “narice” è una matrice di 8 sensori al quarzo, inseriti in oscillatori elettronici ricoperti, ciascuno, di metallo porfirine, molecole presenti nell’emoglobina. Quando le specie chimiche presenti nell’ambiente si legano in maniera reversibile alle porfirine, i quarzi, si appesantiscono, variando la loro frequenza di oscillazione. E’ l’analisi di tali variazioni, generalmente tutte diverse tra loro, a determinare la cosiddetta “immagine olfattiva”Sviluppi futuri riguarderanno la miniaturizzazione del naso elettronico fino ad un unico chip di silicio, peraltro già in uno stadio avanzato di progettazione.
In campo medico sono numerosi gli esempi di sperimentazioni tuttora in corso, nelle quali il naso elettronico si è rivelato molto utile, affiancato a strumenti di diagnosi già affermati:
a)analisi dell’espirato per lo studio e la diagnosi del tumore al polmone, b) analisi dell’odore della pelle, per l’individuazione di melanomi, c) analisi dell’odore delle urine per lo studio e la diagnosi del tumore alla prostata ed alla vescica, d) rilevazione del cancro alla mammella, ecc.
Le grandi potenzialità del naso elettronico in medicina risiedono nella possibilità di condurre esami indolori per patologie, come il tumore, in cui manca un marker da poter cercare. Le esperienze eseguite presso alcuni ospedali hanno portato allo sviluppo di un protocollo per l’analisi dell’espirato di facile utilizzo. L’espirato viene raccolto in sacchetti di materiale inerte e poi analizzato con il naso elettronico. Ovunque sia presente un odore o specie chimiche volatili anche non odorose, il naso elettronico può avere un ruolo determinante per la loro rivelazione e classificazione. Si spiega così l’interesse crescente per questo strumento anche in altri ambiti applicativi quali: agroalimentare, ambiente, spazio, trasporti, biologia, ecc.
Università di Tor Vergata, Dip.Ingegneria Elettronica
Arnaldo D’Amico – 5-2-2013
Rotolonando...Speriamo di Fermarci bene!...
Rotolo di Pasta con Spinaci e Carciofi
Per 6 persone
500 gr di pasta fresca all’uovo in sfoglia intera, 4 carciofi, 600 gr di spinaci, 120 gr di formaggio Asiago, 80 gr di pancetta tagliata in una sola fetta, 2 uova, 1 scalogno, il succo di ½ limone 4 foglie di salvia, parmigiano grattugiato, 100 gr di burro, olio, sale e pepe.
Pulire i carciofi privandoli dei gambi, delle foglie più dure e delle eventuali punte spinose, dividerli a metà, togliere il fieno interno, tagliarli a spicchi sottili e immergerli in acqua fredda acidulata con succo di limone. Pulire gli spinaci privandoli delle foglie deteriorate, lavarli più volte in abbondante acqua fredda, scolarli e tagliarli a listerelle. Sbucciare lo scalogno, lavarlo e tritarlo finemente, farlo appassire in un tegame con 2 cucchiai d’olio senza lasciarlo colorire, aggiungere i carciofi scolati e farli cuocere per 5 minuti, unire anche gli spinaci, insaporire con un pizzico di sale e di pepe e continuare a cuocere per 3 minuti. Trasferire il preparato in una terrina e farlo raffreddare. Privare il formaggio Asiago della crosta e ridurlo a dadini. Tagliare la pancetta a dadini, farli rosolare in una padella per 3 minuti e scolarli. Unire il composto di carciofi e spinaci, le uova, la pancetta rosolata, il formaggio a dadini, un pizzico di sale e pepe , amalgamando bene tutti gli ingredienti. Stendere la pasta con il mattarello in una sfoglia dello spessore di 2 mm circa sopra un canovaccio leggermente infarinato, distribuirvi sopra il composto preparato e stenderlo in uno strato uniforme lasciando liberi 2 cm di bordo della pasta. Arrotolare la pasta su sé stessa aiutandovi con il canovaccio, richiudere il rotolo nel canovaccio, legarlo ai lati con uno spago da cucina e farlo cuocere in abbondante acqua salata in ebollizione, per 35 minuti. Scolare il rotolo di pasta, toglierlo dal canovaccio, tagliarlo a fette e disporle sul piatto di portata, irrorarle con il burro fatto scaldare in un tegamino con le foglie di salvia e cospargerle con 60 gr di parmigiano grattugiato.
Per 6 persone
350 gr di farina, 1 kg di zucca già pulita, ½ cavolo verza, 3 scalogni, 4 uova, brodo vegetale, parmigiano grattugiato, noce moscata, burro, olio sale, pepe.
Mettere la farina a fontana in una grossa terrina, mettere al centro 3 uova, 1 cucchiaio d’olio, un cucchiaino di sale. Lavorare gli ingredienti con le mani sino ad avere un impasto omogeneo. Avvolgere la pasta in una pellicola e lasciare riposare per ½ ora. Lavare la zucca e ridurla a tocchetti. Pulire la verza eliminando le foglie brutte esterne e tagliarlo a listerelle. Pulire gli scalogni ed affettarli finemente. In un tegame con 2 cucchiai d’olio e 30gr di burro, far soffriggere ½ degli scalogni, far soffriggere e aggiungere la zucca, lasciar insaporire, aggiungere un bicchiere e mezzo di brodo caldo, salare e lasciare cuocere a tegame coperto per 10 minuti. Togliere le verdure dal fondo di cottura e unirvi l’altra metà degli scalogni e la verza. Mescolare e cuocere le verdure coperte per 10 minuti. Aggiustare di sale, e a tegame scoperto fare asciugare il fondo di cottura. Frullare la prima preparazione di zucca e scalogni. Mettere il composto in una terrina, unirvi l’uovo, 60 gr di parmigiano grattugiato, 1 grattata di noce moscata. Mescolare bene e unirvi la seconda preparazione di cavolo e scalogni con il loro fondo di cottura. Se l’impasto risultasse troppo asciutto, aggiungere per poterlo amalgamare bene ancora un po’ di brodo caldo. Aggiustare di sale e pepe. Appoggiare la pasta su di un piano di lavoro infarinato e stenderla in uno sfoglia rettangolare ad uno spessore di 1 millimetro abbondante. Trasferirla su un canovaccio pulito. Mettervi nel centro il composto di verdure, lasciando attorno un bordo libero di 3 cm . Arrotolare la pasta sul ripieno facendo attenzione a non far fuoriuscir il ripiene. Chiudere perfettamente il rotolo nel canovaccio e legare con refe da cucina. In una casseruola che possa contenere comodamente il rotolo, portare abbondante acqua salata in ebollizione ed immergervi il rotolo. Cuocere a casseruola coperta per 35 minuti. Scolare delicatamente il rotolo, togliere il refe e il canovaccio. Tagliarlo a fette e appoggiarle in una pirofila unta di burro. Cospargere le fette con burro fuso e parmigiano grattugiato. Mettere in forno preriscaldato a 220° e far grigliare per 8 minuti.
lunedì 25 febbraio 2013
Pensieri: Saluto
Riflessi d'acqua
Un ballerino è capace di far muovere l’aria che si respira e di far battere il cuore all’impazzata.
Christopher Huggings
Christopher Huggings
Pensieri: Saluto
Sulle Strade Del cuore
Sei l'unica persona che fa battere forte il mio cuore... l'unica che mi dona emozioni... l'unica che mi fa piangere... ridere... preoccupare... VIVERE.... TI AMO DI UN AMORE UNICO.... IMMENSO... SPECIALE.... ♥
Buona Giornata a Tutti!
Buona Giornata a Tutti!
Lo Sapevate Che: La Crescita e I Guasti...
Oggi si parla molto di crescita, ma non si capisce bene come
si può avere una vera crescita con una macchina piena di guasti. Riparare questi guasti è un compito che coinvolge tutti. E non sarà indolore. Ma è la sola strada, altrimenti bisognerà rassegnarsi.
Il nostro problema è una classe politica avvilita su se stessa. Ed estremamente litigiosa. Come si vede in certi dibattiti televisivi che diventano spesso degli incontri di pugilato, con il pubblico che applaude in studio: “Uno a zero!”, “Due a zero!”. L’obiettivo diventa sostanzialmente quello di abbattere l’avversario, di mostrare quando è incapace e inaffidabile, dissotterrando vecchie storie, elencando solo i dati a proprio favore, litigando su ogni cosa. Il pubblico sa che quando sono presenti in studio certi personaggi la temperatura salirà, e lo scontro è assicurato. In altri casi la polemica è più contenuta, ma è molto difficile che affiorino in modo costruttivo, con la ricerca di soluzioni, i grandi problemi di cui abbiamo parlato.
Per riuscire a effettuare un “passaggio di categoria” da un livello a quello superiore, il nostro paese deve ovviamente affrontare molti cambiamenti. Alcuni richiedono tempi lunghi, altri meno, alcuni richiedono consistenti investimenti, altri sono quasi gratuiti. In particolare esistono degli “acceleratori”, di cui abbiamo parlato, che possono essere attivati in tempi brevi e possono incidere in modo strategico sui cambiamenti. Per esempio premendo sul pedale del merito, dei valori, del rispetto delle regole, attraverso un forte sistema di premi e punizioni. E agendo su altri acceleratori come la cultura, l’educazione, la ricerca, le televisione e tanti altri fattori di crescita, come l’imprenditoria creativa, che possono fertilizzare il paese e la sua capacità produttiva. Puntando anche sull’eccellenza: partendo dalla scuola, e allevando una nuova generazione di leader capaci di portare il loro contributo non solo nella scienza, nella tecnologia e nell’economia, ma anche e forse soprattutto nella politica.
Questo si può fare senza pesare sul deficit o sul debito, anzi ponendo le premesse per poter riemergere dal fondo. E’ anche, e soprattutto, a questo che serve la politica.
Una politica che inietti vitalità nel paese. Che con il proprio comportamento dia un segnale nuovo e diverso. Offrendo di sé un’immagine credibile. Una diversa classe politica della quale la gente possa fidarsi.
Una volta si diceva che erano le guerre a cambiare le situazioni, creando un trauma che portava via il vecchio e faceva nascere il nuovo. Oggi la crisi provocata dall’esplosione del debito pubblico per innescare l’inizio di un cambiamento, che restituisca al paese la cosa più preziosa per riprendere a camminare: la fiducia.
Piero Angela – A Cosa Serve La Politica -
Lo Sapevate Che: La Favola Del Mondo....
Raccontiamo Ai Bambini
La Favola Del Mondo
Dieci donne e una piccola fabbrica di libri speciali.
“Per decifrare la realtà e anche per essere più felici”
Questa è una storia cominciata dentro un carcere. La storia di un sogno nato al chiuso, che si è fatto progetto e realtà all’aperto. Una storia di libri per bambini venuti da un posto che con i bambini non c’entra niente. Una storia che oggi è fatta di e da donne, iniziata in un luogo brutto, dove spesso si arriva per ignoranza. “Forse è anche per questo che crediamo nell’importanza sociale e politica dei libri e della lettura”, spiegano, queste storie.
Alla fine degli anni ’80 un gruppo di detenuti italiani e stranieri, nel carcere di Rebibbia a Roma, fece un corso per imparare a impaginare libri. Volevano dotarsi di strumenti per il reinserimento nella società attraverso il lavoro, che poi è il fine della pena, secondo la Costituzione. Decisero di diventare editori di libri per bambini. Così nacque la Cooperativa Sinnos (www.sinnos.org) , che oggi, fuori dal carcere, continua a parlare ai bambini.
Approdo nella sede romana della casa editrice, in un luminoso pomeriggio di sole, di quelli che a noi, che abbiamo la ventura di vivere in una Milano gelida e uggiosa, provocano stupita incredulità e livorosa invidia.
E’ un posto pieno di scrivanie, di libri colorati, di foto di bambini alle pareti (“Siamo dieci, tutte donne tranne il magazziniere e il redattore, tutti assunti, molte mamme, insieme abbiamo 18 figli. L’editoria per ragazzi è soprattutto femminile, forse perché non c’è potere dentro”).
“Sono Della Passarelli, direttore editoriale e presidente della cooperativa dal 1996” , mi accoglie nel suo ufficio, sorridendo anche con i suoi occhi chiari. Energia e vulcanica, parla con l’entusiasmo dei visionari. Cominciò a Rebibbia, come volontaria.
“Abbiamo iniziato pubblicando libri in doppia lingua per ragazzi, nella collana Mappamondi. Volevamo dare voce agli immigrati in Italia, con storie di vita narrate, direttamente da loro, ai bambini italiani e stranieri che, all’inizio degli anni ’90, cominciavano a sedere agli stessi banchi di scuola”, racconta. “Cercavamo libri che facessero scattare empatia, per una cultura fondata sul rispetto e sul reciproco scambio”.
I contenuti si sono progressivamente ramificati e ora ci sono libri illustrati, di fiabe, di racconti, per piccolissimi, per piccoli e per adolescenti.
Con il libro Lorenzo e la Costituzione, seguito da Nina e i diritti delle donne e da altri, Sinnos ha inaugurato una collana giuridica per ragazzi, “per dare ai bambini la consapevolezza che ci sono regole condivise e condivisibili”.
Della mi offre un caffè, dei dolcini e si fa seria: “ La cultura non è commerciale: dentro un libro ci sono un gran lavoro e tante persone. Scrivere per i bambini, poi, richiede una doppia responsabilità e una doppia bravura. Perché quei libri servono per fare crescere le menti, per regalare una visione del mondo. Va bene la scuola 2.0 ma, prima, bisogna imparare a leggere”.
Anche chi ritiene che la letteratura per l’infanzia abbia una vocazione sociale, fa i conti con la crisi. “Abbiamo ridotto la produzione: facciamo meno libri, possibilmente più belli”.
Della tuttavia mi parla di “un clima lavorativo meraviglioso, in cui non ci si sente mai soli”, della democrazia di un posto dove i dipendenti sono soci lavoratori e hanno potere decisionale, della necessità di affiatamento e di mediazione, di Aneta, che è polacca, ha cominciato facendo le pulizie nell’ufficio e oggi è una delle responsabili commerciali, di due progetti permanenti di promozione della lettura (“Non solo dei nostri libri, perché se si muovono tutti i libri, ci muoviamo anche noi”).
“Le biblioteche di Antonio” e “I libri? Spediamoli a scuola!”.
“Crediamo fortemente che si debba investire in futuro. Magari per avere sempre meno bisogno di carcere. E per crescere in un paese migliore. Perché siamo il presente del nostro futuro. E dobbiamo fornire ai più piccoli gli strumenti per decifrare la complessità e anche per essere più felici”.
Già, bisogna investire nel futuro. E imparare dalle storie che hanno radici in posti brutti e portano i loro frutti preziosi altrove.
Elasti – Donna di Repubblica – 16-2-13
Delizia del Palato!...
Torta di Ricotta e Canditi
Per 6 persone
280 gr di farina, 140 gr di burro, 200 gr di zucchero semolato, 3 uova, Cointreau, 400 gr di ricotta Piemontese, 60 gr di uvetta, 60 gr di cubettini di arancia e cedro canditi, la scorza di 1 limone grattugiata, sale.
Fare ammorbidire il burro a temperatura ambiente, ridotto a cubetti. Mettere l’uvetta a bagno in una ciotolina con acqua tiepida. Mettere nel mixer 260 gr di farina con 130 gr di burro ammorbidito, 50 gr di zucchero, ½ bicchierino di Cointreau, 1 uovo. Lavorate gli ingredienti sino che la pasta si formi in una palla. Toglierla dal mixer la pasta e avvolgerla in una pellicola trasparente per alimenti. Mettere in frigorifero per ½ ora. In una terrina lavorare la ricotta con lo zucchero residuo e 1 bicchierino di Cointreau e le due uova residue, sino ad ottenere una crema liscia e soffice. Aggiungere la scorza grattugiata del limone e i cubettini di canditi e l’uvetta bel strizzata, mescolare bene tutti gli ingredienti. Su di un piano di lavoro leggermente infarinato, stendere la pasta ad un altezza di ½ cm. e foderare una tortiera rotonda di circa 20 cm , prima imburrata e infarinata. Bucherellare il fondo della pasta con i rebbi di una forchetta e con l’aiuto di un cucchiaio versare l’impasto di ricotta, livellandola bene in superficie. Se è avanzata della pasta, formatene una palla, stendetela nuovamente ad u n altezza di 3 mm e formate con la rotella dentata delle strisce da appoggiare a griglia sulla torta prima di infornarla. Mettere la preparazione in forno preriscaldato a 180° per 60 minuti. Sfornare lasciare raffreddare e sformare la torta su un piatto di portata.
Verduriamoci?...
Per 4 persone
1 cavolfiore da 1 kg , 60 gr di pancetta a dadini, 60 gr di parmigiano grattugiato, 100 gr di panna, 2 uova, burro, noce moscata, sale.
Fare lessare il cavolfiore, ridotto in cimette, a vapore per 25 minuti. Poi passarlo al passaverdura. In una padella con 20 gr di burro, fare rosolare i dadini di pancetta e aggiungere il passato di cavolfiore, lasciare insaporire e salare. Sbattere le uova, aggiungere la panna, una grattata di noce moscata, il parmigiano grattugiato, salare e mescolare. Unire al composto di cavolfiore. Imburrare una pirofila rettangolare, versare il composto, livellarlo. Fare cuocere in forno preriscaldato a 170° per 40 minuti, coprendo lo stampo con carta di alluminio, da togliere dopo 20 minuti. Sformare o servire nella stessa pirofila, quando sarà tiepido. Si accompagna con salsa di pomodoro.
Una variante può essere quella di usare i broccoli verdi, con lo stesso procedimento per la preparazione.
Per 4 persone
5 cespi di insalata belga, 250 gr di salsa di pomodoro, 2 cucchiai di basilico tritato2 uova, 2 mozzarelle, 100 gr di parmigiano grattugiato, pangrattato, olio, sale.
Tagliare i cespi di insalata a fette nel senso della lunghezza. Rompere le uova in una terrina, batterle leggermente, mettere in pangrattato in un piatto. Passare le fette di indivia prima nell’uovo e poi nel pangrattato. Friggerle in una padella con abbondante olio in ebollizione e appoggiarle su carta assorbente da cucina a perdere l’olio in eccesso. In una teglia oliata, disporre uno strato di insalata, aggiungere un po’ di salsa di pomodoro e un po’ di basilico, cospargere con il parmigiano e la mozzarella a fettine. Continuare gli strati fino ad esaurimento degli ingredienti. Mettere la teglia in forno preriscaldato a 200° per 20 minuti. Prima di servire, lasciare intiepidire leggermente.
domenica 24 febbraio 2013
Pensieri: Saluto
Un giorno, a un luminare della medicina venne chiesto quale fosse la più grave malattia del secolo.
I presenti si aspettavano che dicesse il cancro o l’infarto.
Grande fu lo stupore generale quando lo scienziato rispose:
“L’indifferenza!”
Tutti allora si guardarono negli occhi e ognuno si accorse di essere gravemente ammalato.
Infine gli domandarono quale ne fosse la cura.
E lo scienziato disse: “Accorgersene!"
I presenti si aspettavano che dicesse il cancro o l’infarto.
Grande fu lo stupore generale quando lo scienziato rispose:
“L’indifferenza!”
Tutti allora si guardarono negli occhi e ognuno si accorse di essere gravemente ammalato.
Infine gli domandarono quale ne fosse la cura.
E lo scienziato disse: “Accorgersene!"
Buona Serata a tutti!
Pensieri: Saluto
Ogni giorno è un foglio bianco su cui scrivere note di musica, note provenienti dal profondo dell'anima. Un foglio su cui soffiare, un sorriso per donargli vita.
Carlo Prevale
Carlo Prevale
Buona Domenica a Tutti!
Lo Sapevate Che: Le Rane....
Povere Rane…
….
Ricordo ancora con raccapriccio le bocche
dei commensali, arricciate a cuore, mentre tenevano
delicatamente tra il pollice e l’indice le coscette
microscopiche delle povere rane e le succhiavano
con avidità.
Amavo le rane che trovavo sugli argini della risaia
e le osservavo saltellare con grazia, mentre
allungavano a dismisura le zampette posteriori
per prendere lo slancio nel salto. Il loro “cra-cra-
cra” era un concerto di gioia, un ringraziamento
al Creatore che le aveva dipinte di un bel verde
lucente. Qualche volta riuscivo a catturarne una,
la posavo sul palmo della mano e quella stava lì.
buona e fiduciosa, aspettando di tornare a infrattarsi
nell’erba bagnata. Le accarezzavo il capino
con un polpastrello e mi sembrava bellissima.
Solo gli adulti potevano essere così crudeli da volerla
mangiare.
…
Sveva Casati Modigliani – Il Diavolo E La Rossumata
Lo Sapevate Che: I Segreti D'Italia...
Già Voltaire, grande ammiratore della civiltà inglese, aveva letto la storia di quell’isola come lotta contro il potere dei despoti. Nekke sue Lettres philosophiques (Lettere filosofiche, 1734), note anche come Lettere inglesi, vede la guerra civile alla stregua di una guerra di liberazione nazionale dalla servitù. La filosofia di John Locke, padre dell’empirismo moderno, le scoperte di Isaac Newton cui faranno seguito (ma questo Voltaire non poteva prevederlo? Quelle di un altro genio, Charles Darwin, lo avevano sedotto. Nella libertà intellettuale aveva visto la necessaria premessa a teorie o scoperte di enorme portata. Lo storico francese Gustave Lanson nel suo Voltaire (1906) prefando quelle lettere arrivò a definirle: “La prima bomba scagliata contro l’Ancien Régime”.
Nel 1688 gli inglesi avevano fatto una rivoluzione da loro stessi definita (Glorious Revolution), nel 1776 gli americani conquistavano l’indipendenza, nel 1789 scoppia a Parigi un’altra rivoluzione che Voltaire non arriva a vedere (muore nel 1778) ma che egli stesso aveva comunque contribuito a preparare.
Allineo queste date perché mentre il mondo, al di qua e al di là dell’Atlantico, accelerava il suo movimento, nella Penisola italiana, da questo punto di vista, non accadeva nulla. Bisognerà arrivare ai moti del 1848, allo Statuto, alle Cinque giornate, al tentativo effimero di una Repubblica a Roma, perché il lentissimo risveglio cominciato (forse) con le cannonate di Marengo inizi a prendere una sua fisionomia.
Di tutti i segreti d’Italia questo è il meglio custodito e il più importante, un segreto che racchiude quasi tutti gli altri: come mai la storia della Penisola abbia avuto così poco a che fare con la storia della libertà. Molti, me compreso, si sono posti più volte la domanda. Nessuno ha la risposta definitiva ma tra le ipotesi possibili quella che a me sembra avere maggior peso – torno a ripeterlo – è nelle celebri parole di Benedetto Croce rispondendo a chi gli chiedeva che cosa sia il carattere di un popolo. Il carattere di un popolo, disse il filosofo, è la sua storia, tutta la sua storia. Se Croce ha ragione, lì dobbiamo cercare questo segreto, per imparare a riconoscerlo, e, chissà, in un domani, a correggerlo. Parole non nuove, più volte ripetute, tra gli altri da Ugo Foscolo che nell’orazione inaugurale all’Università di Pavia (22 gennaio 1809) conosciuta con il titolo Dell’origine e dell’ufficio della letteratura, ammoniva: “O Italiani, io vi esorto alle storie, perché niun popolo più di voi può mostrare né più calamità da compiangere, né più errori da evitare, né più virtù che vi facciano rispettare”. Si può sperare che sperare che prima o poi l’esortazione venga accolta.
Corrado Augias – I Segreti D’Italia
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