Principe al piano
Timidissimo, inconsapevole e devastato
da un terribile rapporto con il padre: così si presentava nel lontano 1968 il
ventunenne Reginald Kenneth Dwight, famoso con lo pseudonimo di Elton John.
Nato a Londra il 25 marzo 1947, con la musica classica nel cuore, il
giovanissimo compositore affiancato dal capace paroliere Bernie Taupin
(partnership che, tra alti e bassi, non si scioglierà mai), si stava appena
affacciando sulla scena con i singoli "Lady Samantha" e "It's me
that you need" (quest'ultima poi ripresa in Italia da Maurizio
Vandelli con il titolo "Era lei").
Di lì a pochi anni, il ragazzo schivo
avrebbe lasciato il posto al rutilante e coloratissimo pianista capace di
infiammare stadi interi con la sua presenza e le sue acrobazie allo strumento
amato.
Dotato di una voce irripetibile e
spontanea, Reginald imparò a suonare il pianoforte a 3 anni, ad orecchio; ad 11
anni vinse una borsa di studio che gli aprì le porte della prestigiosa
Accademia Reale di Musica di Londra. Dopo un periodo di gavetta in una band
londinese, i Blueslogy, Reginald decise di adottare il nome d'arte con il quale
si sarebbe imposto ? da Elton Dean, sassofonista del gruppo, e da
"Long" John Baldry, leader della formazione ? e di tentare una
carriera solista.
Ben presto, riuscì a realizzare il
proposito: lodato da John Lennon, venne salutato come quarto fenomeno rock dopo
(cronologicamente parlando) Elvis Presley, Beatles e Bob Dylan.
Gli anni '70 furono lastricati da perle
in 7 note, quali "Your song", "Tiny dancer", "Rocket
man" e molte altre ancora; il suo primo insuccesso commerciale si registrò
nel 1978 con l'album (pur interessante) "A single man", ed il tonfo
si ripeté l'anno seguente con il rinnegato "Victim of love".
L'immagine eccessiva che accompagnava
Elton John non rifletteva affatto la sua personalità, in realtà riservata fino
all'esasperazione, e capace di liberarsi solo grazie alla musica.
Durante i suoi concerti Elton John si
dimostrò in grado di coniugare il suo grande talento artistico a travestimenti
inverosimili, invenzioni scenografiche e soprattutto alle celeberrime quanto
assurde montature di occhiali, di cui è tuttora un collezionista.
Nel 1976 in un'intervista a
"Rolling Stone" l'ormai famosissimo Elton John dichiarò al mondo la
propria omosessualità suscitando non poco scandalo; nei rampanti anni '80
cominciò ad abusare pesantemente di alcol e di stupefacenti. Nel 1985 partecipò
al Live Aid (in occasione del quale non mancò di complimentarsi con i Queen
capitanati dal suo grande amico Freddie
Mercury) e nel 1986, in seguito ad un'esportazione tumorale alla
gola, la sua voce mutò radicalmente, ponendo fine per sempre al primo e più
rilevante capitolo della sua lunga parabola artistica.
La carriera ultratrentennale di Elton
John ne ha viste di tutti i colori: ha inscenato un finto matrimonio con una
donna, ha riscosso dal settimanale inglese "The sun" un ingente
risarcimento per calunnia, ha allestito un'asta nel 1988, ha ammesso di essere
stato tossicodipendente, alcolista e bulimico disintossicandosi nel 1990, ha
partecipato al "Freddie
Mercury Tribute" nel 1992, ha pianto la scomparsa
dell'amico Versace, ha cantato ai funerali della Principessa Lady Diana Spencer una nuova versione di "Candle in
the wind" (divenuto il singolo più venduto nella storia), è stato nominato
Baronetto dalla Regina d'Inghilterra, si è dedicato alla beneficenza, in
particolare alla sensibilizzazione nei confronti dell'AIDS...
Poi qualcosa è cambiato. Negli anni '90,
continuando un processo di declino in atto già da qualche tempo, Elton John si
è sempre più distanziato dalla musica per trasformarsi in un personaggio
mondano, una macchietta da rotocalco; i suoi album pur mantenendo discrete
qualità hanno perduto impatto ed imprevedibilità. Non è stato sufficiente il
bel disco del 2001 "Songs from the West Coast" per risollevare la
testa e rinverdire i fasti del passato; basti ricordare la versione di "Sorry
seems to be the hardest word", una delle sue composizioni più struggenti,
cantata con una boyband!
Per chi lo conosceva com'era un tempo,
per chi aveva imparato ad amare intensamente un piccolo genio, resta il
riconoscimento del 1997, quando l'Accademia Reale di Musica ha accolto Reginald
Dwight come membro onorario (un simile privilegio era stato concesso in
precedenza solo a Strauss, Liszt e Mendelssohn).
I suoi massimi capolavori, forse oggi un
po' dimenticati, rimangono: "Elton John" e "Tumbleweed
connection" (1970), "Madman across the water" (1971),
"Honky chateâu" (1972), "Goodbye Yellow Brick
Road" (1973), "Captain Fantastic
& The Brown Dirt Cowboy" (1975) e "Blue Moves" (1976).
Forse è bello ricordare la grandezza di
un impacciato musicista che nonostante tutto rimane indimenticabile con la
copertina dell'album "Captain Fantastic...": Elton sorridente,
insieme al suo più vero, controverso ed imprescindibile compagno di vita: il
pianoforte.
Il 21 dicembre 2005, primo giorno utile
in Inghilterra per le registrazioni delle unioni di partenariato civile, il
mondo dello spettacolo ha festeggiato l'unione di Sir Elton John con il
fidanzato (da 12 anni) David Furnish.
Alla fine del mese di maggio 2019 è
uscito il film biografico "Rocketman": a interpretare Elton John è
Taron Egerton; la regia è di Dexter Fletcher.
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