L’Insondabile Mistero
Del Signor BreiviK
“Buttiamo via la chiave” si legge sui blog a proposito di Anders Behring Breivik, l’autore della strage di Utoya che, due settimane fa, è stato condannato a 21 anni da un tribunale norvegese. Poiché Breivik era stato colto sul fatto (aveva chiamato egli stesso la polizia) ed era reo confesso – anzi, al processo si è detto rammaricato di non essere riuscito ad uccidere più di 77 persone – il suo ruolo non è mai stato in dubbio.
Il dilemma dei giudici era un altro: decidere se fosse pazzo oppure no. Le due perizie psichiatriche effettutate affermavano l’una una cosa, e l’altra un’altra. Alla fine la corte ha stabilito che Anders Behring Breivik è sano di mente. Assistendo a Oslo alla giornata finale del processo, speravo di capire qualcosa di più dall’osservazione ravvicinata di quell’uomo. Ma da questo punto di vista il viaggio è stato, com’era prevedibile, inutile.
Quel volto inespressivo, vagamente effeminato, non ha lasciato intravedere nulla degli insondabili abissi dell’animo umano.
Anders Behring Breivik si è portato il suo mistero con sé, nella cella dove adesso è rinchiuso.
Ma anche se quella porta non si riaprirà più, il caso non è chiuso. Noi, che un anno fa apprendemmo con sgomento la notizia del massacro, continueremo a chiederci, senza trovare risposta, come sia stato possibile che una mente razionale abbia concepito quello che Breivik ha fatto.
Pietro Veronese – Venerdì di Repubblica – 7-9-12
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