La minaccia per l’umanità che arriva dal riscaldamento
del pianeta «non è mai stata così grave», e questo deve spingere a «fare molto
di più». È il messaggio lanciato dalla responsabile Clima dell’Onu, Patricia
Espinosa, all’apertura della conferenza Cop24 a Katowice, in Polonia.
«Quest’anno sarà probabilmente uno dei quattro anni più caldi mai registrati.
L’impatto del cambiamento climatico non è mai stato peggiore. Questa realtà ci
dice che dobbiamo fare molto di più, la Cop24 deve renderlo possibile», ha
sostenuto di fronte ai rappresentanti di 195 Paesi.
Il summit sul clima ospitato in Polonia arriva in un
momento cruciale, con i Paesi più poveri che fanno pressioni affinché quelli
più ricchi e sviluppati onorino le promesse fatte a Parigi nel 2015 quando si
impegnarono a mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di
sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, puntando a
limitarlo a 1,5 C. Gli effetti del cambiamento climatico sono già visibili, con
incendi letali, ondate di calore e uragani resi più distruttivi
dall’innalzamento dei mari.
Il presidente delle precedenti conferenze hanno
esortato gli Stati a intraprendere «un’azione decisa per affrontare queste
minacce urgenti». «Gli impatti del cambiamento climatico stanno aumentando a un
punto difficile da ignorare», ha sottolineato in un comunicato congiunto,
chiedendo «profonde trasformazioni alle nostre economie e società».
Il 2018 era stata allora indicata come scadenza per
adottare un programma di lavoro per attuare gli impegni presi: da qui, la
necessità in occasione della riunione a Katowice che i 183 paesi firmatari
adottino una serie di regole accettabili per tutti. Un obiettivo lontano
dall’essere raggiunto, anche alla luce dell’uscita unilaterale degli Stati
Uniti dall’intesa. Una decisione che è stata ribadita ieri nel documento finale
della riunione del G20 a Buenos Aires, nel quale tuttavia si è anche fatto
riferimento all’accordo di Parigi come «irreversibile».
Uno dei nodi principali è come finanziare la lotta al
cambiamento climatico: i Paesi sviluppati si sono impegnati a mobilitare 100
miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per finanziare le politiche delle
nazioni in via di sviluppo. Nonostante i flussi di denaro stiano aumentando
secondo l’Ocse, molti Paesi del Sud chiedono impegni più chiari per mantenere
questa promessa
(foto
galleria: Se adesso, in questo stesso
istante, rinunciassimo ai combustibili fossili e bloccassimo ogni ulteriore
emissione di andride carbonica, entro fine secolo il pianeta sarebbe comunque
più caldo di 1,3-1,5 gradi.|SCIENTIFIC
VISUALIZATION STUDIO/GODDARD SPACE FLIGHT CENTER)
Secondo una ricerca dell’università di
Washington, stando le cose come stanno abbiamo solamente il 5 per cento di probabilità di riuscire a contenere l'aumento di temperatura
media entro i 2 °C entro la fine del secolo, e solamente dell'1% di tenerla
entro 1,5 °C - che era il limite auspicato durante i lavori della COP21, la
conferenza sul clima del 2015.
«La nostra analisi mostra che per
raggiungere l’obiettivo dei due gradi è necessario un impegno collettivo e
duraturo su tutti i fronti per i prossimi 80 anni, senza demordere mai», ha
spiegato Adrian Raftey, esperto di statistica e sociologia.
(Difficile valutare
tutte le conseguenze dei cambiamenti climatici, ma di certo peseranno
sull'intero pianeta. Foto galleria)
«Il metodo applicato per il nostro studio
non si discosta di molto da altri, ma le nostre conclusioni mostrano che
"il migliore risultato", ossia quello di contenere l'aumento sotto i 2
gradi, è praticamente impossibile», sottolinea il ricercatore: «l’IPCC aveva
delineato quattro possibili scenari, elaborati in base alle stime di emissione
di anidride carbonica dalle attività umane. Gli scenari, però, non sono
valutati in termini di probabilità, e questo non ci permette di fare ipotesi.»
Il lavoro di Raftey si basa su tre dati
fondamentali: popolazione mondiale, prodotto interno lordo (pro capite) e
quantità di anidride carbonica prodotta per ogni dollaro di attività economica,
nota come carbon intensity.
Antropocene, i 7 segni di una nuova era geologica
(galleria 8 foto)
Utilizzando proiezioni statistiche per
ciascuno di tali elementi, per i prossimi 50 anni, lo studio giunge alla
conclusione che entro il 2100 l'aumento
della temperatura media del pianeta sarà di 3,2 °Crispetto al periodo pre-industriale, con una
probabilità del 90 per cento che la finestra sia compresa tra 2 e 4,9 °C.
CARBON INTENSITY. Dallo
studio risulta che non sarà l’aumento della popolazione mondiale l’elemento
fondamentale, perché crescerà soprattutto in Africa, dove l’uso dei
combustibili fossili è contenuto, bensì le emissioni per dollaro, la carbon
intensity, che pur essendo diminuita negli ultimi anni non è scesa al punto
tale da rallentare in modo significativo il bilancio di anidride carbonica
emessa, ed è proprio questo a rendere irraggiungibile il primo obiettivo, ossia
quello "auspicabile" di 1,5 °C.
I Siti turistici più famosi in assenza
dell’acqua (galleria foto)
A conferma di queste conclusioni, un
secondo studio (condotto da Robert Pincus, University of Colorado) porta più o
meno agli stessi risultati: in questo caso, le proiezioni dei ricercatori
mostrano che se tutte le emissioni fossero bloccate entro la fine di
quest'anno, il 2017, che vuol dire la rinuncia totale e immediata ai
combustibili fossili, entro fine secolo la temperatura media aumenterebbe
"solo" di 1,3 °C. Uno scenario ovviamente irrealizzabile.
Luigi
Bignami – 01 agosto 2017
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