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martedì 13 novembre 2012

Lo Sapevate Che: La strada di Hitchens


La Strada di Hitchens
Per l’Ultimo Viaggio Della Vita

Christofer Hitchens, scomparso sessantenne nel dicembre del 2011, aveva in Italia una notevole popolarità, ma negli Stati Uniti era addirittura celebre. Noto per il suo spirito, per l’inesausta vivacità polemica in particolare contro le religioni, tutte. Dopo la sua scomparsa è stato ricordato come “uno dei più lucidi e coraggiosi combattenti contro tutti i tiranni, Dio compreso”. Nel 2007 la Einaudi pubblicò la traduzione italiana del suo Dio non è grande ovvero Come la religione avvelena ogni cosa. Si trattava beninteso di un pamphlet ovvero di un saggio a tesi. Nelle sue pagine prendeva corpo un implacabile atto di accusa contro le follie cui l’uomo si abbandona nel nome di una fede: oscurantismo, superstizione, intolleranza, senso di colpa, terrore verso la sessualità, anti-secolarismo, guerre e massacri. Hitchens che ha vissuto a lungo negli Stati Uniti, ma era di origine britannica, nel suo saggio si dimostrava buon erede della grande tradizione laica anglosassone, rivalutava la forza razionale dell’illuminismo (ancora oggi bestia nera dei clericali), tesseva un elogio arguto, a tratti commovente, della ragione umana.
Ricordo questi presedenti perché ora l’editore Piemme manda in libreria Mortalità ovvero i suoi ultimi scritti apparsi dopo che, d’improvviso, lo scrittore seppe di avere un cancro difficilmente curabile che lo avrebbe con ogni probabilità portato velocemente alla morte. Era una bella giornata di giugno, stava facendo uno di quei giri con i quali si promuove la vendita di un libro. L’attacco lo aggredì di colpo nella stanza d’albergo per cui, scrive “ mi trovai deportato dal paese dei sani oltre il desolato confine della terra della malattia”,
Questa breve raccolta ha un alto e doppio valore testimoniale. La prima curiosità, confesso, è stata vedere come un uomo che ha fatto della costante negazione religiosa il suo “credo” reagisce di fronte a una morte giudicata imminente. La seconda curiosità è di merito: che cosa pensa e ci trasmette un condannato a morte di quel livello, di quella qualità intellettuale? In queste pagine, nella loro ironia, nei lucidi riferimenti alla vita e alla morte, si ritrova lo spirito dei grandi stoici che vollero affrontare il viaggio finale ad occhi aperti rifiutando ogni futile consolazione, ogni piagnisteo.
Corrado Augias – Venerdì di Repubblica 9-11-12

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