La Trovata Di Charlot
Narrando La Sua Vita
Fa Ridere La Morte
Ogni Natale la Nera Signora fa visita a Charlie Chaplin. Lui scherza w rinvia così la sua fine. Nella favola di Fabio Stassi, l’attore racconta la storia del cinema, e i segreti del suo personaggio.
E’ la notte di Natale del 1071. Un uomo di 82 anni accende la luce di una stanza. Immersa in una poltrona accanto alla finestra c’è la Morte, avvolta in un mantello…
L’uomo si chiama Charlie Chaplin.
La Morte è la morte. Il cinema ha fatto conoscere Chaplin al mondo. La morte tutti credono di sapere (o di non poter sapere) chi sia. Per sei anni, fino al Natale del 1977. Chaplin e la Morte giocano una partita. La posta in gioco all’apparenza è la vita. Ma oltre la vita sta la conoscenza di sé.
Questo racconta il nuovo bellissimo romanzo di Fabio Stassi. L’ultimo ballo di Charlot (Sellerio, pp.283, euro 16), vero e proprio “caso” dell’ultima Fiera del Libro di Francoforte dove è stato acquistato da dodici Paesi. La storia apparentemente è semplice. Tutto gira attorno a questa vecchia nera che sfida
Chaplin a regalarle una risata. Per sei Natali, la goffa serenità del grande attore vince sulla sua logora arte, spingendo la Morte a ridere. In quei sei anni rubati alla fine, Chaplin ha il tempo di raccontare se stesso al figlio che nel ’71 ha solo nove anni. Scorrono così i rulli di una vita che ha accompagnato la nascita e l’esplosione della settima arte: il cinema.
Stassi immagina storie che trasformano la biografia di Chaplin in una dimensione letteraria fatta di menzogne simicissime al vero. Vediamo il ragazzino londinese, figlio di un mondo circense più che di due genitori sfortunati, partire per gli Stati Uniti con Stan Laurel a cercare fortuna. I mestieri in cui fa crescere il suo mondo sono innumerevoli: venditore di caramelle, fabbricante di candele, imbalsamatore, allenatore di pugili, apprendista tipografo. Sempre eccelle, Chaplin, fino a eccellere nell’arte che lo consacrerà. E il motivo della sua grandezza lo scopriamo via via in una capacità mnemonica che si accompagna alla propensione a fermare ciò che non si può fermare, a fissare per sempre ciò che continuamente muta, si esaurisce, perisce. Una battaglia senza quartiere contro la dimenticanza e la fine.
I principali maestri di Chaplin ci appaiono quindi l’impagliatore, che vorrebbe impagliare i ricordi, e il tipografo, che fissa per sempre racconti. Stassi scrive e inventa con una delicatezza priva di fragilità. Le sue storie sono potenti come le storie degli scrittori sudamericani che più ama. E’ singolare che l’ultimo capitolo della sua “trilogia delle Americhe” si concluda lontano dal sud che ospitava E’ finito il nostro carnevale e la rivincita di Capablanca. E tuttavia è nell’America di Chaplin che Stassi ha raggiunto e svelato l’identità di chi più di tutti cercò di tenere in vita ricordi perduti: l’inventore del cinematografo. Un Arlecchino nero di pelle e vestito di nero, un ignoto lavoratore del circo innamorato per sempre della sua donna perduta. La favola che accompagnerà i lettori fino all’ultimo ballo di Charlot.
Matteo Nucci – Venerdì di Repubblica – 16-11-12
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