Ciociaro d'Italia
Più di cento film per il cinema, una
quarantina di partecipazioni televisive, tre regie, dodici sceneggiature e
tanto teatro. E' stato Geppetto, ladro, barista di Ceccano, emigrante,
commissario, sottoproletario avaro, finto paracadutista, l'innocente perseguitato
Girolimoni, padre di famiglia, fino a diventare Federico
Garcia Lorca in "La fine di un
mistero", film premiato al Festival di Mosca e riproposto da Venezia come
omaggio all'attore insignito del prestigioso Premio Bianchi.
Saturnino Manfredi con il suo percorso
artistico ha segnato a fianco di Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi e Alberto Sordi un'intera stagione del cinema italiano.
Nato il 22 marzo 1921 a Castro dei
Volsci (Frosinone), il grande attore ciociaro si laurea in giurisprudenza per
compiacere i genitori ma subito dopo frequenta l'Accademia d'arte drammatica
"Silvio D'Amico" a Roma.
Esordisce in teatro al Piccolo di Roma
dove recita con quello che considererà sempre il suo maestro: Orazio Costa.
Muove i primi passi tra Shakespeare e Pirandello al Piccolo di Milano, e in seguito collabora con
il grande Eduardo
De Filippo.
Nel 1956 compare in TV nello sceneggiato
"L'alfiere" di Anton Giulio Majano, mentre nel 1958 è con Delia Scala fra gli interpeti di "Un trapezio per
Lisistrata". L'anno successivo ottiene un clamoroso successo in
"Canzonissima" (condotta assieme a Delia Scala e Paolo Panelli), con la sua celebre macchietta
del barista di Ceccano.
Al cinema la sua figura non si impone
subito. Dopo inizi poco esaltanti ottiene un discreto successo con
"L'impiegato" (1959); sarà il teatro a riservargli le più importanti
soddisfazioni. Nel 1963 è protagonista di una straordinaria edizione del
"Rugantino", poi seguita, finalmente, da numerosi successi anche in
celluloide, probabilmente propiziati dal traino della commedia teatrale: a
partire dal capolavoro "L'audace colpo dei soliti ignoti" (di Nanny
Loy, con Vittorio Gassman e Claudia
Cardinale), a "La ballata del boia" e
"Questa volta parliamo di uomini" (l'acrobatica prova in questo film
di Lina Wertmuller gli vale un Nastro d'argento come migliore
attore protagonista), da "Made in Italy" a "Operazione San Gennaro", da "Il padre di famiglia" a
"Straziami ma di baci saziami", fino a "Vedo nudo" e "Nell'anno del Signore": tutti questi titoli lo vedono al massimo della
forma.
Nel frattempo debutta anche dietro la
macchina da presa con "L'avventura di un soldato", episodio de
"L'amore difficile" (1962), tratto dall'omonima novella di Italo Calvino, cui seguiranno "Per grazia ricevuta"
(1971) e "Nudo di donna" (1981): come attore avrà ancora modo di
distinguersi in "Girolimoni" (1972) di Damiano Damiani, e nel
televisivo, straordinario, "Le avventure di Pinocchio"
(1972) di Luigi Comencini,
tratto dal celeberrimo romanzo di Carlo Collodi.
Qui, nel ruolo di Geppetto, offre una prestazione davvero superlativa,
indimenticabile, infusa di luce mesta e commovente che la rende altamente
drammatica.
Negli anni successivi il cinema lo
chiamerà ancora, alla ricerca di quella maschera eclettica così rara nel nostro
panorama artistico. Lo vediamo allora in "Brutti, sporchi e cattivi"
(1976) di Ettore Scola,
ne "La mazzetta" (1978) di Sergio Corbucci, ne "Il
giocattolo" (1979) di Giuliano Montaldo o in " Spaghetti house"
(1982) di Giulio Paradisi. Ruoli diversi che mettono in risalto il suo
ventaglio espressivo.
Negli anni '80, prima della malattia che
sembra avergli definitivamente stroncato la carriera, è tornato in teatro nei
panni di autore-regista e interprete: ricordiamo "Viva gli sposi!"
(1984) e "Gente di facili costumi" (1988).
Per il piccolo schermo è stato
protagonista dei serial TV "Un commissario a Roma" e del fortunato
"Linda e il brigadiere".
Dopo una lunga malattia Nino Manfredi è
morto a Roma all'età di 83 anni il 4 giugno 2004.
https://biografieonline.it/biografia-nino-manfredi
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