Storia
dell'Accademia
Le tappe fondamentali del lungo cammino dell’Accademia, dal
1583 (anno della sua stabile costituzione) fino ad oggi, con particolare
attenzione alle cinque edizioni del Vocabolario degli Accademici,
che hanno scandito le varie tappe del faticoso cammino verso la lingua
nazionale.
Primordi e
fondazione
I primordi
dell'Accademia della Crusca risalgono al decennio 1570-1580 e alle riunioni di
un gruppo di amici che si dettero il nome di "brigata dei crusconi".
Già con la scelta di questo nome manifestarono la volontà di differenziarsi
dalle pedanterie dell'Accademia fiorentina, alle quali contrapponevano le
cruscate, cioè discorsi giocosi e conversazioni di poca importanza.
Già da questi
primissimi anni di attività non erano comunque del tutto assenti intenzioni
letterarie, con dispute e letture di un certo impegno culturale, rivolte in
particolar modo verso opere e autori volgari. Vengono tradizionalmente indicati
come i fondatori della Crusca Giovan Battista Deti, il
Sollo; Anton Francesco Grazzini, il Lasca; Bernardo
Canigiani, il Gramolato; Bernardo Zanchini, il
Macerato; Bastiano de’ Rossi, l’Inferigno, cui si
aggiunse nell’ottobre 1582 Lionardo Salviati, l’Infarinato,
che dette la spinta decisiva verso la trasformazione degli intenti
dell’Accademia e indicò il ruolo normativo che da quel momento in poi avrebbe
assunto.
Lo stesso Salviati dette nuovo
significato al nome di Crusca, fissando l’uso della simbologia relativa alla
farina e attribuendo all’Accademia lo scopo di separare il fior di farina (la
buona lingua) dalla crusca, secondo il modello di lingua già promulgato dal
Bembo (1525) e ripresi poi dallo stesso Salviati che prevedeva il primato del
volgare fiorentino, modellato sugli autori del Trecento.
La prima adunanza in cui si cominciò
a parlare di leggi e statuti dell’Accademia avvenne il 25 gennaio 1583, ma la
cerimonia inaugurale dell’Accademia si svolse due anni dopo, il 25 marzo del
1585. Nel 1589, anno della morte del Salviati, furono istituite le attribuzioni
dell’arciconsolo, dei consiglieri, dei censori, del castaldo, del massaio e del
segretario e nel 1590 si scelse come simbolo dell’Accademia il frullone,
lo strumento che si adoperava per separare il fior di farina dalla crusca, e
come motto il verso del Petrarca “il più bel fior ne coglie”.
Si stabilì anche che tutti gli
oggetti e la mobilia dell’Accademia dovessero avere nomi attinenti al grano,
alla crusca, al pane, compresi gli stemmi personali degli accademici, pale di
legno in cui era dipinta un’immagine simbolica accompagnata dal nome accademico
e dal motto scelto.
Il primo Vocabolario
Sempre
intorno al 1590 l’attività dell’Accademia iniziò ad essere concentrata nella preparazione
del Vocabolario: i primi autori ad essere spogliati furono Dante
nella Divina Commedia, Boccaccio nel Decameron, e
Petrarca nel Canzoniere e i criteri di scelta degli
autori citati vennero stabiliti coerentemente al fine che i
vocabolaristi si proponevano: mostrare e conservare la bellezza del fiorentino
trecentesco.
La maggior parte degli spogli quindi interessò testi, non solo letterari,
fiorentini del Trecento, ma non mancarono aperture verso autori successivi (tra
i quali Lorenzo de’ Medici, Berni, Machiavelli, Salviati stesso) e verso autori
non fiorentini (Bembo, Ariosto). Furono affrontate anche questioni di metodo,
in particolar modo sul trattamento delle voci dell’uso, di cui non si trovassero
attestazioni antiche, e sul problema dell’inserimento delle etimologie: per le
prime si stabilì di allegare esempi tratti da autori moderni fino a Monsignor
della Casa, per le etimologie venne data l’indicazione di considerare solo
quelle “che abbiano gentilezza e sieno a proposito”; in tutti e due i casi si
rimandava comunque al giudizio dei Deputati per il Vocabolario, una commissione
di quattro accademici - Carlo Macinghi, Francesco
Marinozzi, Piero Segni e Francesco Sanleolini - nominati
nel 1597 proprio per affrettare e facilitare il lavoro di redazione del
Vocabolario.
Anche nella compilazione furono seguiti gli stessi criteri, per cui gli
scrittori fiorentini del Trecento vennero citati per primi, dove era possibile
con un esempio di prosa e uno di poesia, dei non fiorentini si scelsero le
parole più belle e di matrice fiorentina, dei contemporanei le voci dell’uso.
Il Vocabolario degli Accademici della Crusca fu stampato a
Venezia e uscì nel 1612, suscitando immediatamente grande interesse e altrettanto
accese dispute riguardo ai criteri adottati; in particolare, a molti non
piacque l’aperto fiorentinismo arcaizzante proposto dal Vocabolario, che
comunque rappresentò per secoli, in un’Italia politicamente e linguisticamente
divisa, il più prezioso e ricco tesoro della lingua comune, il più forte legame
interno alla comunità italiana, quindi lo strumento indispensabile per tutti
coloro che volevano scrivere in buon italiano.
Ebbe grande fortuna in tutta Europa e divenne modello di metodo lessicografico
per le altre accademie europee nella redazione dei vocabolari delle rispettive
lingue nazionali.
La seconda
edizione
La seconda
edizione del Vocabolario apparve nel 1623, sempre a
Venezia, a cura di Bastiano de’ Rossi. Rispetto alla prima non ci
furono modifiche o aggiunte di grande rilievo, le dimensioni del vocabolario
rimasero le stesse (sempre un unico volume) anche se vennero inseriti tra i
citati le Rime di Michelangelo, le Lettere del Tolomei, le poesie del Guarino,
i Beoni di Lorenzo de’ Medici, le opere di Ludovico Martelli, il Demetrio del
Segni e le rime burlesche di Luca Martini.
La terza
edizione
La terza edizione,
uscita nel 1691 e per la prima volta stampata a Firenze (dopo
le prime due edizioni stampate a Venezia) con dedica a Cosimo III de’ Medici,
costituisce, sotto diversi punti di vista, un’opera non solo accresciuta
quantitativamente (tre volumi), ma anche rinnovata qualitativamente: alla sua
lunga compilazione (i lavori iniziarono nel 1648) parteciparono anche uomini di
scienza come Redi e Magalotti; Leopoldo de’ Medici, fondatore dell’Accademia
del Cimento e protettore dell'Accademia della Crusca, dette il suo personale contributo
raccogliendo termini tecnici di arti e mestieri che, per la prima volta,
faranno la loro timida apparizione tra le voci del Vocabolario insieme agli
astratti verbali, ai diminutivi, ai superlativi e agli accrescitivi. Per questa
edizione furono spogliati una cinquantina di autori antichi e altrettanti
moderni tra cui il Tasso, il Segneri, il Pallavicino, sempre citati in mancanza
di attestazioni antiche o per dimostrare l’effettivo uso di una parola.
Durante i lavori di preparazione
della terza impressione un altro importante progetto, non andato a buon fine,
fu intrapreso dal Dati: l’approntamento di un dizionario etimologico della
lingua italiana per il quale furono preparate molte schede con la
collaborazione anche del Redi, ma il cui completamento fu preceduto dalla
pubblicazione, tra il 1666 e il 1669 delle Origini della lingua
italiana del francese Gilles Ménage.
Anche questa impresa sarebbe dovuta rientrare nel programma dell’Accademia
della Crusca di fornire nuovi strumenti di chiara marca fiorentina, ma quando
fu evidente che il progetto della Crusca non era destinato alla riuscita, molto
del materiale raccolto fu mandato a Parigi e Ménage si avvalse quindi di un
considerevole contributo italiano; in particolare arrivarono le etimologie redatte
dal Redi che riguardavano principalmente la terminologia di medici e speziali,
secondo gli interessi e le competenze specifiche dell’autore.
La quarta edizione
La quarta edizione
del Vocabolario della Crusca apparve in Firenze, stampata da
Domenico Maria Manni in sei volumi, dal 1729 al 1738 e
dedicata a Gian Gastone de' Medici. Era stata iniziata già nel 1696 e vi
lavorarono in molti tra cui il Salvini, il Bottari che ne scrisse la
prefazione, Rosso Antonio Martini, Andrea Alamanni; fu ampliata la serie dei
citati con Sannazaro, Cellini, Menzini, Lorenzo Lippi e molti altri e furono
date più rigorose norme per gli spogli, in particolare vennero controllate le
citazioni che erano state prese da testi a penna o da edizioni ritenute non
corrette. Anche questa edizione non mancò di provocare discussioni e critiche
e, anche per soddisfare le richieste del pubblico, lo stesso Manni nel 1739
compendiò il Vocabolario che vide ristampe private due a
Venezia (a cura di Francesco Pitteri nel 1741 e nel 1763) e una a Napoli (a
cura di Pasquale Tomasi nel 1746) con alcune aggiunte. Le critiche più aspre
riguardavano l’atteggiamento della Crusca di volersi arrogare il diritto di
legiferare in materia di lingua e di canonizzare voci e locuzioni arcaiche a
scapito della lingua viva.
Le polemiche contro la Crusca e l’inattività delle tre accademie fiorentine,
della Crusca, Fiorentina e degli Apatisti contribuirono a determinare la
decisione che Pietro Leopoldo prese nel 1783 di accorpare le tre istituzioni,
in una sola, detta Accademia Fiorentina. In questa occasione il patrimonio
della biblioteca e quello dell'archivio della Crusca
passarono alla Biblioteca Magliabechiana.
La quinta
edizione
L’Accademia della
Crusca, come istituzione autonoma, sarà ricostituita nel 1811 con
tre scopi prioritari: la revisione del Vocabolario, la conservazione della
purità della lingua, l’esame delle opere presentate al concorso letterario
indetto tra il 1809 e il 1810.
Nel 1812 furono nominati i nuovi accademici e fu introdotta la distinzione tra
residenti e corrispondenti, furono eletti presidente Pietro Ferroni e
segretario Lorenzo Collini; nello stesso anno furono presi in esame i progetti
che erano stati presentati in passato da Rosso Antonio Martini e da Ildefonso
Fridiani per la nuova edizione del Vocabolario.
Il
frutto dei lavori preparatori alla successiva edizione fu raccolto nella
pubblicazione del Prospetto
degli oggetti da aversi di mira per la quinta impressione del Vocabolario del
1813, da cui però non emergevano segnali di significativi cambiamenti rispetto
all’edizione precedente.
Una scossa notevole all’impostazione dei criteri da seguire per la nuova
edizione fu data dalla Proposta
di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca di
Vincenzo Monti il cui primo volume uscì nel 1817: le dure critiche del Monti
che notava la mancanza di voci relative ad arti e scienze, la presenza di molte
parole errate, arcaiche, troppo esclusivamente fiorentine, indussero gli
accademici a ripensare con maggiore attenzione la tavola degli autori citati.
Nel 1833 le commissioni che lavorano al Vocabolario sono quattro: una per i
termini latini e greci da apporre in corrispondenza alle voci italiane, una per
i termini di scienza, una per l’esame e la correzione delle “teoriche
grammaticali”, e una per la revisione degli spogli, per le aggiunte e le
correzioni. Il metodo di lavoro adottato si dimostrò però estremamente lento,
tanto che fra il 1838 e il 1839 intervenne direttamente il Granduca Leopoldo
per tentare di sveltire le operazioni: si fissarono due sedute settimanali e si
decise di pubblicare il Vocabolario a fascicoli.
Nel 1843 fu pubblicata la prima dispensa e tra il 1844 e il 1851 apparvero solo
altri quattro fascicoli. La compilazione della lettera A fu completata soltanto
nel 1854 e, vista la lentezza dei lavori, si ripensarono nuovamente i criteri e
si stabilì di formare un Glossario in cui dovevano confluire tutte le “parole e
locuzioni antiquate, straniere, corrotte e incerte della nostra lingua” e di
inserire l’etimologia al posto delle voci latine o greche.
Il primo volume uscì nel 1863 con dedica a Vittorio Emanuele II e i successivi,
con cadenza non sempre regolare, fino al 1923, anno che vide l’interruzione
dell’opera alla lettera O (l’ultima voce registrata è ozono).
Gli
accademici avevano lavorato anche alla parte finale del lemmario e le schede
preparatorie delle parole dalla lettera P alla lettera Z, alcune anche molto
ricche e già a un buon punto di elaborazione, sono conservate nell’Archivio
Storico dell’Accademia.
La storia
recente
Il 1923 rappresenta
l’inizio di profondi cambiamenti nell’attività e nelle funzioni che fino ad
allora la Crusca aveva svolto: in quell’anno infatti l’allora Ministro della
Pubblica Istruzione Giovanni Gentile dispose, con il Regio Decreto dell'11
marzo 1923, il nuovo ordinamento dell’Accademia che prevedeva l’interruzione
della compilazione e della stampa del vocabolario, di fatto quindi la
soppressione della secolare attività lessicografica. Con un altro decreto del
1937 fu istituito presso l’Accademia un Centro di studi di
filologia italiana “con lo scopo di promuovere lo studio e l’edizione critica degli
antichi testi e degli scrittori classici della letteratura italiana dalle
origini al secolo XIX”.
Il progetto di riprendere i lavori
di compilazione di un nuovo Vocabolario riprese nel 1955 a
seguito dell’invito rivolto all’Accademia della Crusca, in occasione del primo
Congresso internazionale di studi italiani che si era riunito a Cambridge
nell’agosto del 1953, di dedicarsi agli studi preparatori alla pubblicazione di
un grande Vocabolario storico della lingua italiana; di fondamentale impulso
alla ripresa dei lavori fu la Relazione all’Accademia della Crusca sul
Vocabolario della lingua italiana di Giovanni Nencioni. Dal 1963, con
l’elezione di Giacomo Devoto a presidente dell’Accademia, iniziò la fruttuosa
collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche che permise,
attraverso un primo stanziamento, di avviare l’Opera del Vocabolario. Il 31
ottobre 1964 il presidente Giacomo Devoto annunciò ufficialmente che i lavori
preparatori per la ripresa della secolare attività lessicografica
dell’Accademia erano in corso di attuazione e, dal febbraio del 1965, fu tenuto
un primo corso di preparazione per i futuri compilatori sotto la direzione di
Aldo Duro.
All'interno dell'Accademia fu avviato anche il progetto del Vocabolario
Giuridico Italiano (assorbito poi nell’ex Istituto per la Documentazione
Giuridica, oggi Istituto di Teoria e
Tecniche dell'Informazione Giuridica), e furono aperte collaborazioni col Lessico Intellettuale Europeo e col Vocabolario Rosminiano.
Nel 1971 si svolse, per iniziativa dell'Accademia una tavola rotonda
internazionale sui problemi della lessicografia, alla quale portarono il loro
contributo rappresentanti del Trésor de la langue française,
del Dizionario inglese di
Oxford, del
Vocabolario tedesco, sezione di Gottinga, del Seminario di lessicografia
spagnola di Madrid, del Vocabolario di antico scozzese di Edimburgo, del Vocabolario
dell’antico rumeno di Bucarest, del Vocabolario
dell’Accademia svedese di Lund e dell’Istituto di lessicografia olandese di
Leida. Fu l'occasione per instaurare rapporti tra i molti partecipanti e porre
le premesse per collaborazioni e scambi futuri che infatti sono state mantenuti
e, in alcuni casi, estesi.
La grande innovazione di questo progetto era contenuta però nell’obiettivo cui
mirava il nuovo grande Vocabolario che, come indicò lo stesso Devoto (nel suo
discorso tenuto durante una seduta pubblica nella sala delle conferenze
dantesche del Palagio dell’Arte della Lana), a differenza dell’antico, non
avrebbe dovuto corrispondere alle esigenze intellettuali e stilistiche di una
ristretta società colta, né limitarsi a rispecchiare uno scelto canone di
autori classici depositari della lingua pura e dello scrivere corretto, ma
documentare la formazione storica e lo sviluppo della lingua nazionale in tutti
i suoi aspetti e applicazioni e livelli, dai letterari agli scientifici, dai
pratici e tecnici ai familiari; rivolgersi insomma a un’intera società
intellettualmente, socialmente e tecnicamente rinnovata e costituire uno
strumento di lavoro e di indagine per quanto possibile compiuto, e aperto alla
comprensione storica e alla funzionalità operativa di ogni settore
dell’attività umana.
Questo immane progetto si scontrò purtroppo con enormi difficoltà economiche,
per cui fu deciso di concentrare le risorse in un’impresa lessicografica
limitata all’italiano medievale che prese il nome di Tesoro della lingua italiana delle
origini (TLIO). Nel 1982 scadde definitivamente la convenzione tra
la Crusca e il CNR e dal gennaio 1983 fu costituito all’interno del CNR un
Centro di studi denominato “Opera del Vocabolario italiano”, dal 2001 divenuto
Istituto del CNR, distinto dall’Accademia, ma che condivide con questa la sede
nella Villa di Castello e che naturalmente usufruisce
dell’indispensabile patrimonio librario e archivistico dell’Accademia.
L'Accademia oggi
Liberata
nel 1923 dall’impegno propriamente lessicografico, l’Accademia ha potuto da
allora dedicarsi ad un’ampia attività di ricerca, di edizioni e di consulenza
intorno all’italiano, percorrendo strade nuove sui fronti grammaticale,
lessicologico e filologico.
Oggi l’Accademia della
Crusca è il più importante centro di ricerca scientifica dedicato allo studio e
alla promozione dell’italiano: si propone in particolare l’obiettivo di fare
acquisire e diffondere nella società italiana, specialmente nella scuola, e
all’estero, la conoscenza storica della lingua nazionale e la coscienza critica
della sua evoluzione attuale nel quadro degli scambi interlinguistici del mondo
contemporaneo.
L’Accademia prosegue
la propria attività editoriale, mette a disposizione del pubblico una Biblioteca specialistica e
il proprio Archivio, intrattiene rapporti
internazionali con istituzioni analoghe, organizza incontri, seminari e
convegni sull’italiano, svolge un ruolo attivo nel campo della politica
linguistica europea (in particolare con il progetto “Firenze, Piazza delle
Lingue d’Europa”). Offre al pubblico un servizio di consulenza linguistica
e conserva una ricca collezione di oggetti d’arte, tra cui le famose “pale”, dipinti su tavola
nei quali sono raffigurati gli emblemi degli Accademici
L’Accademia ha sede a Firenze nella Villa
Medicea di Castello. Il sito web (www.accademiadellacrusca.it) è
un portale interamente dedicato alla lingua italiana.
https://accademiadellacrusca.it/it/contenuti/laccademia-oggi/6988
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