Per commemorare tutte le vittime dell'Olocausto nazista, nel 2005 il 27 gennaio è diventato il Giorno della Memoria
Introduzione
Se questo è un uomo descrive
l’epopea vissuta da Levi, dalla deportazione in un campo di lavoro di Monowitz,
un lager satellite di Auschwitz,
alla successiva liberazione nel gennaio del 1945. Il libro, pensato come una
testimonianza nei confronti dei “sommersi” (ovvero di chi non è sopravvissuto
alle atroci condizioni di vita del campo), viene scritto di getto da Levi e,
dopo essere stato rifiutato dall’editore Einaudi, viene pubblicato da De Silva
nel 1947. Il successo arriverà nel 1958, quando Se
questo è un uomo, con l’aggiunta di alcune pagine, verrà ripubblicato da
Einaudi. Il testo è suddiviso in diciassette capitoli.
Riassunto per capitoli
Capitolo I, Il
viaggio: Primo Levi si
trova nel campo di transito di Fossoli, vicino Modena. Da qui i
prigionieri vengono trasportati in treno in Polonia, attraversando
prima il Brennero e poi l’Austria. Le condizioni che i prigionieri sono
costretti a sopportare nei vagoni sono disumanee molti muoiono già prima
dell’arrivo. Una volta ad Auschwitz i
prigionieri vengono fatti scendere, divisi sia per sesso che per età o
condizioni fisiche: spesso è semplicemente il caso di trovarsi in una fila e
non in un’altra a determinare la condanna a morte o la salvezza di un essere
umano. I selezionati salgono su degli autocarri dove vengono confiscati loro
tutti gli averi.
Capitolo II, Sul fondo: All’arrivo i
prigionieri vengono lavati e rasati, ricevono le divise e sono tatuati con un
numero di riconoscimento sul braccio (Levi è così il prigioniero 174517).
Vengono radunati e contati nella Piazza d’Appello,
di cui viene data una descrizione. L’autore fin da subito capisce che l’unico
modo per sopravvivere è seguire le regole del campo e evitare questioni: il
tutto rimane scolpito nella memoria per l’agghiacciante scritta che
accoglie i deportati, Arbeit macht frei (in tedesco: “Il
lavoro rende liberi”). Il capitolo descrive pure la struttura e la
disposizione dei diversi edifici del campo, così come la gerarchiache
regola la vita dei prigionieri.
Capitolo III, Iniziazione: Il capitolo si
concentra su due problemi fondamentali: il cibo e la lingua. Come è
difficile procurarsi da mangiare - e pertanto il pane è un fondamentale oggetto
di scambio - ugualmente è difficile comprendersi nella babele di linguaggi che
affollano il campo, tanto che Monowitz appare agli occhi del protagonista una
riedizione moderna e perversa della biblica Torre di Babele 1. Levi passa poi a descrivere
l’igiene del campo, del tutto assente, e l’incontro avuto al lavatoio
con un conoscente, che gli ricorda che smettere di lavarsi equivale a
cominciare a morire.
Capitolo IV, Ka-Be: Il capitolo prende il
nome dall’abbreviazione (dal tedesco Krankenbau, “ospedale”) con
cui è designata l’infermeria del campo. Levi è condotto qui per curare una
ferita al piede: può quindi godere di una tregua di venti giorni,
con cibo assicurato e riparo dal freddo. Tuttavia, durante la
convalescenza, confrontando il numero che ha tatuato sul braccio col
numero relativamente esiguo dei prigionieri di Monowitz, capisce che gran parte
dei deportati devono essere morti, e che il destino nel campo è, per gran parte
degli uomini, senza speranza. Ciò gli viene confermato anche da
altri deportati ebrei, che però ostentatno disprezzo nei confronti del
protagonista, che non parla la loro lingua.
Capitolo V, Le nostre notti: Levi,
terminata la convalescenza, viene assegnato al Block 45, dove trova
il suo amico Alberto. Racconta le sue notti - che poi sono le notti
di tutti i prigionieri - divise tra gli incubi e la veglia, in un
sonno che non può mai essere considerato tale. I due sogni ricorrenti sono
quelli di non essere creduto una volta tornato a casa e di vedersi sottratto il
cibo.
Capitolo VI, Il lavoro: Il lavoro
assegnato a Levi ètrasportare le traversine di legno per la
costruzione della ferrovia. L’autore non è avvezzo ai lavori pesanti e non è di
forte costituzione, così rischia più volte di soccombere al lavoro. Per fortuna
è affiancato da un compagno di camerata, il francese Resnyk, che
lavora in coppia con lui aiutandolo in più occasioni.
Capitolo VII, Una buona giornata: Il
capitolo si concentra su un momento di rottura della routineinfernale
del campo: in un giorno sereno, la razione di cibo per ogni prigioniero è il
doppio del solito. Tuttavia l’angoscia della morte non
abbandona gli internati, che all’orizzonte vedono il fumo delle ciminiere di
Birkenau che bruciano i cadaveri dei morti (per lo più, donne, anziani e
bambini).
Capitolo VIII, Al di qua del bene e del male 2: L’analisi dei commerci tra i
prigionieri sono regolati da una sorta di borsa clandestina e
prevedono gli scambi di beni di prima necessità come vestiti, cibo e utensili.
Ad esempio, il valore dei vestiti scambiati varia in base al cambio della
biancheria organizzato dai tedeschi. Spesso è necessario avere degli scambi
con i civili, ma questa è una pratica rischiosa poiché essere scoperti
significa venir mandati a lavorare nelle miniere di carbone.
Capitolo IX, I sommersi e i salvati: In un
capitolo fondamentale di Se questo è un uomo 3 Levi fa una distinzione
tra i “sommersi” e i “salvati”, corredandola con le storie di quattro
prigionieri. I sommersi, o “musulmani” (dal tedesco Muselmann,
probabilmente per analogia tra un uomo collassato a terra dallo sfinimento e un
fedele islamico in preghiera), sono coloro che si attengono
pedissequamente alle regole ufficiali, finendo per essere i primi a
indebolirsi e morire. I salvati invece sono coloro che lottano per la
sopravvivenza cercando di emergere e guadagnarsi una posizione di lavoro
privilegiato, come quella di Kapo (ovvero, di comandante e
controllore di altri internati).
Capitolo X, L’esame di chimica: Nel campo
vieneistituito un laboratorio di chimica. Primo Levi e Alberto
inizialmente partecipano trasportando cloruro di magnesio, poi, in seguito ad
un esame, sono ammessi a lavorare nel laboratorio. L’esame è particolarmente
difficile perché è solamente in tedesco, ma superarlo significa garantirsi un
lavoro importante all’interno del lager e quindi una pur minima
possibilità di sopravvivenza.
Capitolo XI, Il canto di Ulisse: Levi,
durante il trasporto di una cisterna di zuppa, cerca di ricordarsi i
versi canto XXVI dell'Inferno di Dante per
recitarli ad un compagno francese, Jean Picolo. Lo sforzo di
trasmettere ad un ascoltatore straniero il significato e la profonda bellezza
del canto dantesco diventano, nel contesto assurdo ed alienante del capo di
concentramento, una metafora dell’esperienza della prigionia.
Capitolo XII, I fatti dell’estate: Sul
finire del secondo conflitto mondiale, i bombardamenti alleati costringono
a interrompere i lavori nel campo. Se da un lato le vaghe notizie del nuovo
corso che sta prendendo la guerra accendono una pallida speranza nei
prigionieri, dall’altro il timore maggiore è quello di venir bombardati. Levi
conosce Lorenzo, un civile italiano che gli porta del pane
risvegliando in lui un minimo di fiducia.
Capitolo XIII, Ottobre 1944: L’arrivo
dell’inverno e la quantità di prigionieri che sono arrivati nel campo
implicano il ripetersi delle selezioni per il crematorio, temute da
tutti i deportati. Una domenica pomeriggio tocca anche a Levi parteciparvi: si
tratta di spogliarsi e fare una corsa davanti a un funzionario che delibera la
sorte del prigioniero.
Capitolo XIV, Kraus: Levi descrive
le condizioni del lager, che con l’inverno sono peggiorate, e fa il
ritratto di un prigioniero, Kraus.
Capitolo XV, Die drei Leute vom Labor (in
tedesco, “Le tre persone del laboratorio”): Levi viene scelto come specialista
per il laboratorio di chimica. Lavorare in laboratorio significa poter
passare la giornata al caldo ed entrare a contatto con oggetti utili per il
baratto. Il personale civile del laboratorio (tra cui anche tre donne) conversa
liberamente della propria vita nel mondo libero, generando un contrasto
paradossale con le condizioni dei prigionieri.
Capitolo XVI, L’ultimo: Il capitolo è per
gran parte dedicato alla figura di Alberto (cui corrisponde la
figura reale di Alberto Dalla Volta, un giovane ebreo bresciano che nel campo
diventerà il miglior amico dello scrittore), che è una figura ricordata per
l’ingegno e l’inventiva, nonché per la capacità di adattarsi alla tremenda vita
del campo. Viene poi raccontata l’impiccagione a scopo dimostrativo di
un prigioniero che aveva partecipato a un assalto a un forno
crematorio e a cui i prigionieri sono costretti ad assistere. Prima di morire
il prigioniero grida: “Compagni, io sono l’ultimo!”.
Capitolo XVII, Storia di dieci giorni:
Con l’avanzata dell’Armata Rossa i nazisti decidono di
evacuare i prigionieri sani e lasciare al loro destino i malati. Levi,
che ha la scarlattina, rimane in infermeria, mentre Alberto parte
per quella che sarà la marcia della morte: di fatto, i tedeschi sterminano i prigionieri
rimasti nel corso dell’esodo. Levi si dà da fare per aiutare i prigionieri che
stanno peggio; ormai al campo sono rimasti solo i prigionieri malati, che danno
fondo alle scorte per sopravvivere mentre i bombardamenti russi si avvicinano
al lager. Alcune baracche vengono colpite e, mancando i tedeschi,
non ci sono più acqua, elettricità o riscaldamento. Il gelido inverno polacco
fa morire molti prigionieri e impedisce ai vivi di seppellirli. Levi e alcuni
altri prigionieri riescono ad organizzarsi in una baracca e a sopravvivere fino
all’arrivo dei russi: è il 27 gennaio 1945 4.
1 L’episodio
della Torre di Babele è descritto in Genesi, 11,
1-9.
2 il titolo del
capitolo è un’evidente citazione capovolta di un’opera
di Nietzsche, Al
di là del bene e del male (1886), che sviluppa alcuni temi di Così parlò Zarathustra.
Questo capitolo dimostra come l’uomo del campo di concentramento sia programmaticamente
ridotto al nulla, e non un Freigeist (“spirito libero”)
come nella filosofia nietzschiana.
4 Per commemorare
tutte le vittime dell’Olocausto nazista, nel 2005 il 27 gennaio è diventato il
Giorno della Memoria.
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